Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25995 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 15/10/2019), n.25995

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7888/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI in persona del Direttore pro

tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

con domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

GARDA PLAST s.p.a. in persona del suo legale rappresentante pro

tempore rappresentata e difesa dall’avv. Antongiorgio Litterio ed

elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. Andrea Di Lisa in

via degli Scipioni n. 268/A;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 5622/35/16 depositata il 3/11/2016 e notificata in data

19/01/2016;

Udita la relazione svolta nella adunanza camerale del 16 maggio 2019

dal Consigliere Dott. Succio Roberto.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza gravata la CTR lombarda rigettava l’appello dell’Ufficio e accoglieva parzialmente l’appello incidentale della società contribuente, confermando l’annullamento degli atti impugnati, inviti al pagamento per accisa su energia elettrica dal 2009 al 2012 e provvedimenti di irrogazione delle connesse sanzioni, contestualmente condannando l’Amministrazione Finanziaria a corrispondere gli interessi di legge sulle somme incassate non dovute, decorrenti dalla data del pagamento all’effettiva restituzione;

– ricorre a questa Corte l’Amministrazione Doganale con atto affidato a tre motivi; resiste con controricorso la GARDA PLAST s.p.a. e lo illustra con memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione del TUA, art. 52, comma 3, lett. f) e dell’art. 14 disp. preleggi c.c. (c.d. “preleggi”) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere erroneamente la CTR ritenuto che l’obbligo di trasmissione all’Ufficio dei dati relativi al consumo del mese precedente entro il giorno 20 di ogni mese non fosse previsto a pena di decadenza dall’agevolazione tariffaria in oggetto;

– il motivo è infondato;

– ritiene questa Corte, in assonanza con recente pronuncia alla quale si intende qui dare adesione e continuità, (Cass. 1985/2019) che la previsione normativa di riferimento, del TUA, art. 52, comma 3, lett. f), introdotta con D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26 di attuazione della direttiva 2003/96/CE che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità sia in sostanza chiara nel prevedere non la decadenza dal beneficio dalla violazione a seguito della mancata comunicazione entro il 20 giorno del mese in relazione al carburante consumato; trattasi infatti di una violazione meramente formale, per la quale non sono previste specifiche sanzioni;

– deve quindi confermarsi quanto già da questa Corte statuito, nel senso che caso di accise sull’energia elettrica utilizzata in opifici industriali aventi un consumo mensile superiore a 1.200.000 kWh (c.d. imprese autoproduttrici energivore), non determina di per sè la decadenza dal beneficio il fatto che il contribuente non abbia trasmesso, al competente Ufficio dell’Agenzia delle dogane, entro il giorno 20 di ogni mese, i dati relativi al consumo del mese precedente, quando la misura del consumo risulti in altro modo dimostrata, come nel caso di specie risulta anche dalla sentenza gravata;

– il secondo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del TUA, art. 56, comma 6 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per avere la CTR, commettendo errore di diritto, ritenuto dovuti gli interessi legali sulle somme versate e non dovute dalla società (a seconda dei periodi pari all’r/o e allo 0,50%); secondo l’Erario invece dovevano applicarsi gli interessi nella diversa misura al tasso di cui all’art. 79 TULD, che rimanda alla determinazione del tasso in oggetto ad opera di Decreti Ministeriali; tasso che in forza dei relativi atti regolamentari per il periodo in contestazione era stabilito nella diversa e minore misura dello 0,213% annuo;

– il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza;

– invero, secondo giurisprudenza costante di questa Corte Cass. Sez. U., Sentenza n. 9941 del 29/04/2009) la natura di atti meramente amministrativi dei decreti ministeriali rende ad essi inapplicabile il principio ” iura novit curia” di cui all’art. 113 c.p.c., da coordinarsi, sul piano ermeneutico, con il disposto dell’art. 1 preleggi (che non comprende, appunto, i detti decreti tra le fonti del diritto), con la conseguenza che, in assenza di qualsivoglia loro produzione nel corso del giudizio di merito, deve ritenersene inammissibile l’esibizione, ex art. 372 c.p.c., in sede di legittimità, dovendosi comunque escludere, ove invece gli atti e i documenti siano stati prodotti nel corso del giudizio di merito, la sufficienza della loro generica indicazione nella narrativa che precede la formulazione dei motivi, attesa la necessità della “specifica” indicazione della documentazione posta a fondamento del ricorso, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, che richiede la precisa individuazione della fase di merito in cui la stessa sia stata prodotta;

– e ancora, questa Corte ha pure recentemente ribadito come (Cass. Sez. L., Sentenza n. 15065 del 02/07/2014) tal natura di atto amministrativo dei decreti ministeriali osta all’applicabilità del principio “iura novit curia”; ne consegue che spetta alla parte interessata l’onere della relativa produzione, la quale non è suscettibile di equipollenti;

– nel presente caso, quindi, difettando sia la trascrizione in ricorso di tali atti (che sono meramente richiamati a pag. 27 del ricorso) sia l’indicazione del locus processuale nel quale sono stati eventualmente prodotti nei gradi del merito, il motivo va dichiarato inammissibile;

– il terzo motivo di ricorso, con il quale si censura la pronuncia gravata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, del TUA art. 52, comma 3, lett. f) e art. 56, comma 1, tutti in relazione con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la CTR annullato anche i provvedimenti sanzionatori, risulta assorbito nella decisione dei motivi che precedono;

– complessivamente, quindi, il ricorso è rigettato;

– alla luce del recente consolidarsi dell’orientamento giurisprudenziale contrario alla tesi del ricorrente, sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio, incluse le spese dovute per il giudizio di legittimità.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; liquida le spese in Euro 7.290,00 oltre al 15% spese generali, CPA ed IVA di legge che pone a carico di parte soccombente.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 15 ottobre 2019

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