Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 260 del 12/01/2010

Cassazione civile sez. I, 12/01/2010, (ud. 18/11/2009, dep. 12/01/2010), n.260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.D. (C.F. (OMISSIS)), in proprio e per

conto della figlia minore I.V.C., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEL PARLAMENTO 3, presso l’avvocato MAORI

LUCA, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

G.E., nella qualita’ di curatore speciale di I.

V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 16,

presso l’avvocato FALCINELLI FRANCESCO, rappresentato e difesi

dall’avvocato GIOVAGNONI FABRIZIO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

A.A., C.E., PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PERUGIA;

– intimati –

nonche’ da:

A.A. (c.f. (OMISSIS)), C.E.

(c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

DELLA CONCILIAZIONE 44, presso l’avvocato CALDARA GIAN ROBERTO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZINGARELLI LUIGI,

giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

contro

I.D., G.E., PROCURATORE GENERALE

PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PERUGIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5/2008 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 27/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

18/11/2009 dal Consigliere Dott. BERNABAI Renato;

udito, per la controricorrente G.E., l’Avvocato GIOVAGNONI

FABRIZIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali, l’Avvocato

ZINGARELLI che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Su ricorso del Pubblico ministero, i Tribunale per i minorenni dell’Umbria con decreto emesso il 16 agosto 2004 disponeva l’apertura del procedimento per l’eventuale dichiarazione di adottabilita’ della minore I.V.C., ai sensi della L. 4 maggio 1983, 184, art. 10 (Diritto del minore ad una famiglia), figlia di I.D., ricoverata presso l’ospedale di (OMISSIS) per abuso di sostanze stupefacenti, e di I.D., deceduto. Per l’effetto, sospendeva la potesta’ della madre e affidava la minore al servizio sociale del comune di Terni perche’ ne curasse il piu’ conveniente collocamento eterofamiliare.

Con successivo provvedimento assunto il 17 febbraio 2007 affidava la minore alla coppia A.A. e C.E..

Il curatore speciale della minore chiedeva che venisse disposta la c.d. adozione mite, L. n. 184 del 1983, ex art. 44 in favore degli affidatari. Questi, all’udienza del 25 febbraio 2008, dichiaravano di voler adottare la minore e in pari data la signora I. D., assistita da un difensore d’ufficio, dichiarava di prestare il suo consapevole consenso.

Con ricorso depositato il 14 maggio 2008 i coniugi affidatari chiedevano formalmente l’adozione, che veniva dichiarata, all’esito dell’istruttoria dal tribunale per i minorenni, con sentenza 27 giugno 2008, su parere conforme del Pubblico ministero, ritenuta la ricorrenza dei requisiti di legge, dal momento che l’eta’ degli adottanti superava di almeno diciotto anni quella della piccola I. e che era impossibile disporre l’affidamento preadottivo, dato l’inscindibile rapporto affettivo venutosi a creare fra lei e i coniugi A., e in considerazione dell’assenso prestato dalla madre.

Il successivo gravame proposto da I.D. veniva respinto dalla corte d’appello di Perugia, sezione per i minorenni, con sentenza 27 novembre 2008.

La corte territoriale motivava – che era inammissibile l’impugnazione proposta dalla madre in proprio, per carenza di legittimazione attiva ex art. 313 cpv. c.c.;

– che era invece ammissibile il gravame proposto in nome della figlia, in forza della rappresentanza legale che competeva al genitore, nonostante la sospensione della potesta’ disposta con provvedimento 16 agosto 2004 ma non accompagnata dalla nomina di un tutore provvisorio;

– che non costituiva vizio invalidante l’anteriorita’ del consenso prestato dalla madre, in nome e per conto della minore, all’udienza del 25 febbraio 2008, rispetto alla proposizione del ricorso di adozione da parte dei coniugi affidatari in data 14 maggio 2008, dai momento che la procedura era, in effetti, gia’ pendente: o per trasformazione di quella avviata in precedenza per la dichiarazione dello stato di adottabilita’ a seguito della richiesta di adozione mite L. n. 184 del 1983, ex art. 44 espressa dal curatore speciale della minore, o, alternativamente, in ragione della domanda implicitamente connessa alle manifestazioni di volonta’ informalmente espresse dagli adottanti ed al consenso prestato dalla madre, alla luce della liberta’ di forme propria del procedimento;

– che era pure infondata l’eccezione di violazione del diritto di difesa, per mancata assistenza di un avvocato, dal momento che alla signora I. era stato nominato d’ufficio un difensore da parte del giudice delegato in occasione dell’udienza del 25 febbraio 2008. come attestato dal verbale, che dava pure atto della consultazione intercorsa, con la presenza anche di un assistente sociale prima della prestazione del consenso;

– che era quindi inaccoglibile la tesi dell’errore di diritto sugli effetti legali della propria dichiarazione, significativa, in realta’, di un ripensamento tardivo, non utilmente interpretabile come revoca del consenso, preclusa dal L. n. 184 del 1983, art. 47, cit.;

– che, nel merito, sussisteva lo stato di abbandono della piccola V. fin dall’eta’ piu’ tenera, a causa del decesso del padre e dell’abuso persistente di sostanze stupefacenti da parte della madre, non valutabile come causa di forza maggiore di carattere transitorio che consentisse una ragionevole previsione di recupero ad una vita ordinata e di assistenza materiale e morale della figlia;

– che l’impossibilita’ di un affidamento preadottivo non ricorreva, in astratto, solo in ipotesi di mancanza di richiesta da parte di coppie, ed era ravvisabile nel caso di specie perche’ il distacco della minore dai coniugi A., con cui si era ormai instaurato un inscindibile rapporto affettivo, le avrebbe determinato un trauma nocivo, come messo in evidenza nella relazione degli psichiatri acquisita dal tribunale.

Avverso la sentenza la signora I.D. proponeva ricorso per Cassazione, notificato il 2 febbraio 2009 e articolato in due motivi.

Deduceva:

1) la violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 44, 56 e 57, (Diritto del minore ad una famiglia) e degli artt. 313, 314 c.c. e degli art. 737 c.p.c. per lesione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, perche’ la corte d’appello aveva ritenuto valido l’assenso del genitore prestato nell’ambito di un procedimento per la dichiarazione di adottabilita’ anteriore alla presentazione del ricorso per adozione in casi particolari da parte dei signori A. – C., sul presupposto erroneo che si trattasse della trasformazione di una procedura gia’ pendente; 2) la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d) e art. 57 e la carenza di motivazione sotto il profilo dell’omesso accertamento dell’impossibilita’ di procedere ad affidamento preadottivo.

Resistevano con controricorso i sigg. A. e C., con ricorso incidentale condizionato, in due motivi con cui deducevano la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44 e la carenza di motivazione nella ritenuta legittimazione attiva della sig. I. in nome della figlia sebbene l’appello fosse svolto nel solo interesse della prima.

Resisteva altresi’, con controricorso, la minore I.V., rappresentata dalla curatrice speciale avv. G.E..

All’udienza del 18 novembre 2009 il P.G. ed i difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Dev’essere preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e del ricorso incidentale condizionato dei sigg.

A. e C., entrambi proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

Ancora in via pregiudiziale di rito dev’essere esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione della signora I. a ricorrere in proprio.

L’eccezione e’ infondata.

Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza 3 Novembre 1999, n. 401, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimita’ costituzionale della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 56, comma 4, in relazione all’art. 313 c.c., non appare utile ai fini della legittimazione del genitore all’impugnazione la distinzione tra l’esercizio dell’azione in proprio e quella in nomine minoris, risedendo il fondamento della rappresentanza legale nell’assoluta incapacita’ del minore di esercitare i propri diritti, cosicche’ la cura degli interessi di questo e’ completamente affidata ai genitori (ovvero al tutore): tali soggetti non si limitano ad esprimere e rappresentare la volonta’ del minore, ma esercitano la potesta’ genitoriale in base ad una propria valutazione circa l’utilita’ e la convenienza per il minore degli atti da compiere.

Passando ora alla disamina del ricorso principale, si osserva che con il primo motivo la signora I. deduce la violazione della L. 4 maggio 1983, n. 184, artt. 44, 56 e 57, (Diritto dei minore ad una famiglia) e degli artt. 313, 314 c.c. e art. 737 c.p.c..

Il motivo e’ infondato.

La natura informale del procedimento camerale per l’adozione, in casi particolari, di un minore e’ espressamente affermata dall’art. 313 c.c., richiamato L. n. 184 del 1983, art. 56, comma 4. Discende da tale principio informatore l’assenza di alcun vincolo di rigida priorita’ temporale tra gli atti della procedura, restando unica esigenza da tutelare il preminente interesse del minore (art. 57 legge cit.). La prevalenza di tale interesse porta quindi a negare la sussistenza di un incolmabile lato processuale, non giustificato da incompatibilita’ di disciplina tra le due procedure camerali, rispettivamente, per la dichiarazione dello stato di adottabilita’ e per l’adozione in casi particolari: tanto piu’ che la prima e’ espressamente subordinata, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 11, comma 1, all’assenza di istanze di adozione c.d. mite, che ben possono sopravvenire, come nella specie, senza soluzione di continuita’.

Ne consegue che non vi sono preclusioni normative alla prestazione dell’assenso del genitore – dovendosi a tal riguardo, correggere la qualificazione dell’atto come “consenso”, non piu’ richiesto nel testo novellato della L. n. 184 del 1983, artt. 45 e 56 a seguito della dichiarazione d’illegittimita’, in parte qua, di tali norme (Corte cost. 18 febbraio 1988, n. 182) e sostituito con l’audizione del legale rappresentante del minore – non appena si prefiguri la possibilita’ di ricorrere all’adozione in casi particolari: come, nella specie, avvenuto per la constatata impossibilita’ dell’affidamento preadottivo, motivata dalla Corte territoriale con il forte legame affettivo che univa ormai la minore V. ai coniugi A. – C., la cui recisione avrebbe provocato traumi profondi nella sua psiche.

Del resto la finalita’ della procedura per la dichiarazione di adottabilita’ inizialmente in corso presuppone l’accertamento dello stato di abbandono e quindi la fine del vincolo con il genitore naturale: effetto piu’ grave di quello conseguente all’adozione cosiddetta mite L. n. 184 del 1983, ex art. 44 che invece consente la conservazione del rapporto. Non puo’ dunque considerarsi lesiva del diritto di difesa una dichiarazione di assenso del genitore biologico ad una forma di adozione meno severa nei suoi confronti, espressa nell’ambito della procedura per l’accertamento dello stato di abbandono.

Priva di pregio appare infine la doglianza, promiscuamente esposta, in forma generica e incidentale, circa la violazione del diritto di difesa per effetto della nomina del difensore d’ufficio solo all’udienza del 25 febbraio 2008 dinanzi al tribunale per i minorenni del Umbria. In realta’, tale nomina appare tempestiva, dopo che la signora I. aveva omesso di nominare un difensore di fiducia, benche’ previamente invitata in tal senso dal giudice delegato del tribunale per i minorenni con il decreto di convocazione per la sua audizione.

Al riguardo, la stessa sentenza impugnata da atto che prima della dichiarazione di assenso vi era stata un’adeguata consultazione con il difensore d’ufficio e con l’assistente sociale; giungendo quindi alla conclusione, correttamente motivata, che non vi sia stata alcuna violazione del diritto di difesa o vizio-motivo dell’assenso prestato: da ritenere, piuttosto, oggetto di un tardivo ripensamento.

Con il secondo motivo la ricorrente censura la violazione della L. n. 184 del 1983, art. 44, lett. d) e art. 57 e la carenza di motivazione sotto il profilo dell’omesso accertamento dell’impossibilita’ di procedere ad affidamento preadottivo.

Il motivo e’ inammissibile, risolvendosi in una difforme valutazione degli elementi di fatto apprezzati dalla Corte d’appello di Perugia, avente natura di merito, che non puo’ trovare ingresso in questa sede.

La corte territoriale ha infatti motivato l’impossibilita’ dell’affidamento preadottivo in considerazione dell’inscindibile rapporto affettivo venutosi a creare tra gli adottanti e l’adottanda I.V.. Nel confermare, sul punto, la valutazione del tribunale, essa ha sottolineato il pericolo di un trauma psichico che, alla luce delle esperienze vissute, avrebbe minato in modo definitivo il sentimento di fiducia della minore nei confronti della realta’ e degli adulti, con esiti catastrofici sul piano della salute mentale.

Tale affermazione si basa, testualmente, sulla relazione degli psichiatri che avevano esaminato l’adottanda e rilevato un notevole miglioramento delle condizioni cliniche e di sviluppo psichico dopo l’affidamento alla coppia A. – C., segnato dal pieno recupero del primitivo ritardo nello sviluppo psico – fisico globale.

Il ricorso e’ dunque infondato e va respinto; assorbito il ricorso incidentale condizionato dei sigg. A. e C..

La particolarita’ della fattispecie giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi; Rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale; Compensale spese processuali tra tutte le parti.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2010

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