Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26017 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/10/2017, (ud. 03/07/2017, dep.31/10/2017),  n. 26017

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11956/2017 proposto da:

I.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

MARCORA 18/20, presso lo studio dell’avvocato GUIDO FAGGIANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato LAURA ARCULEO;

– ricorrente

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), COMMISSIONE TERRITORIALE PER LA

PROTEZIONE INTERNAZIONALE MILANO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1369/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 31/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2017 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE.

Fatto

RILEVATO

che:

I.F. propone ricorso, deducendo due motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’impugnazione avverso l’ordinanza del giudice di primo grado con la quale era stata respinta la domanda proposta per il riconoscimento della protezione internazionale;

in particolare, la corte distrettuale ha osservato che l’impugnazione non è stata proposta con citazione, bensì con ricorso citazione, la cui notifica era avvenuto oltre il termine di trenta giorni dalla comunicazione dell’ordinanza;

la parte intimata non svolge attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto, in conformità al Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;

il primo motivo, con cui si deduce la nullità della decisione per violazione del diritto di difesa, nonchè per violazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, è infondato sotto due distinti profili; in primo luogo va osservato che il procuratore del ricorrente, come emerge dal verbale di udienza del 5 maggio 2016 esercitò appieno l’attività difensiva proponendo eccezioni ed avanzando istanze, trattandosi, per altro, di udienza fissata “anche al fine di eventuali provvedimenti da adottarsi in conseguenza delle disposizioni della L. n. 150 del 2011”;

va poi rilevato che la declaratoria di inammissibilità si sottrae all’applicazione dell’invocato art. 101 c.p.c., comma 2: in proposito questa Corte ha già affermato che il divieto della decisione sulla base di argomenti non sottoposti al previo contraddittorio delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo, senza che tale esito processuale integri una violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il quale nell’interpretazione data dalla Corte Europea – ammette che il contraddittorio non venga previamente suscitato quando si tratti di questioni di rito che la parte, dotata di una minima diligenza processuale, avrebbe potuto e dovuto attendersi o prefigurarsi (Cass., 21 luglio 2016, n. 15019);

la seconda censura, con la quale si deduce l’erroneità dell’affermazione secondo cui l’impugnazione, da effettuarsi con citazione, sarebbe inammissibile, è del pari infondato;

deve infatti ritenersi che l’indirizzo secondo cui l’appello nel procedimento sommario di cognizione si propone con citazione (Cass., Sez. U., n. 2907 del 2014) non sia inciso dalle modifiche apportate al D.L. n. 150 del 2011, art. 19, D.L. n. 142 del 2015, art. 27, laddove l’improprio riferimento al termine “ricorso” è effettuato ai soli fini della disciplina della durata del procedimento, senza alcuna espressa deroga al rinvio al rito sommario di cognizione (Cass., 11 settembre 2017, n. 21030);

dall’esame del ricorso e dell’impugnata sentenza si desume che la comunicazione dell’ordinanza di primo grado era stata effettuata il 18 novembre 2015, e che l’atto di appello (in forma di ricorso), depositato in data 16 dicembre 2015, era stato poi notificato in data 11 marzo 2016;

è da reputarsi, pertanto, corretta la statuizione di inammissibilità dell’appello emessa dalla Corte territoriale, atteso che il termine di trenta giorni per il gravame – ai sensi dell’art. 702 quater c.p.c. – doveva essere computato, nella specie, con riguardo alla notifica dell’atto e non al suo deposito, giacchè l’appello, come già rilevato, andava proposto con citazione e non con ricorso;

al rigetto del ricorso, per le indicate ragioni, non consegue alcuna statuizione in merito alle spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

PQM

Rigetta il ricorso.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 3 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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