Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25980 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. I, 24/09/2021, (ud. 23/06/2021, dep. 24/09/2021), n.25980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16887/2017 proposto da:

M.F., elettivamente domiciliato in Roma, Piazzale delle

Medaglie d’Oro n. 20, presso lo studio dell’avvocato Moriani

Gianluca, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

e contro

Banca di Credito Cooperativo di Roma S.C., quale incorporante la

Banca della Tuscia Credito Cooperativo S.C.p.a. in A.S., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Giovanni Antonelli n. 50, presso lo studio dell’avvocato

Leproux Alessandro, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in Roma Piazzale

Medaglie d’Oro n. 20, presso lo studio dell’avvocato Moriani

Gianluca, che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

F.M., elettivamente domiciliato in Roma Via Aurelia n. 424,

presso lo studio dell’avvocato Mangione Riccardo, che lo rappresenta

e difende, unita mente all’avvocato Parenti Massimiliano, giusta

procura in calce al controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e sul ricorso successivo:

F.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Aurelia n.

424, presso lo studio dell’avvocato Mangione Riccardo, che lo

rappresenta e difende, unitamente all’avvocato Parenti Massimiliano,

giusta procura in calce al ricorso;

e contro

Banca di Credito Cooperativo di Roma S.C., quale incorporante la

Banca della Tuscia Credito Cooperativo S.C.p.a. in A.S., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Giovanni Antonelli n. 50, presso lo studio dell’avvocato

Leproux Alessandro, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1298/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/06/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con atto di citazione notificato il 28/1/2008 la Banca della Tuscia Credito Cooperativo Soc. Coop. P.A. propose azione di responsabilità ex artt. 2392 c.c. e segg., nei confronti di tutti coloro che, nel periodo intercorso tra il 2003 ed il 2006, avevano ricoperto cariche sociali in seno al Consiglio di amministrazione, nonché nei confronti del Direttore generale M.F., chiedendo la condanna dei convenuti in solido all’integrale risarcimento dei danni cagionati alla stessa Banca per violazione dei doveri loro rispettivamente incombenti e per i fatti dedotti in citazione, oltre interessi, risarcimento del maggior danno e rifusione delle spese di lite.

Per quanto interessa, instauratosi il contraddittorio, F. e M. contestavano integralmente quanto sostenuto dalla Banca, sia con riguardo all’an sia al quantum.

Nel corso del giudizio, la Banca dette atto dell’intervenuta transazione parziale, approvata dall’assemblea della Banca in data 18/1/2009, avente ad oggetto le quote di responsabilità di alcuni degli originari convenuti, con espressa salvezza del residuo credito risarcitorio nei confronti dei convenuti che non avevano transatto. In data 20/5/2011 la Banca ridusse ulteriormente la propria domanda e precisò che, per effetto di transazioni successive, l’azione doveva ritenersi coltivata nei soli confronti di M. (ex direttore generale) e F. (ex consigliere del consiglio di amministrazione).

Con sentenza n. 949/2013 il Tribunale di Civitavecchia dichiarò cessata la materia del contendere nei confronti di tutti i convenuti ad esclusione di M. e F., che condannò in solido, quali unici soggetti rimasti nel giudizio, al risarcimento dei danni ex artt. 2392 c.c. e segg. (responsabilità verso la società), quantificati in Euro 1.813.689,03, oltre interessi e spese legali.

Proposti separati appelli da M. e F., le cause vennero riunite.

La Corte di appello di Roma ha parzialmente accolto gli appelli.

In particolare, ha confermato la declaratoria di responsabilità degli appellanti, ed ha affermato che “la responsabilità dell’appellante F.M. non può essere frazionata, come richiesto, e che egli risponde, al pari del M. e degli altri amministratori e sindaci, per l’intero danno determinato, con la sua condotta colposa, alla Banca della Tuscia, danno che è stato liquidato equitativamente dal giudice nella misura complessiva di Euro 1.528.055,63, ai sensi dell’art. 1226 c.c., stante l’impossibilità o l’estrema difficoltà di specificare l’esatto ammontare delle perdite e che comunque coincide con la stima del danno effettuata dal CTU Dott. V.. E’ invece fondato e merita accoglimento il quarto motivo di appello, afferente alla omessa considerazione delle transazioni intervenute nel corso del giudizio. Ed invero la Banca, dopo avere chiesto la condanna solidale dei ventitre convenuti, nel corso del giudizio di primo grado ha transattivamente definito la propria pretesa con ventuno di essi, percependo la somma di Euro 8.700,00, da ciascun di loro, come è pacifico in causa” (fol. 12/13 della sent. imp.).

Quindi, dopo avere riscontrato che il Tribunale aveva condannato i due convenuti rimasti in giudizio al pagamento della somma di Euro 1.831.689,03, comprensiva della rivalutazione e degli interessi compensativi sulla somma di Euro 1.528.055,63, imputata a titolo di risarcimento del danno globalmente considerato, ha affermato che la pretesa azionabile nei loro confronti doveva essere proporzionalmente ridotta, secondo l’insegnamento delle Sez. U. n. 30174/2011, con detrazione delle somme pagate dai condebitori coobbligati a titolo di transazione con la Banca. Ha, quindi detratto la somma di Euro 182.700,00 (pari all’importo di Euro 8.700,00 moltiplicato per le ventuno transazioni) dal totale del danno liquidato dal Tribunale e condannato i condebitori in solido rimasti in causa, M. e F., al pagamento della somma di Euro 1.518.382,09, comprensiva del danno, della rivalutazione e degli interessi legali composti, oltre agli interessi legali.

Quanto alla regolazione delle spese, la Corte di appello ha dichiarato compensate tra le parti le spese di giudizio di entrambi i gradi in ragione di 1/3 e condannato l’appellata alla rifusione in favore degli appellanti dei restanti 2/3, come liquidati in dispositivo.

F.M. ha proposto ricorso per cassazione con due mezzi; M. ha proposto separato ricorso con un mezzo; la Banca di Credito Cooperativo di Roma S.c.p.A., in Amministrazione Straordinaria, quale incorporante della Banca della Tuscia Credito Cooperativo S.C. P.A. in A.S., ha replicato con controricorso e ricorso incidentale con due mezzi.

F. e M. hanno replicato con separati controricorsi al ricorso incidentale svolto dalla Banca. F. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo del ricorso principale F. denuncia la violazione e falsa applicazione, con riferimento all’art. 112 c.p.c., degli artt. 1292 e 1304 c.c., come interpretati sul punto da Cass. Sez. U. n. 30174/2011.

Il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ridotto l’importo dovuto a titolo di risarcimento nella misura (minore) degli importi in concreto transatti e versati dai condebitori solidali e non per quote ideali, secondo il dettato delle Sez. U. n. 30174/2011, pure richiamato dalla Corte distrettuale nel provvedimento impugnato.

1.2. Con il secondo motivo F. denuncia la medesima violazione sotto i seguenti ulteriori profili: la transazione conclusa da parte degli altri coobbligati aveva previsto il pagamento di una somma inferiore alla quota ideale gravante su ciascun debitore transigente; la Banca nella transazione P. aveva previsto di proseguire l’azione intrapresa “solo ed esclusivamente nei limiti della loro quota proporzionale di responsabilità solidale”, dando vita ad una transazione aperta perché il creditore aveva dichiarato di voler estendere gli effetti della transazione ai condebitori non transigenti; F. nella comparsa conclusionale aveva dichiarato di voler profittare della transazione, da configurarsi come atto a favore del terzo ex art. 1411 c.c..

2. Con l’unico motivo del proprio ricorso, M. denuncia la violazione dell’art. 1298 c.c., comma 2 e art. 2055 c.c., comma 3 e l’errata applicazione dei principi di diritto e dei criteri di computo espressi da Cass. Sez. U. n. 30174/2011 in tema di effetti della transazione parziale nell’ambito dell’obbligazione solidale.

Sostiene anche che l’arbitrario calcolo compiuto dalla Corte di appello era suscettibile di determinare un’ingiusta locupletazione in capo alla Banca, in violazione dell’art. 2041 c.c..

3.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale la Banca denuncia la violazione dell’art. 115 c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 3 e dell’art. 2697 c.c..

La Banca sostiene che, avendo dato atto degli accordi intervenuti con gli altri ventuno condebitori solidali, aveva chiesto che venisse dichiarata la cessazione della materia del contendere nei confronti delle parti di questi accordi e la limitazione della condanna nei confronti di M. e F. “nei limiti delle quote di responsabilità dagli stessi assunte”.

A suo parere, se M. e F. avessero voluto avvalersi degli effetti delle transazioni al fine della determinazione del residuo credito, avrebbero dovuto chiedere l’ordine di esibizione delle stesse, essendo loro onere provare gli accordi, ma ciò non avevano fatto, limitandosi a depositare la transazione P..

Secondo la Banca la decisione è errata perché la Corte di appello avrebbe tenuto conto della documentazione irritualmente acquisita, violando l’art. 345 c.p.c., comma 3 e art. 115 c.p.c. e l’art. 2697 c.c., comma 2. Inoltre, avrebbe dato erroneamente per pacifico che le transazioni erano state concluse per il medesimo importo di Euro 8.700,00, circostanza che non risultava dagli atti.

3.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..

La censura critica la statuizione con cui la Corte di appello ha condannato la Banca alla rifusione delle spese di giudizio per i due gradi nella misura di 2/3 in quanto parte maggiormente soccombente, sostenendo che non è possibile dedurre l’iter decisionale sul punto.

4.1. I ricorsi proposti possono essere trattati congiuntamente perché affrontano questioni giuridiche strettamente collegate.

Segnatamente i ricorsi proposti da F. e M. sono fondati e vanno accolti; il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla Banca è inammissibile, mentre il secondo va dichiarato assorbito.

4.2. Risulta decisivo rammentare preliminarmente che “La responsabilità degli amministratori e dei sindaci di società ha natura solidale, ai sensi dell’art. 1292 c.c. e tale vincolo sussiste – tanto quando la responsabilità sia contrattuale, quanto ove essa sia extracontrattuale – anche se l’evento dannoso sia collegato da nesso eziologico a più condotte distinte, ciascuna delle quali abbia concorso a determinarlo, restando irrilevante, nel rapporto col danneggiato, la diversa valenza causale. Pertanto, in caso di transazione fra uno dei coobbligati ed il danneggiato, l’art. 1304 c.c., comma 1, si applica soltanto se la transazione abbia riguardato debito solidale, mentre, laddove l’oggetto del negozio transattivo sia limitato alla sola quota del debitore solidale stipulante, la norma resta inapplicabile, così che, per effetto della transazione, il debito solidale viene ridotto dell’importo corrispondente alla quota transatta, producendosi lo scioglimento del vincolo solidale tra lo stipulante e gli altri condebitori, i quali, di conseguenza, rimangono obbligati nei limiti della loro quota” (Cass. n. 16050 del 08/07/2009); ciò perché l’art. 1304 c.c., comma 1, si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito e non la sola quota del debitore con il quale è stipulata, poiché è la comunanza dell’oggetto della transazione che comporta, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene, pur non avendo partecipato alla sua stipulazione, mentre nel caso in esame le plurime transazioni dell’obbligazione solidale avvennero per quota – posto che non risulta il contrario, né la banca ha sostenuto di avere transatto l’intero debito -, collocando così la concreta fattispecie al di fuori del campo di applicazione dell’art. 1304 c.c., comma 1.

4.3. Tanto puntualizzato, va rimarcato che, con la sentenza n. 30174 del 30/12/2011, le Sezioni Unite, in relazione agli effetti della transazione che abbia riguardato solo la quota del condebitore solidale, hanno, quindi, affermato che “Ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto” (conf. Cass. n. 22231 del 20/10/2014; Cass. n. 17893 del 27/08/2020).

4.4. Ne consegue che la decisione impugnata è errata laddove risultano detratte, dall’importo complessivo liquidato a titolo risarcitorio, solo le somme effettivamente incassate dalla banca all’esito delle transazioni parziali, pur se inferiori all’ammontare delle rispettive quote ideali.

Invero, in caso di transazione stipulata dal creditore solo con uno o alcuni dei coobbligati o comunque di adempimento parziale di una obbligazione solidale, gli effetti sono diversi a seconda che la somma incassata dall’accipiens sia pari o superiore alla quota virile gravante sul condebitore solvens, oppure la somma incassata sia ad essa inferiore. Nel primo caso, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto; se, invece, la somma versata è stata inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo (come la sentenza impugnata ha constatato nel caso in esame), il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota ideale di chi ha transatto.

4.5. Per tali motivi risultano fondati i ricorsi di F. e M..

4.6. Quanto al primo motivo del ricorso incidentale della Banca di Credito Cooperativo di Roma, inammissibilmente generica si mostra la censura (parrebbe per violazione dell’art. 115 c.p.c.) relativa all’accertamento, espresso dalla Corte di merito in sentenza, circa la non contestazione in causa della percezione da parte della banca della somma di Euro 8.700,00 da ciascuno dei 21 convenuti con i quali aveva transatto la controversia. Il controricorso si limita invero ad affermare che sarebbe stato “indiscusso l’avvenuto raggiungimento dei 21 accordi, ma non anche il contenuto ed il valore di essi”, astenendosi dal precisare il contenuto – e la collocazione nel fascicolo processuale – degli atti di causa dai quali desumere che la non contestazione fosse contenuta in tali limiti, in tal modo violando il disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Parimenti inammissibile si mostra poi l’ulteriore censura (per violazione degli artt. 345 e 115 c.p.c.) espressa nel motivo, avverso la ritenuta (dalla Corte di merito) ammissibilità della produzione in appello di uno degli atti di transazione intervenuti tra le parti (dopo il maturarsi delle preclusioni istruttorie in primo grado). Trattandosi invero di censura avverso una ulteriore ratio a sostegno dell’individuazione delle somme versate in esecuzione delle transazioni, la ritenuta inammissibilità della censura avverso la distinta ed assorbente ratio basata sul carattere incontroverso di tale circostanza rende privo di interesse per la ricorrente l’eventuale accoglimento della censura in esame.

4.7. Il secondo motivo del ricorso incidentale, avente ad oggetto la statuizione della sentenza impugnata inerente al regolamento delle spese del giudizio di merito, resta assorbito dalla cassazione della sentenza stessa in accoglimento dei ricorsi di F. e M..

5. In conclusione vanno accolti i ricorsi proposti da F. e M.; va dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla Banca, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata rinviata alla Corte di appello di Roma in diversa composizione per il riesame alla luce dei principi espressi, nonché per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

PQM

– Accoglie i ricorsi proposti da F. e M., dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla Banca ed assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione anche per le spese;

– Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13 comma 1 bis, (Cass. S.U. n. 23535 del 20/9/2019).

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

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