Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25981 del 16/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 16/11/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 16/11/2020), n.25981

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 713-2020 proposto da:

E.J., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCO BERETTI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12, ope legis;

– COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE

INTERNAZIONALE DI FOGGIA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO

presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12,

ope legis;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2129/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 15/10/2019 R.G.N 194/2018;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza del 15 ottobre 2019, la Corte d’Appello di Bari, confermava la decisione resa dal Tribunale di Bari e rigettava la domanda proposta da E.J. nei confronti del Ministero dell’Interno, della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Bari con successivo intervento del Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Bari avente ad oggetto la concessione dello status di rifugiato, in subordine, la concessione della protezione sussidiaria, ed, in ulteriore subordine, la concessione della protezione umanitaria;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’inattendibilità del racconto dalla quale fa discendere l’insussistenza di un pericolo per l’incolumità dell’istante che possa derivare dalla persecuzione personale conseguente al proprio orientamento sessuale o da una più generale situazione di violenza generalizzata che caratterizzi il Paese di provenienza, la Nigeria, per essere il teatro di azione di bande terroristiche legate a Boko Haram concentrato in ambiti territoriali diversi dalla zona di origine dell’istante con conseguente esclusione del diritto tanto al riconoscimento dello status di rifugiato quanto della protezione sussidiaria, nonchè l’assenza, anche in considerazione del difetto di prova di qualsiasi forma di integrazione, anche sopravvenuta, nel contesto nazionale, di ragioni di vulnerabilità che facciano apparire il rimpatrio idoneo a compromettere l’esercizio da parte dell’istante di diritti fondamentali, assenza su cui fonda il rigetto della domanda di protezione umanitaria;

che per la cassazione di tale decisione ricorre E.J., affidando l’impugnazione ad un unico motivo, in relazione alla quale il Ministero dell’Interno si è limitato a rilasciare delega per la difesa nell’udienza di trattazione mentre la Commissione non ha svolto alcuna difesa;

che il Pubblico Ministero presso questa Corte ha fatto pervenire la sua requisitoria, concludendo per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, censura la decisione della Corte territoriale in ordine al rigetto della domanda di concessione della protezione umanitaria, assumendo che il diniego della ricorrenza, in caso di rientro in patria, di un effettivo rischio di essere esposto a trattamenti umani e degradanti sia conseguenza della violazione del dovere, dalla legge imposto al giudice, di avvalersi, ai fini dell’accertamento istruttorio, dei propri poteri d’ufficio;

che l’unico motivo, con il quale il ricorrente ha inteso censurare la sola decisione di rigetto della domanda di concessione della protezione umanitaria e ciò evidentemente per essersi il ricorrente persuaso della validità del giudizio espresso dalla Corte territoriale in ordine all’inattendibilità di quanto dal ricorrente stesso dichiarato al fine di fondare, in sede amministrativa prima e giudiziaria poi, la domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato e in subordine alla concessione della protezione sussidiaria, giudizio da ritenersi peraltro oggettivamente corretto, in quanto, lungi dal fondarsi su una valutazione atomistica, connotata da una scomposizione/dissociazione/confutazione degli elementi in fatto esposti, investe il racconto nel suo complesso, essendo chiaramente inteso a negare il fatto dedotto, l’omosessualità del ricorrente, attraverso l’evidenziazione in dettaglio delle numerose e palesi antinomie che ne punteggiavano le singole dichiarazioni (basti considerare, a dimostrazione della inconsistenza di una diversa lettura, l’accento posto dalla Corte territoriale sull’approssimativa descrizione dal ricorrente data del compagno, “è chiaro come me, un poco grasso e più basso di me” e, soprattutto, sull’essergli del tutto ignota la data di nascita, circostanza giustificata con l’affermazione di non aver mai festeggiato il suo compleanno) e perciò tale da delimitare in questa sede il thema decidendum, del resto in piena conformità con il principio dispositivo cui è soggetto anche il tipo di processo in questione, sì rivela del tutto infondato, avendo la Corte d’Appello, con riguardo alla domanda di protezione umanitaria, dato corso ad un accertamento autonomo rispetto ai fatti addotti a giustificazione dell’allontanamento dal Paese di provenienza (cfr. Cass. 18.4.2019, n. 10922 e Cass. 21.4.2020, n. 8020), avente riguardo, in coerenza con l’orientamento invalso nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 23.2.2018, n. 4455), ad una condizione di vulnerabilità valutata in rapporto sia allo sradicamento dal contesto nazionale, qui escluso in ragione dell’assenza di qualsiasi forma di integrazione in Italia sia alla possibilità di compressione di un diritto assoluto all’atto del rimpatrio, qui non ravvisata in quanto neppure dedotta.

– che, pertanto, il ricorso va rigettato senza attribuzione delle spese per non aver il Ministero e la commissione territoriale svolto alcuna attività difensiva.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020

 

 

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