Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25993 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 15/10/2019), n.25993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20548/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

RATIO s.r.l. in persona del suo legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 74/45/12 depositata il 21/06/2012 e non notificata;

Udita la relazione svolta nella adunanza camerale del 16 maggio 2019

dal Consigliere Dott. Succio Roberto;

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata la CTR rigettava l’appello dell’Ufficio e confermava la decisione di prime cure, con la quale si era annullata la cartella impugnata, emessa per IVA risultante dalla dichiarazione 2004 ed utilizzata in compensazione con altri tributi nel 2005 avendo la società contribuente aderito a partire da tal anno al regime dell’Iva c.d. “di gruppo” all’interno del quale secondo l’Erario andava utilizzato detto credito;

– ricorre avverso tal pronuncia a questa Corte l’Amministrazione Finanziaria, con atto affidato a tre motivi; la società contribuente è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo di ricorso si denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 e dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR deciso la controversia in favore del contribuente in forza di una ragione (la compensazione oggetto del recupero era stata legittimamente operata) non dedotta dalla contribuente in ricorso introduttivo del giudizio;

– il motivo è inammissibile, in quanto privo di autosufficienza non avendo parte ricorrente trascritto in ricorso il ricorso di primo grado, dall’esame del quale unicamente la Corte potrebbe verificare quanto dedotto nel mezzo in parola;

– il secondo motivo di ricorso denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 per avere la CTR disatteso la pretesa di maggior IVA ponendosi in contrasto con il giudicato interno formatosi per mancata contestazione da parte della società della pronuncia della CTP che escludeva la illegittimità della compensazione ma rideterminava le sanzioni nella misura del 30%;

– il motivo è inammissibile;

– dalla lettura attenta della sentenza della CTP, trascritta in ricorso per cassazione, è chiaro come il primo giudice abbia ritenuto legittima la compensazione (“…ritiene di attenuare il disagio del contribuente riconoscendogli la compensazione attuata, per quanto formalmente imperfetta. (sottolineatura aggiunta) Non accoglibile è, viceversa….);

– pertanto, non si era formato alcun giudicato sul fatto che la società non poteva operare detta compensazione, in quanto la CTP aveva viceversa ritenuto che detta compensazione era legittima; la CTR sul punto ha dimostrato poi di aver ben compreso tal statuizione; essa attesta infatti che l'”adita Commissione, con sentenza n. 306/01/10 del 16.03.2010, depositata in 29.07.2010, accogliendo in parte il ricorso, annullò il recupero dell’Iva, stante la natura formale dell’errore commesso…”;

– il terzo motivo censura la gravata sentenza per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, del D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, del D.M. Finanze 13 dicembre 1979, della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 63, del D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c.; in sintesi la CTR ha commesso, secondo il ricorrente, errore di diritto nel ritenere che la società potesse portare in compensazione nel periodo d’imposta 2005 il credito IVA derivante dalla dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2004, in quanto tal operazione era consentita sino al 31.12.2007 per le società che optavano per il regime c.d. di “Iva di gruppo”, regime applicabile alla contribuente – in forza di opzione – a partire dal 2005;

– questo terzo mezzo risulta invece fondato;

– questa Corte ha recentemente chiarito (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 12642 del 19/05/2017; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 24474 del 05/10/2018; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 25664 del 15/10/2018;) come in tema di liquidazione dell’IVA di gruppo, nel regime (applicabile “ratione temporis”) anteriore all’applicabilità della L. n. 244 del 2007, nel novero delle eccedenze detraibili che dovevano essere trasferite dalle società del gruppo alla controllante, rientravano anche quelle maturate in anni precedenti l’attivazione del regime predetto, con la conseguenza che la società controllata non poteva utilizzare le stesse per autonoma ed individuale compensazione ma doveva trasferirle alla controllante, atteso che l’espressione “eccedenza detraibile”, contenuta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 73, comma 3, alla luce del suo univoco tenore letterale, ha riguardo puramente e semplicemente all’eccedenza detraibile maturata dalla controllata, a prescindere dall’anno di maturazione dei crediti che la compongono, sicchè non è consentito all’interprete introdurre eccezioni o limitazioni all’ambito applicativo desumibile dal descritto tenore testuale; (nella specie, la S.0 ha cassato la sentenza impugnata, che aveva ritenuto individualmente compensabile nell’anno d’imposta 2004, da parte di una società controllata, il credito IVA da essa maturato nell’anno precedente, malgrado la stessa, a partire dall’anno d’imposta 2004, avesse optato per la liquidazione dell’IVA di gruppo);

– pertanto, il ricorso deve essere accolto limitatamente a quanto dedotto con il terzo motivo;

– non risultando necessari accertamenti in fatto, la causa può decidersi nel merito con il rigetto del ricorso originario del contribuente;

– la recente formazione dell’orientamento giurisprudenziale di cui sopra, al quale nella presente sede la Corte di dover dare continuità, giustifica la compensazione delle spese di tutti i gradi del giudizio.

P.Q.M.

rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2019.

Depositato in cancelleria il 15 ottobre 2019

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