Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25986 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 15/10/2019), n.25986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12938/2012 R.G. proposto da:

M.G., rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Luigi De

Donno, con domicilio eletto presso l’Avv. Vincenzo Brunetti in Roma

via Crescenzio n. 43, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia – sez. staccata di Taranto n. 188/28/11, depositata il 6

dicembre 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 maggio

2019 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Letta la memoria depositata dall’Avv. Giovanni Luigi De Donno per il

contribuente.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– M.G. chiedeva, con istanza del 24 gennaio 1992, il rimborso del credito Iva maturato per l’anno 1983 dalla società M.Q. & C. Snc, e di cui egli era cessionario a seguito dello scioglimento della società, ricevendo, in data 11 agosto 1992, il pagamento del solo capitale, mentre restava inevasa la richiesta degli interessi a far data dal 5 giugno 1984, sicchè il contribuente presentava ricorso per decreto ingiuntivo innanzi al Tribunale di Taranto che declinava la propria competenza a favore del Tribunale di Lecce, che dichiarava la nullità dell’atto di riassunzione;

– in data 23 luglio 2004 M.G. reiterava l’istanza per il pagamento degli interessi e, a fronte del silenzio serbato dall’Ufficio, presentava ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Taranto, davanti a cui si costituiva l’Agenzia delle entrate deducendo che il ritardo era imputabile, per il periodo fino al 6 giugno 1990, al contribuente che non aveva depositato la documentazione richiesta fin dal 14 agosto 1984, e, inoltre, di aver provveduto a versare, in data 16 ottobre 2000, l’importo di Lire 16.379.500, residuando la somma di Lire 1.187.000, a saldo degli interessi effettivamente spettanti;

– l’impugnazione, accolta dalla CTP di Taranto, era rigettata dal giudice d’appello;

– M.G. propone ricorso per cassazione con cinque motivi; l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– va disattesa, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione per mancata sottoscrizione da parte del difensore, nella copia notificata, dell’autentica di firma in calce alla procura;

– è ormai consolidato l’orientamento secondo il quale “qualora l’originale del ricorso per cassazione o del controricorso (contenente, eventualmente, anche il ricorso incidentale) rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione ad opera del medesimo della sottoscrizione della parte conferentegli tale procura, la mancanza di detta firma e della menzionata autenticazione nella copia notificata non spiega effetti invalidanti, purchè la copia stessa contenga elementi – come l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente – idonei ad evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale” (da ultimo v. Cass. n. 1981 del 26/01/2018);

– nella specie, indipendentemente dalla mancata riproduzione della sottoscrizione dell’autentica di firma nella copia notificata, non vi sono elementi che inducano a dubitare del fatto che il ricorso, così come risultante dall’originale, provenga dal difensore munito di mandato speciale (avv. Giovanni Luigi De Donno); difensore che, in quanto tale, richiese la notificazione del ricorso medesimo all’ufficiale giudiziario presso la corte di appello di Napoli, come da questi attestato (v. avviso al cancelliere di avvenuta notificazione del 17/05/2012, riprodotto nel corpo del ricorso);

– il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2700,2697 c.c., e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, per aver la CTR ritenuto imputabile al contribuente il ritardo fino alla data del 6 giugno 1990 nell’erogazione del rimborso in base all’attestazione, riportata sull’originale della dichiarazione Iva, in cui si specificava che “la parte non ha presentato la documentazione richiesta” ritenendo l’atto dotato di fede privilegiata; lamenta, inoltre, l’incongrua valorizzazione dell’asserita inerzia del contribuente per il riconoscimento degli interessi poichè la documentazione ivi richiesta era relativa al rimborso del capitale e, comunque, era irrilevante in relazione al disposto di cui all’art. 38 bis;

– il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,1334,1335 c.c., e bis D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione – il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 345,112 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;

– il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1988,2697 c.c., art. 112 c.p.c., D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;

– il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1224 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per aver la CTR rigettato la richiesta del maggior danno da svalutazione monetaria per mancanza di prova;

– il primo motivo è fondato, restandone assorbiti il secondo, il terzo e il quarto;

– la CTR ha escluso il diritto al rimborso degli interessi in base al duplice assunto che, da un lato, l’attestazione riportata sulla dichiarazione Iva per il 1984 dimostrasse che la documentazione richiesta non era stata presentata e, dall’altro, che l’inerzia tenuta dal contribuente per sei anni fosse inspiegabile, neppure avendo provato di aver posto in essere in funzione del recupero del credito una qualsiasi attività fino al giugno 1990;

– occorre tuttavia osservare che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38 bis, solamente nel testo introdotto dal D.L. n. 90 del 1990, convertito nella L. n. 165 del 1990, prevede che nel calcolo degli interessi dovuti sulle somme da rimborsare non deve computarsi il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’amministrazione e la data di consegna di detti documenti da parte del contribuente;

– è ben vero che la suddetta disposizione – come affermato da questa Corte (Cass. n. 16092 del 22/07/2011) – trova applicazione anche con riguardo alle ipotesi in cui alla data della sua entrata in vigore l’Amministrazione non abbia ancora provveduto al rimborso ma ciò limitatamente alle sole richieste di chiarimenti dell’Ufficio che siano intervenute successivamente alla modifica della norma;

– ne deriva che è privo di rilievo che la richiesta sia o meno pervenuta, dovendosi escludere che la mancata ottemperanza alla richiesta di chiarimenti inviata in epoca anteriore al D.L. n. 90 cit., sia preclusiva del riconoscimento degli interessi;

– il quinto motivo è invece infondato;

– costituisce principio consolidato, da cui non vi è ragione di discostarsi, che, con riferimento alle pretese restitutorie vantate dal contribuente nei confronti dell’Erario, l’operatività del principio per cui, in caso di ritardato adempimento di un’obbligazione pecuniaria, può liquidarsi il danno da svalutazione monetaria, sempre che il creditore deduca e dimostri che un tempestivo adempimento gli avrebbe consentito di impiegare il denaro in modo tale da elidere gli effetti dell’inflazione e salva l’applicazione – imposta dalla specificità della disciplina dell’obbligazione tributaria – di un particolare rigore nella valutazione del materiale probatorio (Sez. U, n. 16871 del 31/07/2007; Cass. n. 26403 del 30/12/2010; Cass. n. 28332 del 18/12/2013; Cass. n. 7803 del 20/04/2016; Cass. n. 3331 del 08/02/2017; Cass. n. 16087 del 28/06/2017);

– la CTR si è attenuta a detto principio e, compiendo una valutazione di merito, ha ritenuto che i contribuenti non avessero soddisfatto al loro onere probatorio circa la ricorrenza del maggior danno da svalutazione monetaria che veniva da essi basata “su argomentazioni piuttosto generiche e non specificamente e puntualmente provate”;

– la censura, del resto, sostanzialmente sollecita un riesame di quanto accertato dalla CTR e della conseguente valutazione operata senza che, tuttavia, nulla in concreto venga in alcun modo illustrato limitandosi il ricorrente a dedurre, in termini del tutto generici, che “il ricorrente era imprenditore… e non pare dubitabile che un soggetto che svolga professionalmente attività imprenditoriale – e più in generale ogni creditore – risenta due volte un danno”.

– in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto, infondato il quinto, la sentenza va cassata nei limiti del motivo accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso del contribuente limitatamente alla richiesta di rimborso degli interessi residui, detratto l’importo già corrisposto dall’Ufficio;

– le spese, atteso il complessivo esito del giudizio e il solo parziale accoglimento del ricorso, vanno integralmente compensate per ogni fase e grado.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti il secondo, il terzo ed il quarto, infondato il quinto; cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso del contribuente limitatamente alla richiesta di rimborso degli interessi residui, detratto l’importo già corrisposto dall’Ufficio.

Compensa integralmente le spese per ogni fase e grado.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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