Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2600 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23508/2015 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALESSIO OLDRINI, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, Presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA

RULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 011/2015 del TRIBUNALE di VARESE del

29/01/2015, depositata il 30/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGELLA;

udito l’Avvocato MAURO RICCI, difensore del controricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Tribunale di Varese adito da C.G. ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, in esito a dissenso dalle conclusioni del ctu officiato nel procedimento per ATP, ha riconosciuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento in favore della ricorrente della prestazione richiesta – indennità di accompagnamento L. n. 18 del 1980, ex art. 1 – a decorrere dal mese di giugno 2014 ed ha condannato l’istituto al pagamento della metà delle spese di lite compensando il residuo.

La decisione è stata adottata in dichiarata adesione alle conclusioni della rinnovata indagine peritale. In particolare, con specifico riferimento alla decorrenza del diritto alla prestazione, la sentenza impugnata ha ritenuto di condividere l’indicazione – giugno 2014 – dell’ausiliare sul rilievo che l’impossibilità di deambulazione deve rendere necessario l’aiuto “permanente” di un accompagnatore, circostanza attestata dalla documentazione in atti solo a partire dal giugno 2014.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso C.G. sulla base di un unico motivo. L’INPS ha resistito con tempestivo controricorso.

Con l’unico motivo di ricorso C.G. ha dedotto violazione o falsa applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1 e della L. n. 508 del 1980, art. 1. Ha, in sintesi, censurato la decisione per non avere riconosciuto il diritto alla prestazione sin dal (OMISSIS), epoca nella quale, in esito a visita del fisiatra, era emerso che la C. versava in una situazione di disabilità che la rendeva dipendente dall’assistenza di un’altra persona per la maggior parte della giornata. Ha sostenuto che la sentenza impugnata non aveva fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla Suprema Corte in merito al requisito della permanenza dell’aiuto fornito dall’accompagnatore o della quotidianità degli atti che il soggetto non è in grado di compiere ed, in particolare, in merito alla irrilevanza del fatto che la necessità di concreto e fattivo aiuto fornito da terzi non sia perdurante per la intera giornata.

Il ricorso è manifestamente fondato.

La sentenza impugnata ha escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione dell’indennità di accompagnamento con decorrenza anteriore al giugno 2014, espressamente argomentando che “l’impossibilità di deambulazione, per integrare il requisito previsto dalla L. n. 18 del 1980, art. 1, deve rendere necessario l’aiuto “permanente” di un accompagnatore, tale indicato, con riguardo al caso di specie, soltanto nella documentazione medica di giugno-luglio 2014, come riferito dal perito di ufficio”. Ha, in tal modo, dimostrato di aderire al parere dell’ausiliare nominato, riportato anch’esso nella parte motiva della decisione il quale, con riferimento al referto dello specialista fisiatra del (OMISSIS), aveva rilevato che “le limitazioni indicate peraltro non inquadrate in tabelle di autonomia, erano presenti non durante tutta la giornata, mentre nel successivo esame clinico del (OMISSIS) lo Specialista Fisiatra indica la permanenza di tale condizione di dipendenza per tutta la giornata, inquadrando, quindi un peggioramento delle condizioni motorie della sig.ra C.”.

Dai pertinenti brani della relazione peritale riprodotti in ricorso si evince che l’ausiliare ha ritenuto che, poichè la dipendenza da altra persona si era verificata solo in alcuni periodi della giornata in quanto in altri la periziata aveva mantenuto la propria autosufficienza, non sussisteva il presupposto per l’attribuzione della prestazione.

La decisione impugnata non è coerente con l’insegnamento di questa Corte.

Come già osservato (cfr. recentemente Cass. n. 25255 del 2014) “l’indennità di accompagnamento è una prestazione del tutto peculiare in cui l’intervento assistenziale non è indirizzato – come avviene per la pensione di inabilità – al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capacità di lavoro (tanto è vero che l’indennità può essere concessa anche a minori degli anni diciotto e a soggetti che, pur non essendo in grado di deambulare senza l’aiuto di un terzo, svolgano tuttavia un’attività lavorativa al di fuori del proprio domicilio), ma è rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare onde incoraggiare a farsi carico dei suddetti soggetti, evitando così il ricovero in istituti di cura e assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale (cfr. Cass. 28 agosto 2000, n. 11295; id. 21 gennaio 2005, n. 1268; 23 dicembre 2011, n. 28705)”.

Con specifico riferimento alle incapacità di ordine materiale questa Corte ha precisato che la nozione di incapacità di compiere autonomamente le comuni attività del vivere quotidiano con carattere continuo comprende anche le ipotesi in cui la necessità di far ricorso all’aiuto di terzi si manifesta nel corso della giornata ogni volta che il soggetto debba compiere una determinata attività della vita quotidiana per la quale non può fare a meno dell’aiuto di terzi, per cui si alternano momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva, a momenti di assistenza attiva (così Cass. 11 aprile 2003, n. 5784).

Nella menzionata decisione è stato in particolare chiarito che “l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore deve essere “permanente” e l’incapacità di compiere le comuni attività del vivere quotidiano (mangiare, bere, vestirsi, espletare te funzioni fisiologiche, ecc.) deve essere “continua” (come si legge nella L. n. 18 del 1980, art. 1) ma ciò va inteso nel senso che, l’una e l’altra, non siano dovute a fattori passeggeri ed emendabili con appropriate cure; si tratta infatti di azioni necessarie per vivere, ma che si compiono, per la loro stessa natura, in maniera saltuaria quando sorge la necessità nel corso della giornata. In sostanza, quando l’impedimento non è emendabile con cure appropriate, il bisogno di assistenza è “permanente” e “continuo”, anche se fa necessità dell’aiuto di terzi si manifesta periodicamente a distanza di tempo nel corso della giornata, per cui si alternano momenti di assistenza attiva a momenti di attesa, qualificabili come di assistenza passiva” (v., Cass. sent. cit.).

Tanto premesso, alla luce dei richiamati principi, la sentenza impugnata risulta errata laddove ha attribuito rilievo dirimente nell’escludere la sussistenza, all’epoca, delle condizioni per la prestazione in controversia, alla sola circostanza che nel referto dello specialista fisiatra del (OMISSIS), si attestava che la sintomatotologia riferita dalla periziata determinava una serie di disabilità (nel sostenersi, nel camminare, nel vestirsi, nella preparazione dei cibi ecc.) che implicava la necessità di assistenza di terzi per la maggior parte della giornata.

Invero, in base ai precedenti richiamati era necessario accertare, con specifico riferimento alle patologie riscontrate ed alla relativa sintomatologia, se la non necessità della assistenza di terzi in alcuni periodi della giornata coincideva con i periodi di attesa nel senso sopra chiarito, cioè con i periodi in relazione ai quali la C. non aveva bisogno di aiuto da parte di terzi non svolgendo nessuna delle attività, indispensabili al vivere quotidiano ed alla deambulazione, richiamate nel referto, oppure dipendeva dal fatto che la periziata aveva comunque conservato una residua capacità di autonomia, recuperando la capacità di compimento degli atti sopraindicati nel corso della giornata.

Alla luce delle considerazioni che precedono, quindi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata con rinvio, anche ai fini delle spese del giudizio di legittimità, ad altro giudice di primo grado che opererà la verifica del momento di insorgenza della condizione giustificativa della indennità di accompagnamento tenendo conto dei principi sopra richiamati.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Varese, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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