Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26004 del 20/11/2013
Civile Sent. Sez. 5 Num. 26004 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: MELONI MARINA
SENTENZA
sul ricorso 27645-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
2013
2559
DURALAMP SPA;
– intimato –
Nonché da:
DURALAMP SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE
Data pubblicazione: 20/11/2013
GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato
BARBANTINI MARIA TERESA, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati MARINELLI ERNESTO, GIANNI
MARONGIU giusta delega a margine;
– controri corrente incidentale –
AGENZIA DELLE DOGANE;
–
avverso
la
sentenza
n.
intimato
89/2011
–
della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di LIVORNO, depositata il
31/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/09/2013 dal Consigliere Dott. MARINA
MELONI;
udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso principale,
rigetto ricorso incidentale;
udito per il controricorrente l’Avvocato MARINELLI
che ha chiesto il rigetto del ricorso principale,
accoglimento ricorso incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto
del ricorso incidentale.
contro
y
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
[dell’accertarne
emessi dall’Agenzia delle Dogane
Direzione di Livorno, relativi a
operazioni
effettuate a partire dal 2003 di importazione di
lampade fluorescenti compatte elettroniche di
origine dichiarata Malesia sottoposte a dazio
agevolato, la società importatrice Duralamp spa
presentava ricorso davanti alla Commissione
Tributaria provinciale di Livorno.
In particolare la società, esercente attività di
importazione di prodotti, asseriva che non era
tenuta al pagamento dei maggiori diritti doganali
richiesti a seguito dell’accertamento in ordine
alla reale provenienza della merce, che l’ufficio
dichiarava essere di origine cinese e non malese.
La Commissione tributaria provinciale di Livorno
con sentenza nr.28/06/2009 rigettava il ricorso. Su
ricorso in appello proposto dalla Duralamp spa
avverso la sentenza di primo grado, la Commissione
tributaria regionale della Toscana, con sentenza
1
A seguito di notifica di tre avvisi di rettifica
nr.89/14/2011
depositata in data
31/5/2011, accoglieva l’appello e riformava la
sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria
regionale della Toscana ha proposto ricorso per
ed ha resistito la Duralamp spa con controricorso e
ricorso incidentale affidato a due motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente
Agenzia delle Dogane lamenta violazione dell’art.9
Regolamento CEE 1073 del 1999 e dell’art. 2697
comma 2 cc in quanto la CTR ha ritenuto di
accogliere l’appello sulla base dell’assenza di
prova in ordine all’origine cinese delle lampade,
sebbene l’origine cinese delle lampade in questione
fosse comprovata da numerosi elementi di prova
chiari e concordanti.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
Agenzia delle Dogane lamenta insufficiente
motivazione in ordine ad un fatto controverso e
decisivo del giudizio ex art. 360 nr. 5 cpc in
quanto i giudici di appello con motivazione del
tutto apparente hanno accolto l’appello ed
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cassazione l’Agenzia delle Dogane con due motivi
affermato non provata
l’origine
cinese
delle merci oggetto delle tre importazioni di cui
agli avvisi impugnati.
I due motivi proposti,da esaminarsi congiuntamente
accolti.
Infatti, premesso che con regolamento CE 1470/2001
era stato istituito un dazio antidumping sulla
importazione di lampade elettroniche fluorescenti
provenienti dalla Repubblica popolare cinese, era
emerso a seguito di indagini dell’OLAF che le
autorità filippine avevano rilasciato
certificazioni
di
origine
preferenziale
ideologicamente false in quanto attestante
l’origine filippina di lampade prodotte in Cina da
società cinesi collegate alla Duralamp spa.
La Guardia di Finanza Nucleo di Polizia Tributaria
in quanto connessi, sono fondati e devono essere
di Firenze aveva accertato, a seguito di accurate e
complesse indagine, che le lampade oggetto di
importazione non provenivano dalla ditta malese CLC
POWER SOLUTION come dichiarato, che in realtà si
era rivelata inesistente, ma da società cinesi che
le spedivano in Malesia nella zona franca di PORT
KLANG dove venivano trasbordate, reimballate,
3
m
verso l’Italia od
etichettate e spedite
altri paesi dell’Unione Europea.
Ciò premesso occorre considerare che secondo
l’orientamento di questa Corte “La pretesa di
accertamento, è congruamente e sufficientemente
dimostrata ove si basi sulle risultanze di atti
ispettivi (allegati o richiamati) degli organismi
antifrode comunitari (OLAF) mentre spetterà poi al
contribuente che contesti il fondamento di tale
pretesa fornire la prova contraria della
sussistenza delle condizioni di applicabilità del
regime agevolativo”(conf. Cass. 23985/08, 4997/09,
1583/12 nonché più di recente sez. 5, Sentenza n.
15760 del 2012).
Infine, in caso analogo, la Corte di Giustizia ha
stabilito:
L
‘art. 32 del protocollo
dell’allegato V dell’accordo di Cotonou deve essere
recupero dei dazi, azionata con avviso di
interpretato nel senso che i risultati di un
controllo a posteriori relativo all’esattezza
dell’origine delle merci come indicata nei
certificati EUR.1 rilasciati da uno Stato ACP,
consistenti essenzialmente in un’indagine condotta
dalla Commissione europea e, più
4
m
precisamente,dall’Ufficio europeo per la lotta
antifrode in tale Stato e su invito di
quest’ultimo, vincolano le autorità dello Stato
membro in cui le merci sono state importate, alla
del rinvio, che tali autorità abbiano ricevuto un
documento che riconosce inequivocabilmente che
detto Stato ACP fa propri tali risultati” (cfr., in
causa C-409/10, dec. 15/12/2011).
Osserva altresì il Collegio che “in tema di
imposizione fiscale delle importazioni, l’esenzione
prevista dall’art. 220, secondo comma, lett. b),
del Reg. CEE n. 2913 del 1992 (cosiddetto Codice
doganale comunitario), che preclude la
contabilizzazione a posteriori dell’obbligazione
doganale in presenza di un errore dell’autorità
doganale e della buona fede dell’operatore, intende
condizione, la cui valutazione spetta al giudice
tutelare il legittimo affidamento del debitore
circa la fondatezza degli elementi che intervengono
nella decisione di recuperare o meno i dazi. Per
essere applicata, essa richiede un compiuto esame
da parte del giudice sulla ricorrenza della buona
fede che deve essere dimostrata dal soggetto che
5
o‘
intende
avvalersi
dell’agevolazione,
attraverso la prova della sussistenza cumulativa di
tutti i presupposti indicati dalla norma perchè
resti impedito il recupero daziario, ed in
particolare: a) un errore imputabile alle autorità
poter essere riconosciuto dal debitore in buona
fede, nonostante la sua esperienza e diligenza, ed
in ogni caso determinato da un comportamento attivo
delle autorità medesime, non rientrandovi quello
indotto da dichiarazioni inesatte dell’operatore;
c) l’osservanza da parte del debitore di tutte le
disposizioni previste per la sua dichiarazione in
dogana dalla normativa vigente. (Sez. 5, Sentenza n.
15297 del 10/06/2008). Pertanto le Autorità
doganali devono procedere alla contabilizzazione a
posteriori dei dazi doganali, a meno che sussistano
contemporaneamente tutte le condizioni poste
competenti; b) un errore di natura tale da non
dall’art. 220, n. 2, lett. b), del Regolamento CEE
n. 2913/1992 del Consiglio del 12 ottobre 1992,
come sopra richiamate; in particolare, detto errore
non può consistere nella mera ricezione di
dichiarazioni inesatte dell’esportatore, dato che
l’Amministrazione non deve verificarne o valutarne
la veridicità, ma richiede un comportamento attivo,
6
ol
perché
il
legittimo
affidamento
del
debitore è protetto solo se le autorità competenti
hanno determinato i presupposti su cui si basa la
sua fiducia, mentre la Comunità non è tenuta a
sopportare le conseguenze pregiudizievoli di
importatori (Cass. 2012/4022). Inoltre l’esenzione
prevista dall’art. 220, secondo comma, lett. b),
del Codice doganale comunitario, che preclude la
contabilizzazione a posteriori dell’obbligazione
doganale in presenza di un errore dell’autorità
doganale e della buona fede dell’operatore,
presuppone la genuinità del certificato di origine,
cioè la sua regolarità formale e sostanziale. Di
conseguenza spetta all’importatore che intende
usufruire dell’esenzione dimostrare l’origine della
merce che importa e, in ogni caso, il suo stato
soggettivo di buona fede, mediante la prova della
sussistenza cumulativa di tutti i presupposti
indicati dalla citata norma, mentre all’Autorità
doganale incombe esclusivamente l’onere di dare
dimostrazione delle irregolarità delle
certificazioni presentate, atteso che qualsiasi
certificato che risulti inesatto autorizza il
recupero a posteriori, senza necessità di alcun
7
comportamenti scorretti dei fornitori degli
procedimento
intermedio
che
convalidi la non autenticità, provvedendo gli
stessi organi dell’esecutivo comunitario a fornire
tramite le disposte commissioni di inchiesta le
conclusioni cui debbono attenersi le Autorità
Con ricorso incidentale la Duralamp spa lamenta
omessa pronuncia su punti rilevanti e pregiudiziali
in quanto, come eccepito in secondo grado dalla
società, i provvedimenti impugnati erano stati
sottoscritti da Matteo Freda senza menzione di
delega del direttore dell’Ufficio doganale di
Livorno Luigi B.Martina e senza riferimento alla
qualifica di appartenenza.
Inoltre la CTP aveva erroneamente escluso la
fattispecie della rettifica doganale dall’ambito di
applicazione dell’art. 12 comma 7 legge 212/2000.
nazionali (Cass. 2009/13680).
I motivi di ricorso incidentale sono infondati e
devono essere respinti.
Quanto al primo motivo di ricorso incidentale non
risulta contestato che Matteo Freda abbia firmato
ed operato per conto del Direttore dell’Ufficio
doganale e pertanto la omessa menzione o
8
m
produzione in giudizio
della delega, come
dato formale, appare irrilevante come più volte
affermato da questa Corte secondo l’orientamento
prevalente. Infatti secondo Sez. 5, Sentenza n.
874 del 15/01/2009 ” In tema di contenzioso
31 dicembre 1992, n. 546, riconoscono la qualità di
parte processuale e conferiscono la capacità di
stare in giudizio all’ufficio del Ministero delle
finanze (oggi ufficio locale dell’Agenzia delle
entrate) nei cui confronti è proposto il ricorso,
organicamente rappresentato dal direttore o da
altra persona preposta al reparto competente, da
intendersi con ciò stesso delegata in via generale
a sostituire il direttore nelle specifiche
ne
competenze,
discende che, nel caso in cui non sia contestata la
provenienza
d’appello
dell’atto
tributario, gli artt. 10 e 11, comma 2, del d.lgs.
dall’ufficio
competente, questo deve ritenersi ammissibile,
ancorchè recante in calce la firma illeggibile di
un funzionario che sottoscrive in luogo del
direttore titolare, finchè non sia eccepita e
provata la non appartenenza del sottoscrittore
9
0–1
all’ufficio appellante
o,
comunque,
l’usurpazione del potere d’impugnare la sentenza di
primo grado, dovendosi altrimenti presumere che
CP
l’atto provenga dall’ufficio / ne esprima la
C
ererbeCeilero
fio t,fsitro fo
Fipr
ofitzterw-ri!’
.571,&6-erfa p I
Quanto al secondo motivo risulta pacifico che
l’art. 12 comma 7 statuto del contribuente non si
applica alla materia doganale nel senso che (Sez.
5, Sentenza n. 8399 del 05/04/2013):” In tema di
avvisi di rettifica in materia doganale, è
inapplicabile l’art. 12, settimo comma, della legge
20 luglio 2000, n. 212, operando in tale ambito lo
“jus speciale” di cui all’art. 11 del d.lgs. 8
novembre 1990, n. 374, – nel testo utilizzabile
“ratione temporis” – preordinato a garantire al
contribuente un contraddittorio pieno in un momento
comunque anticipato rispetto alla impugnazione in
giudizio del suddetto avviso; ne consegue che la
mancata comunicazione al contribuente del rapporto
OLAF anteriormente all’emissione di tale avviso non
determina un concreto pregiudizio all’esercizio dei
mezzi di tutela allo stesso accordati
dall’ordinamento giuridico”.
Per quanto sopra il ricorso principale
10
proposto
volontà .’€
deve essere accolto e
rigettato
il
ricorso incidentale; cassata la sentenza impugnata
e, decidendo nel merito, deve essere rigettato il
ricorso introduttivo con compensazione delle spese
dei gradi di giudizio di merito stante la
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e
-fs ti, Plep flo
Ogt- 44
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principalekrécassa la sentenza
impugnata x edecidendo nel merito rigetta il ricorso
introduttivo e compensa tra le parti le spese tanT -7244.
diigiudizio di merito. Condanna Duralamp spa
al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità che si liquidano in
e 6.000,00 oltre
spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della
V sezione civile il 24/9/2013
Il consigliere estensore
Il Presidente
complessità della questione trattata.