Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26012 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 15/10/2019), n.26012

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA E. – rel. Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7729/2012 R.G. proposto da:

Van Sciò S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Crati n.

20, presso lo Studio dell’Avv. Paolo Muzzioli, che la rappresenta e

difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio

n. 70/29/11, depositata il 10 febbraio 2011.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 10 luglio 2019

dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

Fatto

RILEVATO E CONSIDERATO

1. che con l’impugnata sentenza la Regionale del Lazio confermava la prima decisione che aveva respinto il ricorso promosso dalla Van Sciò S.r.l. avverso un avviso di accertamento che recuperava a tassazione ai fini IVA IRAP IRPEG 2003 costi ritenuti indeducibili;

2. che la Regionale riteneva non provati i costi relativi a forniture di merci, perchè le stesse erano state “intestate” ad un’altra Società e consegnate nei locali di quest’ultima; riteneva non dimostrato che le “fatture TIM” fossero deducibili, in quanto non c’era prova che le stesse fossero riferibili ad apparecchi di telefonia mobile della contribuente; riteneva infine non provata l’esecuzione di lavori di manutenzione dei locali di ristorazione della contribuente, sia perchè mancava un contratto d’appalto, sia perchè non era stato provato il pagamento delle opere di manutenzione, sia perchè non esisteva una autorizzazione amministrativa alla esecuzione dei lavori, sia per l’impossibilità di reperire documentazione presso la Società esecutrice, che nemmeno aveva presentato la dichiarazione dei redditi;

3. che la contribuente ricorreva per due motivi, mentre l’ufficio resisteva con controricorso; che il Pubblico Ministero concludeva per il rigetto del ricorso;

4. che con il primo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava alla Regionale la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 81 ss.; nella sostanza, la contribuente dapprima contestava che dagli elementi valorizzati dalla Regionale potesse ricavarsi “automaticamente” che le merci non fossero state fornite; in secondo luogo, la contribuente lamentava che la Regionale non si fosse avveduta che le schede telefoniche erano state utilizzate dall’amministratore per lavoro;

4.1. che con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente rimproverava di nuovo alla Regionale la violazione del D.P.R. n. 633 cit., artt. 19 e del D.P.R. n. 917 cit., artt. 81 ss., oltrechè degli artt. 1325,1350 e 1655 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c.; alla Regionale erano infine addebitati, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizi motivazionali; ancora una volta, la Regionale veniva però censurata per aver ritenuto, sulla scorta di insufficienti elementi, che i lavori di ristrutturazione non fossero stati compiuti; laddove, invece, così sosteneva la contribuente, il pagamento era stato fatto per contanti e il contratto d’appalto era stato pattuito oralmente; ciò che, affermava la contribuente, sarebbe stato da ritenersi confermato dalla fattura prodotta in secondo grado;

4.2. che al di là degli aspetti di non autosufficienza che connotano entrambi i motivi, atteso che gli stessi richiamano documentazione essenziale non trascritta (Cass. sez. III n. 8569 del 2013); che al di là della sovrapposizione di censure di fatto e diritto, censure che nell’illustrazione del secondo motivo la contribuente non ha tenuto affatto distinte, il che implicherebbe un inammissibile intervento di specificazione della Corte (Cass. sez. I n. 21611 del 2013); che al di là della circostanza che, trattandosi di costi, spettava alla contribuente la dimostrazione della loro realtà e inerenza, mentre in alcuni luoghi del ricorso, per es. quando si critica la Regionale per avere “automaticamente” ricavato che le forniture erano state fatte a una Società diversa, la ricorrente mostra di ritenere il contrario (Cass. sez. trib. n. 33504 del 2018); i motivi sono, ad ogni modo, complessivamente inammissibili perchè rivolti a sollecitare un apprezzamento degli elementi di prova alternativo a quello fatto proprio dalla CTR; un apprezzamento che, non essendo illogico o insufficientemente spiegato, non può essere, come noto, sindacato in questa sede di giudizio di legittimità (Cass. sez. II n. 23278 del 2014);

5. che le spese debbono seguire la soccombenza ed essere liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, liquidate in Euro 2.800,00 a titolo di compenso, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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