Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2599 del 05/02/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2599 Anno 2014
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Moretti Emanuela, elettivamente domiciliata in Roma
P.zza Pitagora 9/a, presso lo studio degli Avv.ti
Gustavo Bacigalupo e Stefano Lucidi, che la
rappresentano e difendono, congiuntamente e
disgiuntamente, in forza di procura speciale a
margine del ricorso

ricorrente

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., elettivamente domiciliata in Roma Via dei
Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello
Stato, che la rappresenta e difende ex lege

controri corrente

avverso la sentenza n. 55/03/2008 della Commissione
Tributaria regionale del Lazio, depositata il
21/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 19/12/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
uditi

l’Avv.to

Stefano

Lucidi,

per

parte

ricorrente, e l’Avvocato dello Stato, Daniela
Giacobbe, per parte controricorrente;

Data pubblicazione: 05/02/2014

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Tommaso Basile, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Moretti Emanuela propone ricorso per cassazione,
affidato

a

quattro

motivi,

dell’Agenzia delle Entrate

nei

confronti

(che resiste con

controricorso), avverso la sentenza della

55/03/2008, depositata in data 21/07/2008, con la
quale – in una controversia concernente
l’impugnazione di un avviso di accertamento
inerente una rettifica (sulla base del nuovo valore
dell’ avviamento, definito, in sede di accertamento
con adesione, ai sensi del d.lgs. 218/1997,
dall’acquirente ai fini del pagamento dell’imposta
di registro), ai fini IRPEF, della plusvalenza
dichiarata dalla contribuente (elevata,
dall’Ufficio, da £ 1.500.000.000 a £
1.588.000.000), conseguente ad un atto di vendita,
registrato nel maggio 1999, di una farmacia – è
stata riformata la decisione n. 301/51/2006 della
Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che
aveva accolto il ricorso della Moretti.
In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto
che,

a

seguito

di

contestazione

da

parte

dell’Ufficio di un valore di avviamento
dell’azienda ceduta pari a £ 1.610.000.000 e di una
plusvalenza di £ 110.000.000 (calcolata sulla base
della
anni”),

“redditività media del 3% negli ultimi tre
l’acquirente Licari aveva, in sede di

accertamento con adesione, concordato un valore di
avviamento di £ 1.588.000.000, con una plusvalenza
di £ 88.000.000, senza che la Moretti, venditrice,
cui era stato notificato l’avviso di rettifica e di

2

Commissione Tributaria Regionale del Lazio n.

liquidazione inerente l’imposta di registro, nulla
opponesse, con conseguente piena legittimità della
tassazione, ai fini IRPEF, della plusvalenza in
base al valore della stessa accertato ai fini
dell’imposta di registro, spettando al contribuente
l’onere di provare il diverso valore di mercato del
bene ceduto.
La ricorrente ha anche depositato memoria ex

Considerato in diritto.
1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, ai
sensi dell’art.360 n. 4 c.p.c., la violazione e/o
falsa applicazione degli artt.112 c.p.c. e 42,
comma 2, DPR 600/1973, non avendo i giudici
tributari esaminato l’eccezione, sollevata dalla
Moretti, in appello, relativa, oltre che all’omessa
notifica alla medesima dell’avviso di rettifica
dell’imposta

di

alla

registro,

carenza

di

motivazione dell’avviso di accertamento, in quanto
motivato

esclusivamente

per

relationem

alla

definizione in adesione del valore di avviamento,
tra l’Amministrazione e la venditrice, procedura
cui essa acquirente non aveva potuto partecipare.
Il motivo è infondato, non ricorrendo nella specie
una violazione dell’art.112 c.p.c.,
giudici

tributari

espressamente

avendo
motivato

sull’eccezione sollevata dall’appellata, ai sensi
dell’art.42 DPR 600/1973,
ragioni

affermando che

“le

dell’accertamento del maggior valore

dell’avviamento risultano chiaramente espresse
nell’atto notificato, nel quale risultano anche le
modalità di calcolo utilizzato (redditività media
del 3% negli ultimi tre anni)”f„..
2.

Il secondo motivo di ricorso riguarda la

violazione e/o falsa applicazione, ex art.360 n. 3

3

art.378 c.p.c.

c.p.c., degli artt.54 DPR 917/1986-TUIR, 39 DPR
600/1973 e 2697 c.c., per avere i giudici tributari
assegnato efficacia diretta, anche ai fini delle
imposte dirette, al valore di avviamento
definitivamente accertato ai fini dell’imposta di
registro, anziché verificare la conformità
dell’accertamento, effettuato dall’Amministrazione
finanziaria, del reddito da plusvalenza
conseguente

ad

una

cessione

d’azienda, al corrispettivo effettivamente
conseguito.
Il motivo è infondato, avendo questa Corte più
volte affermato che

“in tema di accertamento del

reddito d’impresa, il valore di mercato determinato
in via definitiva in sede di applicazione
dell’imposta di registro può essere legittimamente
utilizzato dall’Amministrazione finanziaria come
dato presuntivo al fini dell’accertamento di una
plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di
cessione dell’azienda, restando a carico del
contribuente l’onere di superare la presunzione di
corrispondenza tra il valore di mercato ed il
prezzo incassato, mediante la prova, desumibile
dalle scritture contabili o da altri elementi, di
avere in concreto venduto ad un prezzo inferiore.
La diversità dei due tributi, escludendo la
necessaria coincidenza del predetti valori,
comporta peraltro che la riduzione eventualmente
conseguente alla definizione in via agevolata del
valore di mercato inizialmente assunto come
parametro per l’accertamento non spiega alcuna
incidenza ai fini della determinazione della
plusvalenza, consistendo quest’ultima nella
differenza tra il valore di acquisto e quello di
cessione del bene”(Cass.4057/2007; Cass.5070/2011).

patrimoniale,

3. Con il terzo motivo viene invocata la violazione
degli artt. 21 d.lgs. 546/1992, 13,7,8 e 9 d.lgs.
218/1997, 54 DPR 917/1986, applicabile
temporis,

ratione

e 39 DPR 600/1973, sempre ai sensi

dell’art.360 n. 3 c.p.c.. Il quesito di diritto,
richiesto dall’art.366 bis c.p.c.

(disposizione

questa operante, trattandosi di sentenza impugnata
pubblicata nel 2008), formulato dalla ricorrente

sia stato notificato un accertamento del reddito da
plusvalenza patrimoniale relativa al valore di
avviamento, realizzata a seguito di cessione di
azienda,

determinato

dall’Amministrazione

finanziaria sulla base del valore definitivamente
accertato anche per adesione al fini dell’imposta
di registro, sia precluso provare il diverso valore
di mercato in sede di contenzioso instaurato
avverso l’accertamento stesso”) è

inidoneo, in

quanto non coglie la ratio decidendi della sentenza
impugnata, nella quale si è invece affermato che,
in sede di contenzioso instaurato sull’avviso di
accertamento ai fini IRPEF, spetta al contribuente,
ove contesti la plusvalenza accertata ai fini
dell’imposta di registro, provare il diverso,
minore, valore di mercato del bene ceduto (ovvero
anche

dimostrando

non

di

aver

interamente

realizzato, in concreto, il valore di mercato
dell’azienda) .11 motivo è pertanto inammissibile.
4.

In ultimo, la contribuente censura l’omessa

motivazione della sentenza circa un fatto decisivo
e controverso, ai sensi dell’art.350 n. 5 c.p.c.,
in quanto sarebbe stato omesso l’esame delle prove
documentali

(assegni ed estratti-conto)

stessa offerte.

5

dalla

(“Dica la Suprema Corte se al contribuente al quale

Il motivo è, del pari, inammissibile per difetto di
autosufficienza (non si è in grado di comprendere
la rilevanza della documentazione bancaria addotta
in appello dalla contribuente e di cui si lamenta
il mancato esame, meramente elencata in ricorso) e
perché involge una valutazione di merito, preclusa
a questa Corte in presenza di un ragionamento

5. Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve
essere respinto.Le spese processuali, liquidate
come in dispositivo, in conformità del D.M.
140/2012, attuativo della prescrizione contenuta
nell’art.9, comma 2 ° , d.l. 1/2012, convertito dalla
1. 271/2012 (Cass.S.U. 17405/2012), seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte
ricorrente al rimborso delle spese processuali del
presente giudizio di legittimità, liquidate in
complessivi 4.000,00, a titolo di compensi, oltre
eventuali spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Quinta sezione civile, il 19/12/2013.

logico e coerente da parte dei giudici d’appello.

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