Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25985 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 16/05/2019, dep. 15/10/2019), n.25985

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10710/2012 R.G. proposto da:

Industria Vetraria Emar Srl, rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Giuseppe Tenchini e Fabio Franco, con domicilio eletto presso il

loro studio in Roma via F. de Sanctis n. 4, giusta procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 11/8/12, depositata il 27 gennaio 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 maggio

2019 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– Industria Vetraria Emar Srl impugnava l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate recuperava l’Iva per l’anno 2004 in relazione a nove cessioni intracomunitarie poste in essere con codici identificativi errati o cessati e irrogava le sanzioni per l’inesatta od irregolare compilazione dei modelli intrastat;

– l’impugnazione era accolta dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano; il giudice d’appello confermava la sentenza limitatamente alla ripresa Iva ed accoglieva il gravame dell’Ufficio in ordine alle sanzioni, D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 11, comma 4;

– la contribuente propone ricorso per cassazione con cinque motivi; l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

– il primo motivo denuncia la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 23 e 57, per aver la CTR ritenuto ammissibile l’appello dell’Ufficio in ordine alla domanda di conferma delle sanzioni D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 11, proposta per la prima volta in appello;

– il motivo è infondato: la richiesta di conferma delle sanzioni era già presente sin dal primo grado atteso che l’Ufficio – come risulta dalle stesse controdeduzioni riprodotte dalla contribuente aveva chiesto che fosse dichiarato legittimo l’operato dell’Ufficio (e, dunque, la totalità delle contestazioni contenute nell’avviso di accertamento) e che fosse respinto il ricorso della contribuente, che chiedeva l’annullamento dell’intero avviso (e, dunque, anche delle sanzioni);

– del resto, nel processo tributario di appello la novità della domanda deve essere verificata in stretto riferimento alla pretesa effettivamente avanzata nell’atto impositivo impugnato (v. Cass. n. 10806 del 28/06/2012), il quale, come è incontroverso, conteneva anche l’irrogazione delle sanzioni per l’errata compilazione dei modelli intrastat;

– il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis, e D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 11, comma 4, per aver la CTR ritenuto applicabile la sanzione nonostante il carattere formale della contestata violazione;

– il terzo motivo denuncia sulla medesima questione, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione;

– i motivi, da esaminare unitariamente per connessione logica, sono infondati;

– è ben vero che l’errata indicazione dei codici identificativi non osta al riconoscimento del regime di non imponibilità se la cessione sia stata effettivamente compiuta e la merce sia stata trasferita all’estero (v. da ultimo Cass. n. 25651 del 15/10/2018), ma ciò avviene solo se il contribuente abbia assolto il relativo onere della prova;

– la condotta inosservante, dunque, non è, di per sè, irrilevante od esente da responsabilità poichè l’indicazione erronea, omessa od incompleta non consente l’ordinario funzionamento del sistema di gestione degli scambi intracomunitari sotto il profilo fiscale e pregiudica l’attività di controllo dell’Ufficio;

– nessuna contraddizione è pertanto rilevabile nella statuizione del giudice d’appello, il quale, ai fini del riconoscimento del regime di non imponibilità (“sotto questo profilo”), ha, ritenuto, a fronte della prova fornita dalla contribuente, non influente l’errata indicazione, mentre, per quanto concerne l’attività di controllo dell’Amministrazione (poichè “l’onere del controllo sui dati comunicati dai clienti comunitari era del contribuente”), ha ritenuto legittima la sanzione;

– il quarto motivo denuncia nullità della sentenza D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 36, e art. 132 c.p.c., per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo avendo la CTR ritenuto, nella prima, la legittimità della “sanzione irrogata, per incompleta, inesatta o irregolare compilazione dei modelli intrastat D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 11, comma 4,” e, nel secondo, disposto che “la Commissione, in parziale accoglimento dell’appello, dichiara dovuta la sola sanzione dell’importo di Euro 196.988,75”, riferendosi all’importo per la totalità delle sanzioni irrogate;

– il quinto motivo denuncia, sulla medesima questione, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 11, comma 4, per aver quantificato la sanzione in misura superiore a quanto contestato con l’avviso di accertamento e ai massimi edittali previsti dalla norma;

– il quarto motivo è inammissibile;

– questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di contenzioso tributario, il contrasto tra formulazione letterale del dispositivo (nella specie, indicazione dell’importo complessivo delle sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento) e pronuncia adottata in motivazione (nella specie, conferma della sanzione irrogata per incompleta, inesatta o irregolare compilazione dei modelli intrastat D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 11, comma 4), che non incida sull’idoneità del provvedimento, considerato complessivamente nella totalità delle sue componenti testuali, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, non integra un vizio attinente al contenuto concettuale e sostanziale della decisione, bensì un errore materiale, emendabile con la procedura prevista dall’art. 287 c.p.c., (applicabile anche nel procedimento dinanzi alle commissioni tributarie), e non denunciabile con l’impugnazione della sentenza (Cass. n. 668 del 15/01/2019; Cass. n. 22433 del 26/09/2017);

– nella specie, dalla semplice lettura della motivazione della sentenza impugnata si coglie l’esplicita ed univoca adesione del giudice di merito alle critiche esposte dall’Agenzia avverso la sentenza di primo grado con riguardo alla legittimità della sola sanzione irrogata cit. ex art. 11, comma 4, e nello stesso dispositivo emerge con chiarezza l’intento di riferirsi ad una “sola sanzione” e, dunque, a quella indicata nella motivazione, ancorchè poi indicata nel diverso importo pari alla totalità delle sanzioni contenute nell’avviso;

– ne deriva che la statuizione espressa in dispositivo era frutto univoco di errore materiale emendabile con la procedura sopra ricordata;

– per le medesime ragioni è parimenti inammissibile il quinto motivo, non ponendosi un errore in diritto ma, semplicemente, un errore materiale;

– il ricorso va pertanto rigettato;

– le spese, attesa la peculiarità della vicenda e l’esito complessivo del giudizio, vanno compensate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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