Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26013 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. III, 05/12/2011, (ud. 03/11/2011, dep. 05/12/2011), n.26013

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.L. (OMISSIS), Z.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA A.

CHINOTTO 1, presso lo studio dell’avvocato PRASTARO ERMANNO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FANTON ALFREDO giusta

delega in atti;

– ricorrenti –

contro

BANCA ANTONVENETA SPA, in persona del procuratore speciale dott.

M.G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FONTANELLA BORGHESE 72, presso lo studio dell’avvocato VOLTAGGIO

PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRELLI

ENZO giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1778/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 08/11/2006; R.G.N. 1231/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato ERMANNO PRESTARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario che ha concluso per il rigetto del 1 motivo,

inammissibile in subordine, rigetto del 2 motivo.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Banca Popolare Veneta convenne davanti al Tribunale di Treviso i coniugi A.L. e Z.M. per sentire dichiarare l’inefficacia ex art. 2901 cod. civ. dell’atto 15 marzo 1990 di costituzione di fondo patrimoniale avente ad oggetto i beni immobili di loro proprietà nel comune di Treviso. Il Tribunale di Treviso, dinanzi al quale si erano costituiti e difesi i convenuti ed era successivamente intervenuta la Banca Nazionale dell’Agricoltura, accoglieva la domanda e dichiarava inefficace l’atto oggetto della revocatoria; condannava i convenuti al pagamento delle spese processuali in favore delle banche.

Proposto appello da parte dei coniugi A. e Z., la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato il gravame, nei confronti della Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A. (già Banca Popolare Veneta Soc. coop. a r.l. e quale incorporante della Banca Nazionale dell’Agricoltura S.p.A.), poichè ha ritenuto che la costituzione di fondo patrimoniale da parte dei coniugi con beni comuni è atto a titolo gratuito, quindi regolato, quanto all’azione revocatoria, dall’art. 2901 c.c., comma 1, n. 1 e che, nel caso di specie, esso fosse stato costituito dopo il sorgere del credito, quindi fosse soggetto alla previsione del primo inciso della norma appena citata (quindi non fosse necessaria la sussistenza della dolosa preordinazione al fine di pregiudicare le ragioni dei creditori); ha quindi concluso per la sussistenza di entrambi i requisiti richiesti per la revocatoria dell’atto.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia l’ A. e la Z. propongono ricorso per cassazione a mezzo di due motivi. Si difende la Banca Antoniana Popolare Veneta S.p.A. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata. Il presente ricorso per cassazione è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008 n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (8 novembre 2006).

1.- Il primo motivo del ricorso, con il quale si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 167 – 168 – 170 cod. civ., anche con riferimento all’art. 2901 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, è inammissibile per difettosa formulazione del quesito di diritto. Infatti, il quesito è formulato in termini tali (Se ai sensi degli artt. 161 e 168 c.c., la costituzione del fondo patrimoniale debba essere intesa come atto a titolo gratuito o oneroso, destinato a soddisfare gli obblighi di assistenza e mantenimento della famiglia e non invece esclusivamente rivolto alla diminuzione e/o sottrazione dei beni alla garanzia generica dei creditori ex art. 110 cod. civ.”) da rendere pressochè incomprensibile la questione di diritto sottoposta all’esame della Corte, poichè, per un verso, fa riferimento alla disciplina regolatrice del fondo patrimoniale, in termini assolutamente generici e, per altro verso, pone l’alternativa tra atto a titolo oneroso ed atto a titolo gratuito senza prospettare la soluzione ritenuta preferibile, in astratto e tenendo conto delle molteplici modalità costitutive del fondo nonchè senza fare alcun riferimento al caso di specie, in particolare con riguardo alla modalità seguita dagli attori, odierni ricorrenti, ed ai suoi rapporti con la norma dell’art. 2901 cod. civ..

Conclusivamente, il quesito di diritto non consente a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dai ricorrenti con riferimento alla fattispecie concreta nè l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico- giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008).

2.- Quanto al vizio di motivazione, denunciato, con riferimento alla norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, col secondo motivo di ricorso, non si rinviene il momento di sintesi che questa Corte ha ripetutamente ritenuto indispensabile per una corretta formulazione del quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., nel testo come sopra vigente (cfr., tra le altre, Cass. n. 4556/09). Anche a voler ritenere che questo possa essere individuato nella parte conclusiva dell’illustrazione del motivo (pag. 9 del ricorso), essa è comunque inadeguata allo scopo poichè riporta in sintesi soltanto i fatti controversi (anteriorità del sorgere del credito rispetto alla costituzione del fondo e sussistenza in capo all’ A. dell’elemento soggettivo), ma non anche gli elementi di cui si è avvalsa la Corte territoriale per ritenerne la sussistenza. Va perciò reputata inammissibile anche la censura mossa per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.

3.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento in favore della resistente delle spese del presente giudizio, che si liquidano complessivamente in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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