Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26015 del 05/12/2011
Cassazione civile sez. III, 05/12/2011, (ud. 04/11/2011, dep. 05/12/2011), n.26015
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –
Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –
Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato
PAGANELLI MAURIZIO, rappresentato e difeso dall’avvocato LOIACONO
GIUSEPPE giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
C.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA OTTAVIANO 9, presso lo studio dell’avvocato BOTRUGNO
RENATO, rappresentato e difeso dall’avvocato RUGGI’ CARMINE giusta
delega in atti;
– controricorrente –
e contro
COVCA CONSORZIO VILLAGGIO CALA DI ROSA MARINA (OMISSIS), AURORA
ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 294/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE,
depositata il 29/05/2009; R.G.N. 229/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/11/2011 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;
udito l’Avvocato GIUSEPPE LOIACONO;
udito l’Avvocato CARMINE RUGGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso che ha concluso per inammissibilità in subordine
rigetto.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
C.M. conveniva, davanti al tribunale di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni, il Consorzio Villaggio Cala di Rosa Marina chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in occasione di una partita di calcetto organizzata all’interno del villaggio Cala di Rosa Marina, alla quale aveva partecipato riportando, nel corso di un’azione di gioco, a causa delle cattive condizioni di manutenzione del campo – sconnesso per la presenza di dislivelli nascosti da un manto erboso non uniforme – la frattura scomposta del malleolo tibiale destro. Si costituiva il Consorzio convenuto contestando la propria responsabilità, chiamando in causa la propria compagnia di assicurazioni Winterthur Assicurazioni spa dalla quale intendeva essere garantito in caso di condanna. Si costituiva in giudizio, con comparsa d’intervento, anche N. L., proprietario di un’unità abitativa all’interno del Co.V.Ca, aderendo alle difese svolte dal Consorzio convenuto.
Il Tribunale, con sentenza del 9.2.2006, rigettava la domanda.
A diversa conclusione perveniva la Corte d’Appello che, in accoglimento dell’appello proposto dal C., con sentenza del 29.5.2009, ritenuto il concorso di colpa dell’attore nella misura del 50%, condannava il Consorzio al risarcimento dei danni per la restante metà.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi L. N..
Resiste con controricorso il C..
Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza pubblicata una volta entrato in vigore il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.
Secondo l’art. 366 – bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Sez. Un. 1 ottobre 2007, n. 20603; Cass. 18 luglio 2007, n. 16002).
Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo). La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass. 7 aprile 2009, n. 8463; v. anche Sez. Un. ord. 27 marzo 2009, n. 7433).
Il ricorso per cassazione proposto da L.N. è inammissibile.
L’attuale ricorrente – come risulta dalla sentenza impugnata – nel giudizio di primo grado, introdotto dalla domanda proposta da C.M. nei confronti del Consorzio Villaggio Cala di Rosa Marina, si è costituito in giudizio “con comparsa d’intervento, esponendo argomenti a sostegno dell’attore (rectius del convenuto)”.
Trattasi, all’evidenza, di un intervento adesivo dipendente che si ha, ai sensi dell’art. 105 c.p.c., comma 2, quando il terzo sostenga le ragioni di una parte, senza proporre nuove domande ed ampliare il tema del contendere.
In questo caso, il terzo non può, essendo i suoi poteri processuali subordinati all’attività delle parti originarie, impugnare autonomamente la sentenza.
Il codice di rito, infatti, assegna all’interventore adesivo dipendente un ruolo del tutto secondario, attribuendogli poteri limitati all’espletamento di una attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata, potendo egli svolgere le proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell’ambito delle domande ed eccezioni proposte da tale parte (v. anche Cass. 16.2.2009 n. 3734;
cass. 10.11.2006 n. 24370 e precedenti ivi indicati).
L’interventore adesivo dipendente può, quindi, aderire all’impugnazione della parte adiuvata, ma non proporre impugnazione autonoma, la quale – se proposta – deve essere dichiarata inammissibile.
Nella specie, come già detto, il L. si era costituito, nel giudizio di primo grado, aderendo esclusivamente alle argomentazioni svolte dal Consorzio. Non poteva, quindi, proporre – come ha fatto – un autonomo ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di merito che aveva riconosciuto, in parte, la responsabilità del Consorzio.
Avrebbe potuto soltanto, in questa sede, nuovamente aderire all’impugnazione della parte adiuvata, soccombente nel giudizio di merito.
Ma, nel caso in esame, il Consorzio ha prestato acquiscenza alla sentenza di secondo grado, non impugnandola con ricorso per cassazione.
Il ricorso per cassazione autonomamente proposto dal L. è, consequenzialmente, dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo in favore del resistente C., sono poste a carico del ricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese in favore del resistente, che liquida in complessivi Euro 1.800,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione, il 4 novembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011