Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25986 del 20/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 25986 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

induttivo
questionario

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRANZINI ALMARD e MESSINA IvPhRIA TERESA,

in proprio e nella

qualità di soci legali rappresentanti della cessata PANIFICIO DA
AINARO DI FRANZINI ALVARD E C. snc,

rappresentati e difesi

dall’avv. Luigi Ernesto Zanoni ed elettivamente domiciliati in
Roma presso l’avv. Stefania Romeo alla via Mai° Clementi n. 18;
– ricorrenti contro
AGENZIA DELLE ENTRATE,

terpore,

in persona del Direttore generale pro

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma in via dei
Portoghesi n. 12;
– contzoricorrente

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
della Liguria, sezione 17, n. 123, depositata il 7 febbraio 2006;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26 aprile 2013 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
udito l’avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per la
contro ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Data pubblicazione: 20/11/2013

Generale Dott. Tommaso Basile, che ha concluso per il rigetto del
ricorso.
SMUIRESMILDEL PROCESSO

Alvaro Franzini e Maria Teresa Messina, in proprio e nella
qualità di soci legali rappresentanti della cessata snc Panificio
da Alvaro di Franzini Alvaro & C., propongono ricorso per
cassazione, sulla base di due motivi, nei confronti della
sentenza che, rigettandone l’appello, ha confermato la
2003, emesso ai fini dell’IRPEF e dell’ILOR per l’anno 1998
all’esito del riscontro al questionario inviato alla contribuente
ai sensi dell’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Secondo il giudice d’appello l’atto irrpositivo era basato
sui dati presentati nel bilancio della società allegati alla
dichiarazione dei redditi 1998 e su quelli del questionario, in
relazione ai quali era stato ricalcolato il volume d’affari della
società, “attenendosi alla check list ministeriale utilizzando
anche i dati forniti dal panificio nel questionario”.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Nem’ DELIA DECISIME
Con il primo motivo del ricorso i contribuenti, premesso
che i dati relativi all’acquisto ed al consumo di farina da essi
stessi indicati nel questionario erano erronei, come sarebbe
risultato dalle fatture, prodotte poi in sede contenziosa,
attestanti l’acquisto della farina, denunciano vizio di
motivazione per la mancata considerazione di fatti decisivi che
avrebbero condotto ad una diversa soluzione della controversia.
Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione e
violazione degli artt. 32 e 39, primo coma, lettera d), del
d.P.R. n. 600 del 1973, assumono, per un verso, di aver fornito
“la prova ai fini della ricostruzione reddituale e del volume
d’affari”, dimostrando così che i dati forniti in risposta al
questionario erano erronei, e si dolgono che non siano stati
assunti “i diversi dati provati in luogo dei dati forniti nel
questionario”; per altro verso, che i valori percentuali medi del
settore, “privi di riscontri oggettivi”, non potrebbero
giustificare presunzioni gravi e precise, in quanto “non
confortati da altre risultanze”.

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legittimità dell’avviso di accertamento, notificato il 2 agosto

Il ricorso, i cui due motivi vanno esaminati congiuntamente
perché strettamente legati, è infondato.
Nell’accertamento delle imposte sui redditi, infatti, con
riferimento al regime (applicabile ratione temporis, successivo
all’entrata in vigore della legge 18 febbraio 1999, n. 28) di cui
al quarto coma dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, “le
notizie e i dati non addotti, e gli atti, i documenti e i
registri non esibiti e non trasmessi in risposta agli inviti
del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede
amministrativa e contenziosa”.
Nella specie, tanto con il primo che con il secondo motivo
i ricorrenti muovono dall’assunto che gli elementi, i dati e le
notizie da essi stessi forniti in risposta all’invio del
questionario di cui al precedente primo coma, n. 4, erano
erronei, e dalla doglianza che i documenti successivamente
prodotti in giudizio non siano stati adeguatamente considerati
dal giudice d’appello.
La censura in tali termini formulata non disvela alcuna
violazione delle disposizioni in rubrica, atteso che l’ufficio è
abilitato a procedere all’accertamento induttivo – nella specie,
a ben vedere, analitico-induttivo -, “se l’incompletezza, la
falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella
dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione
delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art.
33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza della
veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle
fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa
nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei medi
previsti dall’art. 32”, e quindi anche mediante questionario:
l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di
passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni
semplici purché queste siano gravi, precise e concordanti.
La Commissione regionale, nel caso in esame, esaminati
“tutti i documenti allegati al ricorso, in particolare tutte le
fatture” – del cui mancato esame i ricorrenti, al contrario, si
dolgono – “incluse le pezze giustificative dello Sri Lanka; tutti
i conteggi dell’ufficio; tutte le motivazioni ed eccezioni

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dell’uffici non possono essere presi in considerazione a favore

’ESENTE

AI

N. 131

– N. 5

MATERIA TRIBUTARIA
proposte dalle parti”, ha ritenuto corretto l’accertamento,
osservando che “sulla base dei dati presentati nel bilancio della
società allegati alla dichiarazione dei redditi 1998 e di quelli
contenuti nella risposta del questionario ricevuto”, l’ufficio
aveva ricalcolato il volume d’affari della società, “attenendosi
alla check list ministeriale utilizzando anche i dati forniti dal
panificio nel questionario”.
In tale quadro non può, in particolare, dirsi che l’impiego
farina, fosse un valore assoluto “privo di riscontri oggettivi” e
“non confortato da altre risultanze”.
Il secondo motivo si rivela così diretto ad operare una
diversa ricostruzione dei fatti, inammissibile nella presente
sede, tanto più che la tenuta logica della motivazione della
sentenza impugnata non sembra censurabile in modo adeguato
muovendo dall’assunto che i dati forniti dagli stessi
contribuenti all’amministrazione con il questionario erano
erronei.
Il ricorso va pertanto rigettato.
La particolarità della fattispecie giustifica la
compensazione delle spese fra le parti.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara interamente compensate fra le parti le spese del
giudizio.
Così deciso in Roma il 26 aprile 2013.

della percentuale media di settore, relativa alla resa della

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