Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26016 del 17/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 17/11/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 17/11/2020), n.26016

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18358-2019 proposto da:

S.G., F.F., C.G., P.C.,

D.B.L., elettivamente domiciliati ROMA, PIAZZA CAVOR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato

NUNZIA MASTRANTONIO;

– ricorrenti –

contro

IHG ITALIAN HOSPITAL GROUP SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAPO PELORO 3,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI COSTANTINO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4537/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio on

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CARLA

PONTERIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 4537 pubblicata il 4.12.2018, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto dalla Italian Hospital Group spa, ha condannato la stessa al pagamento di Euro 554,00 in favore di D.B.L., di Euro 156,08 in favore di P.C. e di Euro 69,74 in favore di S.G.; ha respinto le domande di differenze retributive proposte da C.G. e F.F. ed ha dichiarato inammissibile l’appello incidentale dei predetti dipendenti in quiescenza;

2. la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto pacifica la circostanza del pagamento in favore degli ex dipendenti delle somme risultanti dalle buste paga e in ragione di ciò superflua la produzione dei bonifici eseguiti dalla società;

3. ha ricostruito i crediti dei lavoratori previa rinnovazione della c.t.u. che tenesse conto, tra l’altro, dell’avvenuto pagamento delle somme risultanti dalle buste paga;

4. avverso tale sentenza D.B.L., P.C., S.G., C.G. e F.F. hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, la Italian Hospital Group spa;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

6. col primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 2077 e 2113 c.c. nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5;

7. sostengono di avere contestato non il mancato versamento di quanto risultante dai prospetti paga bensì l’esattezza delle somme indicate in busta paga per specifiche voci retributive rispetto alle previsioni del CCNL;

8. criticano la c.t.u. svolta in secondo grado che non avrebbe verificato la corretta applicazione del contratto collettivo e neanche stabilito l’esattezza del TFR versato;

9. col secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del CCNL per avere la Corte di merito fatte proprie le conclusioni del c.t.u. che non era stato in grado di determinare se il TFR fosse stato versato; inoltre, violazione degli artt. 2697 e 2118 c.c. per avere i giudici di appello addossato al lavoratore un onere di prova gravante in realtà su parte datoriale quanto alle voci retributive spettanti ai dipendenti; si denuncia infine motivazione apparente in quanto inidonea a far conoscere il ragionamento seguito dai giudici per la decisione;

10. il ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità;

11. deve ribadirsi che il ricorso per cassazione, in quanto ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera chiara ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione. Il rispetto del principio di specificità dei motivi del ricorso per cassazione – da intendere alla luce del canone generale “della strumentalità delle forme processuali” comporta, fra l’altro, l’esposizione di argomentazioni chiare ed esaurienti, illustrative delle dedotte inosservanze di norme o principi di diritto, che precisino come abbia avuto luogo la violazione ascritta alla pronuncia di merito (Cass. n. 23675 del 2013), in quanto è solo la esposizione delle ragioni di diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo giuridico, il contenuto della censura (Cass. n. 9228 del 2016; n. 17178 del 2014 Cass. n. 25044 del 2013; Cass. n. 17739 del 2011; Cass. n. 7891 del 2007; Cass. n. 7882 del 2006; Cass. n. 3941 del 2002);

12. con particolare riferimento alla violazione e falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, questa Corte ha precisato che il vizio va dedotto, a pena di inammissibilità, non solo con l’indicazione delle norme di diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. n. 287 del 2016; Cass. n. 635 del 2015; Cass. n. 25419 del 2014; Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 3010 del 2012);

13. nel caso in esame, i ricorrenti nell’illustrare i motivi di ricorso enunciano in modo promiscuo vizi di violazioni di legge, richiamando gli artt. 2077 e 2113 c.c. e gli artt. 2697 e 2118 c.c., nonchè vizi di motivazione, senza consentire, nemmeno attraverso una lettura globale dell’atto, di individuare il collegamento di tali enunciazioni con la sentenza impugnata e le argomentazioni che la sorreggono, nè quindi di cogliere le ragioni per le quali se ne chiede l’annullamento; sotto tale profilo il motivo non soddisfa i requisiti di contenuto fissati dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, c.p.c., e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;

14. parimenti inammissibile è la denuncia di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5) in quanto non si conforma al modello legale del nuovo vizio “motivazionale”, risultante a seguito delle modifiche introdotte con il decreto L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, come delineato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014;

15. neppure è configurabile un vizio di carenza assoluta di motivazione tale da integrare la violazione dell’art. 132, n. 4; le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014) hanno precisato che “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al ‘minimo costituzionalè del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; nel caso in esame si è in presenza di una motivazione certamente esistente e priva di intrinseche illogicità e che solo attraverso un riesame fattuale, inammissibile in questa sede, potrebbe essere rimessa in discussione;

16. in ultimo, si segnala la completa violazione degli oneri di allegazione di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, atteso che il ricorso non reca alcuna trascrizione, anche solo per il estratto, degli atti processuali richiamati e del CCNL di cui si assume la violazione e neanche contiene la allegazione della relazione peritale;

17. per le considerazioni svolte il ricorso va dichiarato inammissibile;

18. le spese di lite sono regolate secondo il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;

19. non ricorrono i presupposti dell’art. 96 c.p.c., comma 3, la cui applicazione è stata sollecitata dalla controricorrente nella memoria, non potendosi far coincidere la mala fede o la colpa grave della parte soccombente con profili di inammissibilità in senso tecnico oppure con la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate (cfr. Cass., S.U. n. 9912 del 2018; Cass. n. 10327 del 2018; n. 7726 del 2016), in difetto, nel caso di specie, di elementi ulteriori significativi di un abuso dello strumento processuale; e ciò al fine del necessario contemperamento tra le esigenze di deflazione del contenzioso pretestuoso e strumentale, che ostacola il rispetto della ragionevole durata dei processi pendenti, e la tutela del diritto di azione di rilevo costituzionale;

20. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Giovanni Costantino, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 17 novembre 2020

 

 

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