Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26002 del 16/12/2016
Cassazione civile, sez. VI, 16/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep.16/12/2016), n. 26002
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 21312-2015 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS), in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
F.C., B.T., B.G. in proprio e nella
qualità di eredi del sig. B.V.;
– intimati –
avverso il decreto n. R.G. 54661/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositato il 12/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
22/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA.
Fatto
IN FATTO
Si ricava dal decreto impugnato che con ricorso depositato il 5.5.2010 F.C. e B.T. e B.G., in proprio e quali eredi di B.V., adivano la Corte d’appello di Roma per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, per la durata irragionevole di un giudizio svoltosi innanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Campania, tra il 23.7.1968 e il 29.4.2010, data di pubblicazione della sentenza. I ricorrenti precisavano che, deceduto il loro dante causa il 2.2.1987, essi avevano proseguito il processo il 19.6.2007.
Resistendo il Ministero dell’Economia e delle Finanze (che sollevava eccezioni non più in discussione in questa sede di legittimità), la Corte territoriale con decreto del 12.2.2015, accertato che i ricorrenti (come da memoria da loro depositata) avevano limitato la domanda al periodo compreso tra il 23.7.1968 ed il 2.2.1987, quantificava in 15 anni la durata irragionevole di tale frazione del processo presupposto, e liquidava a titolo di equa riparazione la somma complessiva di Euro 7.500,00, in ragione di un moltiplicatore annuo di Euro 500,00.
Per la cassazione di tale decreto ricorre il Ministero della Giustizia, in base ad un unico motivo.
F.C. e B.T. e B.G. sono rimasti intimati.
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – L’unico motivo d’impugnazione espone la violazione o falsa applicazione dell’art. 25, par. 1 CEDU, nella versione anteriore all’entrata in vigore del Protocollo n. 11, come integrato dalla dichiarazione di adesione dell’Italia a decorrere dal 1.8.1973, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte distrettuale, lamenta il Ministero, ha considerato ai fini dell’equo indennizzo anche un lasso di tempo anteriore al 1.8.1973, che è la data a partire dalla quale soltanto è sorto, per effetto di una clausola opzionale, il diritto individuale a presentare un ricorso per violazione della Convenzione.
2. – Il motivo è manifestamente fondato.
Posto che la finalità della L. n. 89 del 2001 è quella di apprestare, in favore della vittima della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, un rimedio giurisdizionale interno analogo alla prevista tutela internazionale, deve ritenersi che, anche nel quadro dell’istanza nazionale, al calcolo della ragionevolezza dei tempi processuali sfugga il periodo di svolgimento del processo presupposto anteriore all’1 agosto 1973 – data a partire dalla quale è riconosciuta la facoltà del ricorso individuale alla Commissione (oggi, alla Corte europea dei diritti dell’uomo), con la possibilità di fai valere la responsabilità dello Stato -, dovendosi, peraltro, tenere conto della situazione in cui la causa si trovava a quel momento (Cass. nn. 95/16 e 14286/06).
Invero, il fatto costitutivo del diritto attribuito dalla legge nazionale coincide con la violazione della norma contenuta nell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ratificata e resa esecutiva in Italia con la L. n. 848 del 1955, condizionatamente all’accettazione della clausola opzionale recante il riconoscimento da parte degli Stati contraenti della competenza del giudice della Convenzione, accettazione avvenuta per l’Italia, appunto, il 1 agosto 1973 (cfr. Cass. n. 16284/09).
Il decreto impugnato, invece, (1) ha considerato l’intera durata del procedimento presupposto dall’inizio, ossia dal 23.7.1968, fino alla data della morte del dante causa degli odierni ricorrenti, avvenuta il (OMISSIS); (2) ha stimato la durata irragionevole del giudizio di riferimento in 15 anni; e (3) di conseguenza ne ha collocato la decorrenza in un momento necessariamente anteriore all’1.8.1973.
3. – Pertanto il decreto impugnato va cassato con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che nel piuvvedere ad un nuovo esame di merito si atterrà al principio di diritto sopra esposto.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2016