Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2600 del 28/01/2022

Cassazione civile sez. trib., 28/01/2022, (ud. 15/10/2021, dep. 28/01/2022), n.2600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

T.G., rappresentato e difeso, giusta procura speciale

rilasciata a margine del ricorso (p. 2), dall’Avv. Andrea Mondini

del Foro di Milano, che ha indicato recapito PEC, avendo

l’impugnante dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del

difensore, alla via Manara n. 5 in Milano;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 5070, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia il 20.5.2014, e pubblicata il 29.9.2014;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Prendendo le mosse da Processo Verbale di Costatazione (PVC) redatto dalla Guardia di Finanza il 21.12.2011, l’Agenzia delle Entrate contestava a T.G. l’inadempimento agli obblighi dichiarativi del reddito, ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, commi 1 ss., mediante l’atto di contestazione n. (OMISSIS), notificato il 19.10.2012. In sostanza l’Amministrazione finanziaria ascriveva all’odierno ricorrente, ai fini Irpef e per l’importo di Euro 170.784,00 oltre accessori, di avere detenuto all’estero capitali ed attività finanziarie, nell’anno 2006, senza aver provveduto a dichiararli ai sensi di legge, e di essere incorso nella conseguente evasione fiscale. Atti analoghi erano notificati al contribuente in relazione ad anni d’imposta diversi, ed anche alla violazione degli obblighi dichiarativi attinenti al c.d. monitoraggio fiscale, e tutti erano separatamente impugnati da T.G..

La Guardia di Finanza, pacificamente, aveva dato inizio alle proprie verifiche grazie a documentazione ed informazioni provenienti dall’Amministrazione Finanziaria francese, ed acquisite utilizzando i canali di collaborazione informativa internazionale, come disciplinati dalla Direttiva 11/799/CEE del Consiglio del 19 dicembre 1977, nonché dalla Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni stipulata il 5 ottobre 1989 tra l’Italia e la Francia, e ratificata con L. n. 20 del 1992. In conseguenza la Guardia di Finanza aveva acquisito la scheda cliente n. (OMISSIS), recante codice profilo cliente n. (OMISSIS), relativa ad un rapporto d’investimento intrattenuto presso la Banca britannica HSBC, sede di (OMISSIS), intestato all’odierno ricorrente ed a suo fratello, da cui emergeva che T.G. aveva detenuto all’estero, pure nell’anno in contestazione, capitali ed attività finanziarie che non aveva provveduto a dichiarare, incorrendo nella violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 1, commi 1 ss.. In particolare, dalla scheda emergeva che alla fine del 2005, essendo stato iniziato il rapporto il 2.12.2005, il cliente disponeva di giacenze pari ad Euro 153.264,16, peraltro successivamente incrementate in misura significativa, con giacenza finale, al 31 dicembre 2006, pari ad Euro 392.668,76.

2. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano contestando, tra l’altro, il difetto di prova circa la regolare acquisizione della documentazione posta a fondamento della contestazione operata nei suoi confronti, e comunque affermando l’inutilizzabilità della stessa, anche perché “anonima”. La CTP reputava fondate le censure proposte dal contribuente ed annullava l’atto di contestazione impugnato.

3. Avverso la decisione sfavorevole conseguita in primo grado, l’Amministrazione finanziaria proponeva impugnazione innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, invocando la legittimità dell’acquisizione della scheda cliente relativa all’odierno ricorrente, e la sua piena utilizzabilità nel giudizio tributario. La CTR valutava fondate le difese proposte dall’Agenzia delle Entrate e, riformando la decisione adottata dai giudici di primo grado, respingeva il ricorso del contribuente, riaffermando la piena validità ed efficacia dell’avviso di accertamento in contestazione.

4. Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione sfavorevole adottata dalla Commissione Tributaria Regionale di Milano, T.G., affidandosi a cinque strumenti di impugnazione.

Resiste mediante controricorso l’Amministrazione finanziaria. Tutti i ricorsi avverso accertamenti tributari fondati sul ricordato PVC della Guardia di Finanza redatto il 21.12.2011, proposti da T.G. e rinvenuti iscritti sul ruolo della Cassazione, sono stati fissati per la trattazione nella medesima udienza, accogliendo la richiesta proposta dal ricorrente.

T.G. ha pure depositato memoria, ed il P.M., nella persona del S. Procuratore Generale Tommaso Basile, ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte, mediante le quali chiede rigettarsi il ricorso proposto dal contribuente.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, il contribuente contesta il vizio di motivazione e la nullità della sentenza adottata, in cui è incorso il giudice dell’appello per aver omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in ordine alla riferibilità al ricorrente della scheda cliente posta a fondamento dell’accertamento fiscale (ric., p. 8), nonché alla sua natura di dichiarazione anonima, e comunque per aver adottato la CTR una motivazione meramente apparente in proposito.

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, il ricorrente censura il vizio di motivazione e la nullità della sentenza pronunciata, in cui è incorsa la CTR per aver omesso l’esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla provenienza del documento “”scheda cliente” o “fiche” dalla c.d. “lista Falciani”” (ric., p. 20), e comunque per aver adottato il giudice dell’appello una motivazione meramente apparente al riguardo.

3. Con il suo terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente critica la violazione dell’art. 2697 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., “con riferimento ai principi che regolano l’onere della prova e il principio di non contestazione in merito alla prova della provenienza del documento dalla “scheda cliente” e “fiché dalla c.d. “lista Falciani”” (ric., p. 23).

4. Mediante il quarto mezzo d’impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697 e segg., c.c., degli artt. 113,115 e 116 c.p.c., nonché degli artt. 2727 e segg. c.c., del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, e dell’art. 24 Cost. e L. n. 212 del 2000, art. 6, posti a presidio del diritto di difesa, in cui è incorsa l’impugnata CTR per aver errato nell’applicazione delle norme che disciplinano le modalità di acquisizione della prova e la ripartizione dell’onere della prova tra le parti, in considerazione della “natura di dichiarazione anonima della “scheda cliente” o “fiche”” (ric., p. 24).

5. Con il suo quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente contesta la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 31 bis, 32, 33 e 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52 nonché della L. n. 212 del 2000, artt. 6 e 7 e art. 2697 e segg., c.c., ed ancora artt. 113,115 e 116 c.p.c., e D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, e art. 111 Cost., “con riferimento ai principi che regolano l’inutilizzabilità di prove illecite o, comunque, acquisite illegittimamente” (ric., p. 29).

6. Mediante il primo, il secondo ed il quarto motivo di impugnazione, il ricorrente contesta l’impugnata decisione della CTR della Lombardia, in relazione ai profili del vizio di motivazione per omesso esame, della nullità della sentenza per avere adottato una motivazione apparente, nonché della violazione di legge in conseguenza dell’utilizzazione di documentazione anonima, sempre in relazione alla “scheda cliente”, o “fiche”, che ha dato origine all’accertamento tributario nei suoi confronti. I motivi di impugnazione presentano evidenti ragioni di connessione, e possono pertanto essere trattati congiuntamente.

Occorre innanzitutto osservare che risulta infondata la critica circa l’omessa pronuncia del giudice dell’appello in materia di acquisizione ed utilizzabilità della scheda cliente. La CTR scrive con chiarezza di ritenere “corretto e legittimo, sotto ogni profilo, sia formale che sostanziale… l’operato dell’Ufficio e la scheda cliente, che risulta acquisita in modo legittimo, è perfettamente utilizzabile ai fini fiscali/tributari” (sent. CTR, p. 2). La CTR non manca poi di specificare che “in qualunque modo detta scheda sia pervenuta all’Italia, non vi è alcun dubbio sulla legittimità nel suo utilizzo da parte dell’Ufficio; a maggior ragione lo stesso Ufficio è più che legittimato al suo impiego, tenuto conto che comunque la stessa scheda è pervenuta in modo del tutto legale e legittimo, attraverso i canali ufficiali di collaborazione fra i due Paesi (Italia e Francia)” (sent. CTR, ibidem).

La motivazione adottata dalla CTR sul punto, per quanto sintetica, appare invero non solo presente ma anche completa. La CTR ha ritenuto che l’utilizzazione, ai fini di un accertamento tributario, di un documento del quale si è ottenuta la trasmissione attivando i canali normativamente previsti per l’acquisizione di informazioni tra gli Stati, sia da ritenersi assolutamente legittima, e su questo principio, difficilmente contestabile, non si rinvengono critiche specifiche da parte del contribuente. Peraltro – ed anche se risulterà opportuno ritornare sul punto – in considerazione delle critiche proposte mediante il secondo motivo di ricorso, pare opportuno evidenziare che la valutazione espressa dalla CTR prescinde dalla appartenenza della scheda ai documenti acquisiti a seguito della disponibilità della c.d. lista Falciani, venuta in possesso dell’Autorità fiscale francese e trasmessa all’Amministrazione finanziaria italiana.

6.1. Il contribuente insiste comunque nell’affermare, nel caso di specie, la natura “anonima” cioè, a quanto si comprende, di incerta formazione del documento (cfr. ric., p. 7 s., 10). A questo proposito, lo riconosce lo stesso ricorrente riportando parte delle difese proposte dall’Amministrazione finanziaria (ric., p. 9), l’Agenzia delle Entrate afferma che la scheda proviene dall’Istituto di credito HSBC, sede di (OMISSIS), presso cui l’odierno ricorrente intratteneva il rapporto bancario denominato (OMISSIS). Ora, che la scheda sia relativa ad un rapporto attivo presso tale Istituto bancario risulta confermato, come attentamente osservato proprio dalla CTR (ibidem), dal fatto che la scheda indica una pluralità di codici IBAN, i quali riportano le indicazioni numeriche identificative non solo dei conti correnti collegati al rapporto, ma anche dell’Istituto di credito presso il quale sono intrattenuti, l’HSBC per l’appunto, e pure della specifica sede della banca presso cui i conti correnti erano aperti. L’affermazione del ricorrente secondo cui la scheda “non indica in alcun modo la sua provenienza dalla banca HSBC” (ric., p. 14) non appare pertanto condivisibile.

6.2. Il ricorrente contesta ancora, però, che non sarebbe certa la riferibilità a lui della scheda. Anche in relazione a questo profilo la motivazione adottata dalla CTR è presente e completa, e non incontra critiche specifiche da parte del ricorrente. Scrive il giudice dell’appello che “per quanto alla riferibilità della scheda al ricorrente, non vi è alcun dubbio sulla medesima… infatti riporta chiaramente il nominativo del Sig. T.G. come profilo cliente, con relativo codice e detto nominativo è legato indiscutibilmente ai conti correnti indicati nella medesima scheda ed individuati chiaramente con il relativo IBAN” (sent. CTR, ibidem). La CTR non manca poi di motivare che l’identificazione della persona può essere compiuta anche mediante la sola indicazione di nome e cognome, non essendo peraltro, nel caso di specie, intervenuta alcuna contestazione di omonimia da parte del contribuente. Non solo, la CTR osserva pure, significativamente, che nella scheda cliente, allegata al proprio ricorso dal contribuente, è riportato anche il nominativo di T.F., e proprio l’odierno ricorrente ha confermato di avere un fratello che ha tali generalità (ric., p. 2). Merita anche di essere sottolineato, al proposito, che di T.F. sono riportati nella scheda della banca svizzera anche il luogo e la data di nascita. Pertanto, se non si fosse trattato davvero di suo fratello, l’odierno ricorrente avrebbe potuto agevolmente provare documentalmente la circostanza, ma non lo ha fatto. L’affermazione del contribuente secondo cui “la sentenza impugnata ritiene, infatti, che la scheda non sia “anonima”, quindi sia riferibile al contribuente, solo perché reca il suo nome, trascurando tutte le altre questioni” (ric., p. 14), risulta evidentemente inesatta.

Nella parte in cui sono ammissibili, pertanto, le contestazioni proposte dal contribuente mediante il primo, il secondo ed il quarto strumento di impugnazione, appaiono comunque infondate, ed i motivi di ricorso devono perciò essere respinti.

7. Mediante il suo terzo motivo di ricorso, il contribuente contesta che l’appartenenza della scheda cliente a lui intestata alla c.d. lista Falciani non è stata provata dall’Amministrazione finanziaria, e tale “circostanza non può essere ritenuta una nozione di fatto che rientra nella comune esperienza” (ric., p. 23).

La critica risulta mal proposta, perché è frutto di una lettura parziale della decisione adottata dal giudice dell’appello, che ha impedito al ricorrente di coglierne l’esatta ratio decidendi. La CTR non fonda la propria decisione sull’appartenenza alla lista Falciani della scheda cliente intestata al ricorrente, pur invocata in corso di causa dall’Amministrazione finanziaria, e lo stesso contribuente ricorda come “la Commissione Regionale non citi mai la c.d. lista Falciani” (ric., p. 20). Il giudice dell’appello fonda la propria valutazione sulla legittima acquisizione nei confronti di T.G. di elementi indiziari di evasione fiscale, desunti da documentazione regolarmente acquisita utilizzando i canali di informazione internazionali, come si è avuto già occasione di osservare esaminando i precedenti motivi di ricorso.

Invero, come ripetutamente evidenziato da questa Corte (cfr., ad es., Cass. sez. V, 30.6.2021, n. 18454) la Direttiva del Consiglio 77/799/CEE prevede che “gli Stati membri devono scambiarsi reciprocamente, su richiesta, informazioni per quanto riguarda un caso preciso e che lo Stato cui viene rivolta la richiesta deve provvedere a effettuare le ricerche necessarie per ottenere tali informazioni”. L’art. 1 della Direttiva, poi, dispone che “le competenti autorità degli Stati membri scambiano, conformemente alla presente direttiva, ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio”. Il successivo art. 4 (scambio spontaneo) precisa che “le autorità competenti di ogni Stato membro comunicano, senza che ne sia fatta preventiva richiesta, le informazioni di cui all’art. 1, paragrafo 1, in loro possesso, all’autorità competente di ogni altro Stato membro interessato, quando: a) l’autorità competente di uno Stato membro ha fondati motivi di presumere che esista una riduzione od un esonero di imposta anormali nell’altro Stato membro”.

7.1. Nel caso di specie, la documentazione utilizzata dall’Amministrazione Finanziaria per la determinazione in via presuntiva (ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 41) del reddito di T.G. è stata trasmessa dall’Amministrazione Finanziaria francese attraverso i canali di collaborazione previsti dalla Direttiva n. 77/799/CEE del Consiglio del 12.12.1977 (poi sostituita dalla Direttiva 2011/16/UE del Consiglio del 15 febbraio 2011), e dalla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia, stipulata il 5.10.1989 e ratificata con la L. n. 20 del 1992, atti recepiti dalla legislazione italiana ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 31 bis come mod..

La scheda riepilogativa sulla quale si è basato l’accertamento fiscale in esame, pertanto, è stata trasmessa dall’autorità finanziaria francese in esecuzione di una procedura di assistenza giudiziaria internazionale, da ritenere svolta nella piena osservanza delle regole di diritto nazionale e convenzionale, nel quadro del reciproco affidamento fra gli Stati membri dell’Unione Europea. La scheda cliente acquisita dalla Guardia di Finanza, che si è visto essere riconducibile all’Istituto di credito britannico HSBC, filiale di (OMISSIS) – quindi una sede svizzera, Paese dalla fiscalità privilegiata – riporta non solo l’indicazione del nome di T.G., della data di apertura del rapporto con l’odierno ricorrente con indicazione dell’incremento delle sue giacenze patrimoniali registrato nell’anno, ma anche l’elencazione delle operazioni mediante le quali l’importo della giacenza è stata incrementata, e T.G., pur avendo avuto il possesso di disponibilità finanziarie all’estero, non ha adempiuto all’obbligo legale di dichiararne la consistenza.

Il terzo motivo di ricorso appare pertanto infondato, e deve essere rigettato.

8. Mediante il quinto motivo di ricorso il ricorrente contesta la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la CTR, per aver ritenuto utilizzabili ai fini dell’accertamento tributario prove illecite, o comunque illegittimamente acquisite.

Si è già segnalato che, nel caso di specie, la scheda cliente relativa al ricorrente è stata acquisita dalla Guardia di Finanza in maniera del tutto lecita, attivando i canali di collaborazione internazionale per il contrasto dell’evasione fiscale. L’argomento proposto dal ricorrente potrebbe quindi assumere un suo rilievo solo in relazione all’eventuale illiceità dell’acquisizione della scheda da parte dell’Autorità fiscale francese, che ne comporterebbe, secondo l’impugnante, l’inutilizzabilità nell’accertamento tributario svolto dall’Agenzia delle Entrate nei suoi confronti.

Invero, in relazione a tale profilo sembra opportuno confermare (cfr., tra le altre, Cass. sez. V, 24.6.2021, n. 18181), che il diritto interno, sia in materia di imposte dirette (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, e art. 41 comma 2), sia in tema di imposta sul valore aggiunto (D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55), consente che gli accertamenti fiscali si svolgano con l’utilizzo di elementi comunque acquisiti, e quindi anche mediante “prove atipiche” o con dati acquisiti con forme diverse da quelle regolamentate (D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32 e 22; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51). Peraltro, non è necessario che gli indizi siano plurimi, in quanto anche un unico indizio, se dotato dei requisiti della gravità e della precisione, può fondare una legittima ripresa a tassazione (Cass. sez. V, 5.12.2019, n. 31779; Cass. sez. V, 12.2.2018, n. 3276).

Deve quindi essere ribadito l’indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo cui, in materia tributaria, gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della Guardia di Finanza senza il rispetto delle formalità di garanzia difensiva prescritte per il procedimento penale, sono inutilizzabili in sede penale ai sensi dell’art. 191 c.p.p., ma sono pienamente utilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale, stante l’autonomia del procedimento penale rispetto a quello di accertamento tributario, secondo un principio sancito dalle norme sui reati tributari (D.L. n. 429 del 1982, art. 12 successivamente confermato dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 20), e desumibile anche dalle disposizioni generali dettate dagli artt. 2 e 654 c.p.p., nonché espressamente previsto dall’art. 220 disp. att. c.p.p., che impone sì l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale quando, nel corso di attività ispettive, emergano indizi di reato, ma soltanto ai fini dell’applicazione della legge penale (Cass. sez. VI-V, 28.5.2018, n. 13353; Cass. sez. V, 24.11.2017, n. 28060); fermo restando che non devono comunque essere violate le disposizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 33 ed al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 52 e 63 (Cass. sez. V, 17.1.2018, n. 959). Pertanto, non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento tributario comporta, di per sé, l’inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, esclusi i casi in cui viene in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio (Cass. sez. V, 16.12.2011, n. 27149).

8.1. Peraltro, la quinta sezione di questa Corte, mediante le ordinanze gemelle nn. 8605 e 8606 del 28.4.2015, pronunciando con riferimento alla lista Falciani ma dettando un principio il quale, evidentemente, assume valenza generale, ha precisato che “l’eventuale responsabilità penale dell’autore materiale della lista questione che esula dalla vicenda processuale odierna, non risultando la condotta nemmeno posta in essere in Italia (vedi art. 7 c.p. rispetto alle ipotesi delittuose per le quali è astrattamente profilabile una competenza del giudice italiano in relazione a condotte commesse all’estero) – e comunque l’illiceità della di lui condotta nei confronti dell’istituto bancario presso il quale operava, non è in grado di determinare l’inutilizzabilità della documentazione anzidetta nel procedimento fiscale a carico del contribuente utilizzata dal Fisco italiano al quale è stata trasmessa dalle autorità francesi” (ma cfr. anche, sempre in relazione ad accertamenti tributari che hanno tratto origine dalla trasmissione di informazioni mediante i canali internazionali, Cass. sez. V, 19.8.2015, nn. 16950 e 16951; Cass. sez. V, 26.8.2015, n. 17183; nonché, per la Francia: Cour de cassation criminelle, Chambre criminelle, 27.11.2013, 13-85.042; e per la Germania: Bundesverfassungsgericht – 9/11/2010 – 2BvR2101/109).

Più di recente il principio è stato confermato da questa Corte di legittimità, chiarendosi che “in tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale. Ne consegue che sono utilizzabili ai fini della pretesa fiscale, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari trasmessi dall’autorità finanziaria francese a quella italiana, ai sensi della Direttiva 77/799/CEE, senza onere di preventiva verifica da parte dell’autorità destinataria, sebbene acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria”, Cass. sez. V, 5.12.2019, n. 31779 (ma i principi esposti risultano ormai consolidati, cfr. Cass. sez. V, 14.11.2019, n. 29632; Cass. sez. V, 28.11.2019, n. 31085; Cass. sez. V, 29.11.2019, n. 21243; Cass. sez. V, 19.12.2019, n. 33893; Cass. sez. V, 28.4.2021, n. 11162; Cass. sez. V, 29.7.2021, n. 21671).

Anche il quinto motivo di ricorso proposto da T.G. risulta pertanto infondato, e deve essere rigettato.

9. In definitiva il ricorso per cassazione introdotto dal contribuente deve essere respinto.

Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo. Risulta dovuto anche il versamento del c.d. doppio contributo.

La Corte:

PQM

rigetta il ricorso proposto da T.G., che condanna al pagamento delle spese processuali in favore dell’Agenzia delle Entrate, e le liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 ottobre 2021.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2022

 

 

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