Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25989 del 20/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25989 Anno 2013
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso 645-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
2283

MORETTI FRANCESCA;
– intimata –

sul ricorso 4733-2008 proposto da:
MORETTI FRANCESCA, elettivamente domiciliata in ROMA
VIA SS.

PIETRO E PAOLO 50,

presso lo studio

Data pubblicazione: 20/11/2013

dell’avvocato TOMASSINI CLAUDIO, rappresentata e difesa
dall’avvocato FRANCIOSI GIOVANNI giusta delega in
calce;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;

avverso la sentenza n. 305/2006 della COMM.TRIB.REG. di
ROMA, depositata il 07/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/07/2013 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato GALLUZZO che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del
ricorso incidentale.

– intimato –

RITENUTO IN FATTO.
1. In data 28.6.03, veniva notificata a Moretti Francesca
ed a Moretti Paola, quali socie della società Agricola
D’Angelo s.r.1., una cartella di pagamento, emessa
dall’Amministrazione finanziaria ai fini IVA per l’anno
1984, recante l’intimazione di pagamento delle sanzioni
per la violazione, da parte della suddetta società, degli
633/72. L’atto faceva seguito ad un precedente avviso di
irrogazione delle sanzioni emesso nei confronti della
Agricola D’Angelo s.r.1., successivamente cancellata dal
registro delle imprese, nonché del liquidatore e coobbligato solidale con la stessa Francesco Moretti, poi deceduto; avviso consolidatosi all’esito di un contenzioso,
svoltosi nei tre gradi di giudizio, e conclusosi favorevolmente per l’Amministrazione finanziaria.
2. La cartella di pagamento veniva, quindi, impugnata da
Moretti Francesca e Moretti Paola – con separati atti introduttivi – dinanzi alla CTP di Roma, che respingeva il
ricorso. L’appello proposto, nel presente giudizio, da
Moretti Francesca veniva, del pari, rigettato dalla CTR
del Lazio con sentenza n. 305/34/06, depositata il
7.11.06. Con tale decisione, tuttavia, il giudice di appello, pur rigettando il gravame della contribuente, socia

della

predetta

società

estinta

a

seguito

dell’avvenuta cancellazione, dichiarava – nondimeno
nella motivazione e nel dispositivo della sentenza, non
dovute le sanzioni irrogate dall’Ufficio, sul presupposto
che, ai sensi dell’art. 8 d.lgs. 472/97, l’obbligazione
di pagamento delle stesse non fosse trasmissibile alle
Moretti quali eredi del deceduto liquidatore della società Agricola D’Angelo s.r.1., Moretti Francesco.
3. Per la cassazione della sentenza n. 305/34/06 ha proposto ricorso l’Agenzia delle Dogane articolando tre motivi, ai quali Moretti Francesca ha replicato con controricorso, contenente, altresì, ricorso incidentale affidato ad un solo motivo. La ricorrente ha depositato memoria
ex art. 378 c.p.c.

obblighi di fatturazione previsti dall’art. 21 d.P.R.

CONSIDERATO IN DIRITTO.
l. Con i tre motivi di ricorso – che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente – l’ Agenzia delle Entrate denuncia la contraddittorietà della motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., la violazione dell’art.
112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., nonché
tuale art. 2495) c.c. e 8 d.lgs. 472/97, in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c.
1.1. Si duole, anzitutto, l’Amministrazione finanziaria
del fatto che la CTR abbia, per un verso, ritenuto infondato l’appello della contribuente – in adesione alle tesi difensive dell’Ufficio, che aveva fondato la responsabilità della Moretti sul disposto dell’art. 2456 c.c. per altro verso, e del tutto contraddittoriamente, dichiarato non dovute le sanzioni, perché il relativo obbligo di pagamento non è trasmissibile agli eredi, ex
art. 8 d.lgs. 472/97. In tal modo, la CTR avrebbe – ad
avviso della ricorrente – finito col ribaltare l’esito
del giudizio, atteso che la cartella di pagamento impugnata non aveva altro oggetto che le sanzioni per violazione dell’obbligo di fatturazione, ex art. 21 d.P.R.
633/72.
1.2. La CTR sarebbe, dipoi, incorsa – a parere dell’ Amministrazione finanziaria – in palese ultrapetizione, in
violazione del disposto dell’art. 112 c.p.c., per avere
dichiarato intrasmissibili agli eredi le sanzioni, ai
sensi dell’art. 8 d.lgs. 472/97, sebbene nell’atto di appello la contribuente non avesse affatto introdotto tale
questione. Nell’atto di gravame, infatti, la Moretti si
sarebbe limitata a dedurre che non vi sarebbe stata, in
sede di liquidazione della cessata società Agricola
D’Angelo s.r.1., un’assegnazione in senso tecnico di beni
sociali che consentisse all’Ufficio di escutere i soci
per le sanzioni dovute dalla società, ma esclusivamente
il rimborso di un finanziamento effettuato dai soci stessi alla Agricola D’angelo s.r.1., a compensazione del

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la violazione e falsa applicazione degli artt. 2456 (at-

quale sarebbe stato ceduto loro il fabbricato già adibito
ad attività sociale.
1.3. Del tutto erroneo sarebbe, infine, da reputarsi, secondo l’Agenzia delle Entrate, il richiamo operato dal
giudice di appello al disposto dell’art. 8 d.lgs. 472/97,
a norma del quale l’obbligazione di pagamento delle sanzioni non si trasmette agli eredi, laddove la cartella di
cie dell’Agricola D’Angelo s.r.1., ai sensi dell’art.
2456 c.c., e non certo quali eredi del defunto liquidatore ed ulteriore socio di detta società, Moretti Francesco.
2. Il ricorso è fondato.
3. Non può revocarsi in dubbio, infatti, che la motivazione della decisione di appello sia,

in primis,

affetta

da grave vizio motivazionale, essendo la stessa connotata
da due affermazioni in insanabile contrasto tra loro e,
pertanto, tali da non consentire la ricostruzione
dell’esatta

ratio decidendi

del

decisum

adottato (cfr.

Cass.S.U. 25984/10).
3.1. Ed invero, per un verso, la CTR – condividendo, nella parte motiva della sentenza, le argomentazioni
dell’Agenzia delle Entrate circa l’effettiva attribuzione
ai soci, nel bilancio finale di liquidazione, di beni
idonei a consentirne l’escussione quali condebitori della
società Agricola D’Angelo s.r.1., per i debiti fiscali
gravanti sulla medesima – ha rigettando l’appello proposto dalla contribuente; come, del resto, si esprime anche
il dispositivo della decisione impugnata. Per altro verso, però, la CTR ha dichiarato non dovute le sanzioni irrogate alla Moretti, sul presupposto – del tutto erroneo,
per le ragioni che in prosieguo si esporranno – della non
trasmissibilità alle eredi del defunto liquidatore della
società dell’obbligo di pagamento delle sanzioni in parola.
3.2. E tuttavia, è di chiara evidenza che, in tal modo,
la CTR ha finito col contraddire radicalmente la decisione di rigetto del gravame della contribuente, contestual-

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pagamento era stato notificata alle due Moretti quali so-

I

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mente adottata, dal momento che la cartella di pagamento
impugnata dalla Moretti concerneva proprio, ed esclusivamente, le sanzioni per la violazione, da parte
dell’Agricola D’Angelo s.r.1., degli obblighi di fatturazione previsti dall’art. 21 d.P.R. 633/72.
3.3. Per tali ragioni, pertanto, la censura in esame deve
ritenersi pienamente fondata.
fetta dal denunciato vizio di ultrapetizione che ricorre
– dal lato del convenuto, nella specie il contribuente,
convenuto sostanziale a fronte della pretesa fiscale
azionata dall’Amministrazione finanziaria (Cass. 3338/11,
8316/12) – quando il giudice del merito, interferendo nel
potere dispositivo delle parti, rilevi d’ufficio un’eccezione che, essendo diretta ad invalidare l’avversa pretesa, può essere proposta soltanto dalla parte interessata
(cfr. Cass. 6476/97, 455/11). E, del pari, la CTR – a
giudizio della Corte – non ha fatto corretta applicazione
delle norme di cui agli artt. 8 d.lgs. 472/97 e 2456
c.c., la cui violazione costituisce oggetto del terzo motivo di ricorso.
4.1. E’ – per vero – anzitutto incontroverso tra le parti
del giudizio che la cartella di pagamento sia stata notificata a Moretti Francesca nella sua qualità di socia unitamente a Moretti Paola ed a Moretti Francesco, poi
deceduto – dell’Agricola D’Angelo s.r.1., a norma e per
gli effetti di cui all’art. 2456 c.c. (ora 2495 c.c.).
Tanto si evince, in verità, sia dalla sentenza impugnata,
laddove – nella parte narrativa – riferisce che le Moretti avevano impugnato le cartelle di pagamento, rispettivamente loro notificate, “quali soci della s.r.l. Agricola D’angelo in liquidazione”, sia dallo stesso controricorso della Moretti, nella parte in cui afferma che il
fondamento della pretesa erariale era stato individuato
dalla contribuente “nel principio generale espresso
dall’art. 2456 c.c.”.
4.2. Va rilevato – inoltre – che, nel caso concreto,
dall’esame dell’atto di appello trascritto nel ricorso

4. Ma la decisione di seconde cure appare, altresì, af-

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dell’Agenzia delle Entrate, nel rispetto del principio di
autosufficienza, si evince che la contribuente, nel proporre il gravame, si era limitata a dedurre che nel bilancio finale di liquidazione non vi era stata assegnazione alcuna di beni, essendo l’effettuata attribuzione
del fabbricato sociale alle due socie superstiti – nei
confronti delle quali sarebbe, peraltro, mancata anche
dell’Ufficio – finalizzata esclusivamente a compensare
l’erogazione di prestiti operati dalle Moretti alla Agricola D’Angelo s.r.l.
4.3. A tal riguardo va, difatti, osservato che, nella
previsione del previgente art. 2456 c.c., temporalmente
applicabile alla fattispecie concreta – in forza della
quale “dopo la cancellazione della società i creditori
sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti
nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme
da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi” – va ravvisata, in
coerenza con il principio (affermato dalla giurisprudenza
di legittimità nella vigenza di detta norma), secondo cui
la cancellazione della società dal registro delle imprese
non ne determina l’estinzione se e fino a quando permangano debiti sociali, una modificazione del rapporto obbligatorio dal lato passivo.
Per effetto di tale modificazione, infatti, all’obbligazione della società si aggiunge, “pro parte”, quella dei
singoli soci (oltre che dei liquidatori colpevoli; e ciò
quale ulteriore garanzia per i creditori insoddisfatti,
ai quali è data la facoltà di scelta fra l’agire contro
la società, non ancora estinta, ovvero contro i soci. E
tuttavia, come risulta dal chiaro tenore testuale della
norma, la responsabilità dei soci per le obbligazioni non
assolte è limitata alla parte da ciascuno di essi conseguita nella distribuzione dell’attivo; sicché il creditore, il quale intenda agire nei confronti del socio, è tenuto a dimostrare il presupposto della responsabilità di

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una preventiva attività di accertamento da parte

i

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quest’ultimo, e cioè che, in concreto, in base al bilancio finale di liquidazione, vi sia stata la distribuzione
dell’attivo risultante dal bilancio medesimo e che una
quota di tale attivo sia stata riscossa dal socio convenuto in giudizio (Cass. 19732/05, 10275/08, 11967/10).
4.4. Ebbene, nel caso di specie, la controversia si era
incentrata tra le parti proprio, ed esclusivamente, – covano l’avvenuta attribuzione di beni in sede di bilancio
finale di liquidazione dell’Agricola D’Angelo s.r.l.
E’ di tutta evidenza, pertanto, che l’affermazione della
CTR, laddove ha ritenuto applicabile al caso concreto il
disposto dell’art. 8 d.lgs. 472/97, a tenore del quale
“l’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi”, e quindi nella parte in cui ha ritenuto non trasmissibile alle eredi del defunto liquidatore
Moretti Francesco, l’obbligazione di pagamento delle sanzioni, esula del tutto dalle eccezioni proposte in giudizio dalla contribuente, e si traduce in una non corretta
qualificazione giuridica della fattispecie concreta, regolata esclusivamente dal disposto dell’art. 2456 c.c.
5. Per tali ragioni, dunque, il ricorso dell’Agenzia delle Entrate deve essere accolto.
6. Passando, quindi, all’esame del ricorso incidentale
proposto dalla Moretti, soccombente in appello sulla questione relativa all’applicabilità del disposto dell’art.
2456 c.c., va osservato che, con l’unico motivo di ricorso, la contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2456 c.c. e 36 d.P.R. 602/73, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
6.1. Avrebbe – difatti – errato la CTR, ad avviso della
Moretti, nel ritenere – sulla base di una non corretta
lettura dell’atto pubblico di trasferimento del bene e
del bilancio finale di liquidazione, dal quale non si rileverebbe la necessaria “simmetricità” tra il valore delle attività cancellate dal bilancio e la riduzione del
patrimonio netto sociale, realizzata mediante assegnazione dell’immobile ai soci – che le modalità con le quali è

me dianzi detto – sul fatto che le contribuenti contesta-

avvenuta, nel caso concreto, la cessione dell’immobile
appartenuto alla Agricola D’Angelo s.r.l. integrino la
fattispecie disciplinata dalle disposizioni succitate.
6.2. Il ricorso è inammissibile.
6.2.1. Ed infatti, la Moretti, sub specie della violazione di legge (artt. 2456 c.c. e 36 d.P.R. 602/73), muove,
in concreto, censure alla valutazione, da parte della
trasferimento del bene sociale oggetto di cessione ai soci superstiti (essendo deceduto l’altro socio che rivestiva, altresì, la qualità di liquidatore), onde inferirne la non corretta sussunzione del caso concreto nella
fattispecie regolata dalle disposizioni succitate.
6.2.2. Senonchè, non può certamente ricondursi nell’ambito del vizio di violazione o falsa applicazione di norme
di diritto, quale motivo di ricorso per cassazione ex
art. 360, n. 3, c.p.c., la deduzione con la quale si contesti al giudice di merito, non di aver errato nell’ individuazione della norma regolatrice della controversia,
bensì di avere erroneamente ravvisato, nella situazione
di fatto in concreto accertata, la ricorrenza degli elementi costitutivi d’una determinata fattispecie normativamente regolata. Siffatta valutazione comporta, invero,
– com’è del tutto evidente – non un giudizio di diritto,
bensì un giudizio di fatto, da impugnarsi, se del caso,
sotto il profilo del vizio di motivazione; censura, questa, nella specie non proposto dalla ricorrente in via
incidentale, mediata, a differenza della violazione di
legge, dalla contestata valutazione delle risultanze di
causa (cfr. Cass. 6224/02, 6653/05, 7394/10, 8315/13).
6.3. Ne consegue, pertanto, che il ricorso incidentale
proposto dalla Moretti non può che essere dichiarato
inammissibile.
7. L’accoglimento del ricorso principale comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari
ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio
del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384,

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CTR, del bilancio finale di liquidazione e dell’atto di

—8—

ESENTF.
Ai
N. 131

,

co. 1 c.p.c., rigetta il ricorso introduttivo della contribuente.
8. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno
poste a carico della resistente, nella misura di cui in
dispositivo. Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di
merito.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il ricorso principale e dichiara inammissibile
l’incidentale; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo
nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente; condanna la resistente alle spese del presente
giudizio, che liquida in

e 2.500,00, oltre alle spese

prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le
spese dei giudizi di merito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 4.7.13.

P.Q.M.

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