Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26002 del 20/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 26002 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 27450-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
2553

contro

GIMI SPA in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA V.LE
TUPINI 133, presso lo studio dell’avvocato BRAGAGLIA
ROBERTO, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato BELLANTE PIERO giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 20/11/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 266/2010 della COMM.TRIB.REG.
di ANCONA, depositata il 23/09/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24/09/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBENZIO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato BELLANTE che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

VALITUTTI;

RITENUTO IN FATTO.
1. La ditta Gimi s.p.a. effettuava durante l’anno 2003,
presso la Dogana di Ancona, diverse importazioni definitive di “laminati piatti di ferro ed acciaio”, dichiarati
di provenienza e origine preferenziale dalla Repubblica
Federale di Jugoslavia. A tal fine l’importatore allegava, invero, i relativi certificati di circolazione EUR 1,
fatture di vendita emesse dalla ditta svizzera Technosteel Trading s.a.
In tal modo, la società importatrice beneficiava
dell’applicazione sia del dazio nella misura preferenziale dello 0%, ai sensi del Regolamento CE n. 2007/00, sia
dell’esenzione, a norma dell’art. 2 del Regolamento CE n.
1694/02, dal dazio supplementare previsto per il caso in
cui la merce, oltre ad avere origine non preferenziale,
non fosse accompagnata da alcun certificato di origine,
ovvero fosse accompagnata da un certificato di origine
invalido, nonché per il caso in cui il contingente tariffario fosse già esaurito all’atto dell’importazione; ipotesi, queste, nelle quali l’esenzione in parola non poteva trovare applicazione.
2. A seguito di indagini dell’Ufficio Antifrode centrale
dell’Agenzia delle Dogane, si appurava, tuttavia, che i
certificati EUR 1 presentati dalla Gimi s.p.a., erano invalidi, giacché la merce importata risultava il prodotto
di lavorazioni effettuate con materiali importati dalla
Russia; sicché l’origine preferenziale della merce andava
senz’altro esclusa. L’Ufficio provvedeva, pertanto, ad
emettere avviso di accertamento suppletivo e di rettifica, con il quale recuperava a tassazione, sia il dazio
principale, nella misura convenzionale dello 0,5%, sia
il dazio supplementare, reputando inammissibile la produzione tardiva- effettuata solo nel 2005, ossia due anni
dopo le predette importazioni, ed ai fini di giustificare
l’avvenuta ammissione al contingente tariffario – dei
certificati attestanti la provenienza e l’origine non
preferenziale della merce già importata.

attestanti la suddetta origine e provenienza, nonché le

3. L’atto impositivo veniva, quindi, impugnato dalla contribuente dinanzi alla CTP di Ancona, che accoglieva integralmente il ricorso. L’appello proposto dall’Agenzia
delle Dogane alla CTR delle Marche veniva, peraltro, parzialmente accolto con sentenza n. 266/1/10, con la quale
il giudice di appello dichiarava la legittimità
dell’avviso di accertamento, limitatamente alla debenza
4. Per la cassazione della sentenza n. 266/1/10 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane affidato a due motivi,
ai quali la Girai s.p.a. ha replicato con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Dogane
denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione
all’art. 360 n. 4 c.p.c.
1.1. Rileva la ricorrente che la CTR avrebbe omesso di
pronunciarsi sulla questione, ritualmente introdotta
dall’Amministrazione nel giudizio di appello, relativa
alla dedotta invalidità dei certificati tardivamente prodotti dalla contribuente in sede di controversia doganale, e due anni dopo le importazioni effettuate, poichè
emessi da enti inesistenti o non abilitati al rilascio
dei certificati medesimi.
2. Con la seconda delle censure proposte, l’ Amministrazione denuncia, poi, la violazione degli artt. 20, 62,
67, 76, 78, 201 e 236 del Regolamento CE n. 2913/92 (CDC
– Codice Doganale Comunitario), nonché degli artt. 47,
199, 255 e 256 del Regolamento CE n. 2454/93 (DAC- Disposizioni di Attuazione del Codice), in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c.
2.1. Avrebbe, difatti, errato il giudice di appello – a
parere dell’Agenzia delle Dogane – nel ritenere ammissibile la formazione e la presentazione in Dogana dei certificati di origine della merce importata (EUR l), a prescindere dalla loro validità, in epoca successiva
all’abrogazione del contingente tariffario previsto dal
Regolamento CE n. 1694/02, avvenuta per effetto del Rego-

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dei dazi doganali nella misura dello 0,5%.

lamento CE n. 2142/03 del 5.12.03. Siffatta impostazione
della CTR non terrebbe, invero, conto della normativa comunitaria, a tenore della quale la documentazione necessaria ad ottenere un regime tariffario preferenziale andrebbe allegata alla dichiarazione all’importazione e,
comunque, non potrebbe essere presentata, laddove
l’esenzione o la riduzione attengano – come nella specie
minati contingenti tariffari, dopo che la normativa che
preveda detti contingenti sia stata abrogata, con il conseguente rispristino degli ordinari dazi
all’importazione.
3. Il secondo motivo di ricorso è fondato, assorbito il
primo.
3.1. Va osservato, infatti, che il problema essenziale da
risolvere nel presente giudizio – una volta formatosi il
giudicato sulla questione attinente all’origine non preferenziale della merce importata, e all’applicabilità alle importazioni in questione dell’aliquota di dazio convenzionale nella misura dello 0,5% del valore in Dogana
dei beni importati – concerne l’applicabilità o meno, nel
caso concreto, del dazio supplementare previsto dal regolamento n. 1694/02, in misura variabile dal 21 al 27%.
3.2. Ebbene, la risoluzione del problema, prima ancora
che dal verificare – a valle – se i certificati di origine prodotti dall’importatore a seguito degli accertamenti
dell’Amministrazione siano validi o meno, dipende anzitutto dallo stabilire – a monte – se sia possibile, oppure no, per l’ importatore, ai fini di giustificare
l’ammissione al contingente tariffario e, di conseguenza,
di ottenere l’esonero anche dal dazio supplementare, esibire certificati di origine della merce formati in epoca
successiva al ripristino del regime daziario ordinario.
Di qui la priorità logico giuridica che, a giudizio della
Corte, il secondo dei motivi di ricorso riveste rispetto
al primo.
4. Orbene, va osservato – al riguardo – che il presupposto per l’applicazione dei diritti di confine all’ impor-

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– a merci immesse in libera pratica nell’ambito di deter-

.•

-4

tazione è costituito dalla destinazione al consumo della
merce importata, che avviene mediante la dichiarazione
di importazione, nella quale l’importatore manifesta la
volontà di rendere liberamente commerciabile la merce in
un mercato diverso da quello di origine, avvantaggiandosi
dei benefici connessi all’ utilizzazione dei prodotti nel
mercato interno. Di conseguenza, ai sensi dell’art. 201,
quanto ritenuto dal giudice di appello – sorge, in via
ordinaria, al momento dell’accettazione stessa della dichiarazione da parte dell’autorità doganale.
4.1. A tal fine, il CDC prevede che i dazi doganali dovuti per legge, per effetto dell’insorgenza dell’ obbligazione in parola, “sono basati sulla tariffa doganale della Comunità Europea”, ai sensi dell’art. 20, co. l, e sono applicati sulla base delle disposizioni vigenti al momento dell’accettazione di detta dichiarazione da parte
dell’autorità doganale, a norma dell’art. 67 dello stesso
codice.
4.2. Ne deriva che anche “tutti i documenti la cui presentazione è necessaria per consentire l’ applicazione
delle disposizioni che disciplinano il regime doganale
per il quale le merci sono dichiarate”, debbono, ordinariamente, essere allegati alla dichiarazione di importazione (art. 62, par. 2 CDC), salvo che l’autorità doganale consenta, a particolari condizioni e con i limiti stabiliti dalla normativa comunitaria, che a detta dichiarazione non siano allegati alcuni dei documenti di cui al
succitato art. 62 (art. 76 CDC).
5. Tali essendo le modalità generali di determinazione dl
regime doganale applicabile alle singole importazioni,
va, peraltro, rilevato che particolari e specifiche disposizioni sono dettate per quanto concerne le misure tariffarie preferenziali, e segnatamente quelle applicabili
alle merci importate nell’ambito di determinati contingenti tariffari.
5.1. Ed invero, ai sensi dell’art. 20, par. 4 CDC,
nell’ipotesi in cui le merci rientrino in misure tariffa-

co. 2 CDC, l’obbligazione doganale – al contrario di

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rie preferenziali, stabilite dalla Comunità unilateralmente o mediante accordi con taluni Paesi membri, la domanda dell’importatore di applicazione di dette agevolazioni, in luogo dei dazi doganali ordinari, “può essere
introdotta a posteriori
richieste”.

finché sussistono le condizioni

In particolare, poi, qualora il trattamento

daziario preferenziale sia applicato a beni immessi in
riffari, la “presentazione alle autorità doganali del documento a cui è subordinata la concessione del dazio ridotto o nullo” deve comunque, ed in ogni caso, essere effettuata

(…)

“prima della data in cui una misura comuni-

taria reintroduce la riscossione di dazi all’importazione
normali” (art. 256, par. 2 DAC).
Ne discende, dunque, che, con riferimento alla specifica
ipotesi dei trattamenti tariffari preferenziali, è eccezionalmente concessa all’importatore – in deroga alla regola generale – la possibilità di esibire la documentazione utile per la concessione del beneficio daziario anche dopo la dichiarazione di importazione, dalla quale
nasce l’obbligazione doganale.
5.2. In tal senso, si è, del resto, espressa anche la
giurisprudenza comunitaria, muovendo dalla distinzione
tra il

certificato di autenticità,

trattamento tariffario favorevole

volto ad ottenere un
ai sensi dell’art. 21

CDC (fondato sulla natura o la destinazione particolare
dei determinati beni) ed il certificato di origine,

ne-

cessario per conseguire un trattamento tariffario preferenziale

(in ragione dell’origine e della provenienza

particolare di un certo tipo di merce).
La Corte di Lussemburgo ha – per vero – affermato in proposito che, attesa la diversità del ruolo svolto dal certificato di origine rispetto a quello proprio del certificato di autenticità, a differenza di quanto è stabilito
per quest’ultimo con riferimento alla concessione del regime tariffario favorevole, la presentazione di un certificato di origine prima dell’immissione in libera pratica
della merce cui si riferisce non è una condizione preli-

libera pratica nel quadro di determinati contingenti ta-

minare per l’esistenza del diritto ad un trattamento tariffario preferenziale. Sicchè i dazi prelevati prima
della presentazione di tale certificato di origine non
possono essere considerati legittimamente dovuti, ai sensi dell’art. 236 n. 1 CDC (C. Giust. 27.9.01, C-253/99).
5.3. Resta – tuttavia – pur sempre ferma, com’è ovvio, la
necessità che la presentazione di detti certificati avnormativa comunitaria, che – con riferimento al caso, ricorrente nella specie, dell’importazione di merce ricompresa nei contingenti tariffari – individua, come dianzi
detto, quale limite temporale invalicabile la “misura comunitaria che reintroduce la riscossione di dazi
all’importazione normale”, rendendo, in tal modo, insussistenti le condizioni per l’ammissione al regime preferenziale.
Tale limite è, in verità, connaturale alla stessa natura
di rimedio eccezionale, nei confronti dell’eccesso di importazione di merci extracomunitarie a prezzi più bassi
di quelli praticati nel mercato comune, rivestita dai dazi applicati alle importazioni che eccedano il contingente tariffario introdotto per determinate merci, al fine
di contingentarne l’introduzione all’interno del mercato
europeo (cd. antidumping). Per il che, la riespansione
dell’ordinario regime doganale per effetto di una diversa
misura comunitaria, non può che comportare l’ impossibilità giuridica dell’inserimento di quelle determinate
merci nel contingente, ormai soppresso, e la loro conseguente sottoposizione ai normali dazi doganali.
6. Ciò posto, va rilevato che, nel caso concreto, è del
tutto pacifico tra le parti che i certificati EUR l idonei a giustificare, dopo che quelli originariamente
esibiti dall’importatore erano stati considerati invalidi, l’inserimento dei laminati in acciaio nel contingente
tariffario previsto dal Regolamento n. 1694/02 – sono
stati formati e, quindi, prodotti in Dogana, nell’anno
2005, ossia dopo che la predetta normativa era stata
abrogata dal successivo Regolamento n. 2142/03 del

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venga entro i precisi limiti temporali richiesti dalla

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5.12.03. Tale ultima disposizione, invero, in considerazione del mutato quadro delle importazioni di determinati
prodotti nel settore dell’acciaio, abrogava le misure di
salvaguardia definitive adottate, per tali prodotti, dal
precedente Regolamento n. 1694/02, ripristinando, in tal
modo, il regime tariffario ordinario.
Ne discende che la produzione di detti certificati a di(7.12.03) del Regolamento n. 2142/03, non è idonea – a
prescindere dalla loro validità – a giustificare a posteriori

l’inserimento della merce importata dalla Gimi

s.p.a. nel contingente tariffario ormai soppresso.
Le ragioni fatte valere dalla contribuente con il ricorso
introduttivo si palesano, pertanto, del tutto destituite
di fondamento.
7. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il secondo motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate va accolto,
assorbito il primo, e, di conseguenza, l’impugnata sentenza va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di
decisione nel merito di cui all’art. 384, co. 1 c.p.c.,”
rigetta il ricorso introduttivo proposto dal contribuente.
8. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno
poste a carico della resistente soccombente, nella misura
di cui in dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei
giudizi di merito.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il secondo motivo di ricorso assorbito il primo;
cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto
e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo
della contribuente; condanna la società resistente alle
spese del presente giudizio che liquida in

e

4.500,00,

oltre alle spese prenotate a debito; dichiara compensate
tra le parti le spese dei gradi di merito.

stanza di circa due anni dall’entrata in vigore

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Se-

zione Tributaria, il 24.9.2013.

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