Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25980 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 05/12/2011), n.25980

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, DI MEGLIO ALESSANDRO, TADRIS PATRIZIA, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AMITERNO

3, presso lo studio dell’avvocato NOTARMUZI STEFANO, rappresentato e

difeso dall’avvocato CINQUE LUIGI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1081/2006 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 14/12/2006 r.g.n. 299/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato CALIULO LUIGI per delega TADRIS PATRIZIA;

udito l’Avvocato AGAZZI FABIO per delega CINQUE LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7 novembre 2002, passata in giudicato, la Corte d’appello di L’Aquila aveva confermato la decisione di primo grado, relativamente alla condanna della s.r.l. Baltour Ciarrocchi Autotrasporti a reintegrare nel posto di lavoro il suo dipendente R.A., licenziato il 31 luglio 2000, riformandola unicamente per ciò che riguarda le conseguenze risarcitorie, commisurate dalla Corte territoriale alla differenza tra le retribuzioni perdute dal lavoratore dalla data di licenziamento a quella della reintegrazione e l’ammontare dell’indennità di disoccupazione percepita dall’INPS nel medesimo periodo, con la conseguente condanna del R., poi spontaneamente eseguita, a restituire alla datrice di lavoro l’importo corrispondente a quest’ultima.

Successivamente l’INPS aveva chiesto ed ottenuto un decreto ingiuntivo relativo alla restituzione, da parte del R., dell’importo dell’indennità di disoccupazione erogata, in quanto risultata non dovuta, a seguito della sentenza di annullamento del licenziamento con gli effetti reintegratori di cui all’art. 18 S.L. Il relativo giudizio si è concluso con l’accoglimento dell’opposizione del R., confermato, con sentenza depositata il 14 dicembre 2006, dalla Corte d’appello di L’Aquila.

In proposito, la Corte territoriale ha rilevato che, in presenza della condanna esecutiva del R. “alla restituzione all’ex datore di lavoro (…), emerge che l’Istituto non poteva rivolgersi al R., non vertendosi in materia di indebito da parte di quest’ultimo, ma doveva agire soltanto nei confronti della s.r.l.

Baltour., per arricchimento senza causa” ed ha infine aggiunto che la prima sentenza della Corte territoriale “ha individuato erroneamente il destinatario dell’obbligo restitutorio, sicchè si può anche sostenere – come ha fatto il giudice di prime cure – che il R. abbia eseguito il pagamento al soggetto il quale, in base alle circostanze univoche sopra esposte, sembrava l’unico legittimato a riceverlo con conseguente sua liberazione ai sensi dell’art. 1189 c.c.”.

Per la cassazione di tale sentenza, l’INPS ha notificato in data 12 dicembre 2007 ricorso per cassazione, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1189, 2033, 2041 e 2909 cod. civ. Ha resistito alle domande R.A. con rituale controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente va disattesa la deduzione di inammissibilità del ricorso, formulata dal controricorrente sul presupposto che l’INPS avrebbe col ricorso censurato solo una delle due rationes decidendi della sentenza impugnata, precisamente quella fondata sulla necessità dell’INPS di rivolgersi alla Baltour con azione di arricchimento senza causa, mentre avrebbe sviluppato l’argomento fondato sull’art. 1189 cod. civ. unicamente con riguardo alla sentenza di primo grado, senza nulla dire in ordine alla motivazione adottata dalla Corte d’appello su di esso.

Ed invero, poichè la Corte territoriale aveva affrontato l’argomento unicamente col richiamare la decisione di primo grado, riassumendone i termini, ritenuti “sostenibili”, l’INPS ne ha dato sostanzialmente atto, col riferire che il giudice d’appello aveva “ulteriormente” (quindi, secondo il dizionario italiano, “in maniera aggiuntiva, che si aggiunge ai precedenti”) motivato nei termini di cui all’art. 2041 cod. civ., procedendo poi alla confutazione della tesi del primo giudice, ma in quanto ritenuta sostenibile anche dal giudice di appello nonchè della ulteriore tesi relativa alla ricorrenza di una ipotesi riconducibile alla disciplina di cui all’art. 2041 c.c. Del resto, sia la rubrica del motivo di ricorso che il relativo quesito di diritto riguardano anche l’argomento fondato sulla disciplina di cui all’art. 1189 c.c. Nel merito, il ricorso è fondato.

Come esattamente rilevato dall’INPS, la Corte territoriale, richiamando la disciplina di cui all’art. 1189 c.c., ha confuso i due rapporti rispettivamente interessati dai due giudizi citati – intercorsi: il primo, tra il R. e la società, attinente al rapporto di lavoro tra loro intercorso e l’altro, tra l’INPS e il R., attinente ad un rapporto previdenziale – ontologicamente distinti tra di loro.

Con la condanna del R. nel primo giudizio a restituire alla società l’equivalente dell’importo dell’indennità di disoccupazione, la sentenza non ha infatti avuto riguardo all’indebito rappresentato dall’indennità di disoccupazione stessa, come tale da ritenere pertanto assolto col pagamento di buona fede nei confronti del terzo. La relativa pronuncia riguardava infatti unicamente la restituzione della parte (erroneamente ritenuta non dovuta al R.) del risarcimento danni conseguente all’annullamento del licenziamento corrispondente alla parte di retribuzione coincidente con importi aliunde percepti, rappresentati nella specie dall’indennità di disoccupazione (è appena il caso di rilevare che l’errore in cui era caduta la prima sentenza della Corte territoriale nel ritenere indebita la parte indicata del risarcimento poteva essere contrastato dal R. col ricorso per cassazione).

L’avere viceversa la seconda Corte territoriale ritenuto nella sentenza qui impugnata che l’indebito (seppure errato) risarcitorio e l’indebito previdenziale fossero istituti omogenei, consentendo la liberazione dal secondo attraverso il pagamento del primo, concreta pertanto un errore di diritto, come esattamente denunciato dall’INPS e non attiene viceversa, secondo quanto sostenuto dal controricorrente, alla mera motivazione della sentenza (non censu- rata come tale dall’INPS).

Ne consegue che correttamente l’INPS ha agito nel presente giudizio ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., avendo eseguito il pagamento di una indennità di disoccupazione rivelatasi non dovuta per effetto della retroattiva ricostituzione del rapporto di lavoro del R., con l’ulteriore conseguenza della non ricorrenza dei presupposti per l’esercizio dell’azione di arricchimento senza causa, tra i quali, in particolare, la mancanza di una azione specifica.

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito, col rigetto dell’opposizione al decreto ingiuntivo.

La particolarità della fattispecie esaminata e l’andamento del processo nei vari gradi giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda di A. R. in opposizione al decreto ingiuntivo n. 51 del 2004, che diviene così definitivo; compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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