Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25999 del 16/12/2016

Cassazione civile, sez. VI, 16/12/2016, (ud. 22/09/2016, dep.16/12/2016),  n. 25999

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19153-2015 proposto da:

I.B., R.G., L.C.D.,

R.P., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati TERESA TORNAMBE’,

GIOVANNI LO BELLO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE 80415740580, in persona del

Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei

Portoghesi n. 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza n. 264/2010 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata 1’01/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Giovanni Lo Bello difensore dei ricorrenti che

insiste per l’accoglimento del ricorso riportandosi agli scritti.

Fatto

IN FATTO

Con decreto n. 426 pubblicato il 26.10.2010 la Corte d’appello di Caltanissetta, provvedendo su ricorso ex L. n. 89 del 2001 proposto da L.C.D., C.T., Cr.Ca., Ra.An., I.B., R.G., R.P. e S.G. condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento dell’importo di Euro 9.187,00, a titolo di equa riparazione in favore di ciascuno dei ricorrenti. Tale decreto non era impugnato.

A distanza di alcuni anni il Ministero dell’Economia e delle Finanze ne chiedeva la correzione per un errore di calcolo contenuto nel quantificare l’indennità. Contro tale istanza resistevano I.B., R.G., R.P. e S.G., sul presupposto che questa mirasse a sovvertire il giudicato formatosi sulla liquidazione.

Con ordinanza del 1.7.2015 la Corte d’appello accoglieva la domanda e correggeva l’importo dovuto a ciascuno in Euro 6.437,50.

Preliminarmente la Corte nissena respingeva l’istanza d’interruzione del procedimento per la morte di Cr.Ca. e R.A., sia perchè non certificata in sede di notifica del ricorso per correzione d’errore materiale (notifica ricevuta a mani di rispettivi familiari conviventi), sia perchè dichiarata dal procuratore di parti diverse e per di più non dimostrata mediante apposita certificazione. Quindi, nel merito della richiesta correzione osservava che moltiplicando l’importo di Euro 750,00 annui per il ritardo di anni 8 e mesi 7, così come stabilito nel decreto, si otteneva, appunto, il minor importo di Euro 6.437,50.

Per la cassazione di tale ordinanza propongono ricorso L.C.D., I.B., R.G. e R.P..

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze resiste con controricorso.

Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con otto motivi d’impugnazione i ricorrenti deducono la violazione di legge e il vizio motivazionale, in relazione, rispettivamente, all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione del contraddittorio e della difesa e la violazione o falsa applicazione degli artt. 101, 299 e 300 c.p.c. e art. 276 c.p.c., comma 2, artt. 3 e 24 Cost., L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1 e 2, art. 6, par. 1, CEDU, l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso dalle parti e la violazione o falsa applicazione dell’art. 11 preleggi.

Oltre a contestare infrazioni procedimentali (in particolare, relative alla mancata interruzione del procedimento di correzione in seguito alla morte di R.A. e Cr.Ca.), gli odierni ricorrenti sostengono che il provvedimento di correzione avrebbe violato il giudicato formatosi sull’importo riconosciuto a titolo di equa riparazione, giacchè quest’ultimo, essendo stato liquidato in via equitativa, sarebbe insuscettibile di correzione per errore di calcolo.

2. – Il ricorso è in parte inammissibile ed in parte manifestamente infondato.

2.1. – Inammissibile lì dove censura pretese violazioni del procedimento di correzione, il quale mette capo ad un provvedimento ordinatorio non impugnabile per cassazione.

Ed infatti, il provvedimento di correzione di errore materiale, avendo natura ordinatoria, non è suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. neppure per violazione del contraddittorio, in quanto non realizza una statuizione sostitutiva di quella corretta e non ha, quindi, rispetto ad essa, alcuna autonoma rilevanza, ripetendo invece da essa medesima la sua validità, così da non esprimere un suo proprio contenuto precettivo rispetto al regolamento degli interessi in contestazione: dall’art. 288 c.p.c., comma 4 è, infatti, espressamente prevista l’impugnabilità delle parti corrette, che costituisce rimedio diretto esclusivamente al controllo della legittimità della disposta correzione (giurisprudenza costante di questa Corte: v. Cass. nn. 12034/10, 8543/04 e 11809/93).

2.2. – Infondato allorchè pretende l’inammissibilità della correzione per errore di calcolo.

La circostanza che ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 2-bis, comma 2, l’indennizzo per l’equa riparazione sia determinato a norma dell’art. 2056 c.c., e dunque cnn valutazione di tipo essenzialmente equitativo, non implica affatto che ove il giudice indichi, come deve indicare, i criteri di liquidazione seguiti e i calcoli effettuati per quantificare il dovuto in base ad un dato moltiplicatore annuo, il prodotto così ottenuto sia incorreggibile ancorchè, come nella specie, vistosamente errato. Nè la lettera nè lo spirito dell’art. 287 c.p.c. autorizzano a ritenere che i provvedimenti giurisdizionali basati su giudizi equitativi siano di per sè insuscettibili di correzione.

3. – Il ricorso va dunque respinto.

4. – Seguono le spese, liquidate come in dispositivo, a carico dei ricorrenti in solido tra loro.

5. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal pagamento del contributo unificato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido tra loro alle spese, che liquida in Euro 600,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 dicembre 2016

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