Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26008 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/10/2017, (ud. 03/07/2017, dep.31/10/2017),  n. 26008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17368/2015 proposto da:

AZIENDA AGRICOLA F.LLI P. SRL, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F.

CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato LUIGI MANZI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PRIMO MICHIELAN;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, (OMISSIS), in proprio e quale procuratore di

ENEL SPA, in persona del procuratore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA A. BERTOLONI 44, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

DE VERGOTTINI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

CARLA FUNES, CESARE CATURANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1143/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 03/07/2017 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE.

Fatto

RILEVATO CHE:

la S.r.l. azienda Agricola F.lli P. propone ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Venezia, pronunciando in sede di rinvio disposto da questa Corte con decisione n. 17680 del 2010, ha determinato l’indennità di asservimento posta a carico di Enel distribuzione S.p.a., in relazione a una servitù di elettrodotto che interessava terreni della ricorrente, in Euro 6.013,87, ordinando alla società proprietaria del fondo di restituire l’importo di Euro 54.726,78, già versato il 31 dicembre 2004, con gli interessi legali da tale data;

in particolare, è stato affermato che non risultava la prova in merito all’incidenza della conduttura sulle attività agricole praticate nel fondo, così disattendosi le conclusioni del consulente B., il quale aveva considerato il pregiudizio in relazione a situazioni meramente ipotetiche;

per la cassazione di tale decisione la società proprietaria propone ricorso, affidato a quattro motivi, cui Enel Distribuzione S.p.a. resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha disposto, in conformità al decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata;

con il primo motivo l’azienda agricola, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., sostiene che sarebbe stato disatteso il principio affermato da questa Corte nella citata decisione n. 17680 del 2010, con riferimento alla necessità di tener conto della diminuzione del valore dell’intero fondo, ai sensi del R.D. n. 1175 del 1933, art. 123, a causa dell’imposizione della servitù, valutando non solo l’incidenza della stessa sulle colture attuali, ma anche sulle potenzialità dell’azienda agricola;

il secondo mezzo attiene alla violazione della L. n. 865 del 1971, art. 123, prospettata in relazione al rigetto dell’istanza di procedere a nuova consulenza tecnica d’ufficio, in quanto ritenuta esplorativa, in contrasto con il dovere di procedere, anche in via ufficiosa, alla determinazione dell’indennità;

con la terza e con la quarta censura si deduce la violazione dell’art. 384 c.p.c., in relazione al principio, affermato nella decisione che aveva disposto il rinvio, secondo cui avrebbe dovuto tenersi conto della diminuzione del valore dell’intero fondo;

il ricorso va accolto nei termini appresso specificati;

le questioni introdotte con i motivi sopra esposti, che possono essere congiuntamente esaminati in quanto intimamente correlati, non appaiono meritevoli di positiva considerazione, posto che, a fronte della necessità di determinare la diminuzione del valore dell’intero fondo, “anche in relazione all’esercizio dell’azienda agricola”, come affermato nella decisione che ha disposto il giudizio di rinvio, si pone in via preliminare l’esigenza di accertare in concreto il deprezzamento del fondo, sulla base della verifica della sussistenza o meno di un nesso di causalità fra l’imposizione della servitù e il valore del bene;

questa Corte, infatti, ha costantemente affermato (Cass., n. 15629/2016; Cass., n. 3751/2012; Cass. n. 6767/1981) che il pregiudizio in questione non spetta automaticamente, ma può essere attribuito solo ove sia dimostrata l’attualità e comunque il documentato verificarsi in connessione alla natura del fondo o ad altri dati oggettivi già rilevabili degli elementi causativi dell’ulteriore diminuzione del suo reale valore;

tale giudizio, anche nei termini in cui risulta operato nell’impugnata decisione, comporta valutazioni di merito non censurabili in questa sede, salva la possibilità di denunciare vizi motivazionali, nelle specie neppure dedotti e comunque assoggettati alle limitazioni imposte dal novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis;

deve tuttavia rilevarsi che, ancorchè le questioni dibattute in sede di rinvio riguardassero la componente dell’indennità relativa al deprezzamento del bene, il carattere unitario della stessa imponeva alla corte distrettuale di tener conto, ne(liquidarla in base a valori tabellari di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 15, di tener conto dello ius superveniens (normalmente operante nel giudizio di rinvio in relazione ai rapporti non esauriti: Cass., 19 dicembre 2016, n. 26193) costituito dalla citata sentenza della Corte costituzionale n. 181 del 2011, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità, nel l’ambito del processo di conformazione del diritto interno ai principi posti dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, del criterio fondato sl valore agricolo medio di cui alla L. n. 865 del 1971, art. 26;

non può dubitarsi della rilevabilità, in questa sede, della determinazione della somma dovuta a titolo di indennità sulla base di criteri ormai abrogati: con il motivo di ricorso sopra indicati la società ricorrente ha impedito la definitiva ed immodificabile determinazione dell’indennità stessa, ponendone in discussione l’ammontare ancora dovuto;

l’impugnazione del credito indennitario, pur fondata su ragioni diverse dalla legittimità della norma applicata, rimette in discussione proprio il criterio legale utilizzato dalla corte territoriale, tenuto conto che il relativo capo della sentenza riposa sulla premessa dell’applicabilità della L. n. 865 del 1971, art. 16 e della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 4;

il sistema indennitario deve pertanto fondarsi sul serio ristoro che l’art. 42 Cost., comma 3, riconosce al sacrificio della proprietà per motivi d’interesse generale, che si identifica, dunque, col valore venale del bene, posto che la dichiarazione d’incostituzionalità dei menzionati criteri riduttivi ha fatto rivivere detto criterio base di indennizzo, posto dalla L. n. 2359 del 1865, art. 39, riconosciuto applicabile ai casi già soggetti al pregresso regime riduttivo;

la decisione impugnata non si è attenuta a tale principio, e deve pertanto, in considerazione dell’evidenziato aspetto relativo allo ius superveniens, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, che, in diversa composizione, provvederà a determinare le voci già liquidate sulla base del valore di mercato pieno dei terreni asserviti, nonchè a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 3 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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