Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26004 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 15/10/2019), n.26004

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

Dott. D’AURIA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24671/2017 R.G. proposto da:

OMR ITALIA SPA (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. GREGORIO LEONE, con

domicilio eletto presso l’Avv. LORENZA ROBERTA LEONE in Roma, Via

Luigi Luciani, 42;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Liguria, n. 404/2017, depositata il 21 marzo 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio

2019 dal Consigliere Dott. D’Aquino Filippo;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS STANISLAO che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La CTR della Liguria, con sentenza in data 21 marzo 2017, si è pronunciata in sede di giudizio di rinvio a seguito delle sentenze di questa Corte in data 24 maggio 2013, nn. 12958, 12959, 12960, con le quali sono state riformate sentenze emesse dalla CTR della Liguria, per nullità delle sentenze a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

che l’oggetto del contendere è costituito dalla rideterminazione della classificazione di merci importate dalla contribuente tra il 2002 e il 2005, costituite da “fogli e nastri su supporto di rame rinforzati con fibre vetro” di provenienza taiwanese, merci dichiarate sotto la voce di nomenclatura combinata 7410 2100 con codice TARIC 10 e riclassificate dall’Ufficio sotto la diversa voce tariffaria 7410 2100 TARIC 90, in quanto contenenti resina epossidica anzichè teflon, con ulteriore irrogazione di sanzioni;

che la CTR, adita in sede di giudizio di rinvio, ha ritenuto corretta la riclassificazione operata dall’Ufficio, accertando che non può farsi applicazione del principio della buona fede di cui all’art. 220 Regolamento (CEE) 12 ottobre 1992, n. 2913 (CDC), sia in quanto non sono state ritenute decisive le analisi effettuate su campioni prodotte dalla contribuente, in quanto riguardanti importazioni differenti, sia in quanto non è stato ritenuto alcun errore attivo a carico dell’Amministrazione finanziaria, essendo preciso obbligo del dichiarante quello di fornire indicazioni esatte sia in relazione alla voce, sia in relazione alla sottovoce al momento della classificazione doganale, al quale non si è accompagnata alcuna istanza di interpello all’autorità doganale;

che, inoltre, il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente doveva ritenersi operatore esperto, essendosi avvalso di uno spedizi fiere doganale e che, sulla base della professionalità del contribuente e dell’assenza di buona fede, ha ritenuto corretta l’irrogazione delle sanzioni, ritenendo che potesse applicarsi al caso della mancanza di qualità di cui al D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 303 l’erronea classificazione nella nomenclatura combinata;

che propone nuovamente ricorso parte contribuente affidato a due motivi, ulteriormente illustrati da memoria, cui resiste con controricorso l’amministrazione finanziaria;

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 220, par. 2, Reg. (CEE) n. 2913/1992, nella parte in cui la CTR ha ritenuto insussistente la buona fede di parte contribuente; ritiene il ricorrente sussistere errore attivo nel comportamento omissivo dell’Ufficio, che per un lungo periodo di tempo non avrebbe mai sollevato alcuna obiezione in ordine alla correttezza delle dichiarazioni doganali per prodotti identici a quelli di causa; rileva, in proposito, che l’errore non fosse riconoscibile neanche per un operatore esperto, stante la complessità della normativa riguardante i prodotti consimili; ritiene, infine, esservi stato il rispetto delle disposizioni normative in materia di dichiarazione doganale, evidenziando come la CTR non avrebbe verificato in concreto, a tutela della contribuente, tale circostanza; ritiene, pertanto, ascrivibile (come ribadito in memoria) al comportamento dell’Ufficio l’erronea classificazione tariffaria;

che con il secondo motivo si deduce violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 43 del 1973 (TULD), art. 303, comma 1, nonchè in relazione al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 1, nella parte in cui il giudice di appello ha ricondotto alla sanzionabilità per mancanza di qualità, quantità e valore il caso della errata indicazione della sottovoce di tariffa applicabile al caso di specie;

che il primo motivo di ricorso è infondato, posto che solo gli errori imputabili a un comportamento attivo delle autorità competenti fanno sorgere il diritto a che i dazi doganali non vengano recuperati a posteriori (Corte di Giustizia UE, 18 ottobre 2007, Agrover, CI1173/06, punto 31; Corte di Giustizia UE, 15 dicembre 2011, Afasia Knits Deutschland, CEI409/10, punto 54; Corte di Giustizia UE, 16 marzo 2017, Valsts iepèmumu dienests, C-47/16, punto 28);

che va esclusa la configurabilità (in termini puramente astratti, atteso che la circostanza non sussiste nel caso di specie), di un comportamento attivo nel caso di un comportamento meramente omissivo tenuto dall’autorità doganale, ove questa si sia astenuta in passato dal procedere alla riclassificazione della merce;

che, in ogni caso, è onere dell’importatore, ai fini della sussistenza dello stato soggettivo di buona fede richiesto dall’art. 220, n. 2, lett. b), Reg. (CEE) n. 2913/1992 ai fini dell’esenzione della contabilizzazione a posteriori dei dazi, la prova da parte dell’importatore (oltre che del rispetto delle prescrizioni normative), del fatto che l’errore dell’autorità sia di natura tale da non poter essere ragionevolmente rilevato da un debitore di buona fede, sicchè quando l’errore dell’Amministrazione sia consistito nella mera ricezione delle dichiarazioni inesatte tale buona fede non sussiste (Cass., Sez. V, 6 luglio 2016, n. 13770);

che il secondo motivo di ricorso è ugualmente infondato, posto che in tema di dazi doganali la sanzione ex art. 303 TULD, prevista per l’irregolare dichiarazione doganale, si applica anche in caso di erronea indicazione della voce (sottovoce) di tariffa, salvo che il dichiarante abbia indicato con esattezza il tipo di merce in transito, principio affermato, peraltro, proprio nel caso di erronea indicazione della medesima sottovoce oggetto di causa (Cass., Sez. V, 20 marzo 2019, n. 7790);

che il ricorso va rigettato, con spese del giudizio di legittimità regolate dal principio della soccombenza e che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso; condanna OMR ITALIA SPA al pagamento delle spese processuali in favore di AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito; attesta ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 29 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 15 ottobre 2019

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