Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2598 del 31/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.31/01/2017),  n. 2598

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17344-2015 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLA MASSAFRA

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.M.G., M.M.G., L.L.,

C.M.G., B.R. elettivamente domiciliati in ROMA,

VIALE GIULIO CESARE, 95, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

BIANCHINI, che li rappresenta e difende giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 448/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE del

06/05/2014, depositata il 03/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MATANO per delega dell’Avvocato PAOLA

MASSAFRA, difensore del ricorrente, che si riporta agli scritti;

udito l’Avvocato ALESSANDRO BIANCHINI, difensore del

controricorrente, che chiede il rigetto del ricorso e la

compensazione delle spese.

Fatto

FATTO E DIRITTO

T.M.G., M.M.G., B.R., C.M.G. e L.L. adivano il giudice del lavoro chiedendo, per l’attività prestata alle dipendenze dell’INPDAP, il riconoscimento del loro diritto all’indennità di posizione organizzativa per il periodo antecedente al 30 novembre 2006; in subordine formulavano domanda di risarcimento del danno.

Il Tribunale respingeva entrambe le domande.

La Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della decisione, ha condannato l’INPS, successore ex lege dell’INPDAP, al risarcimento del danno mediante il pagamento in favore di ciascun lavoratore di una somma corrispondente alla misura minima dell’indennità di posizione organizzativa (pari a Euro 1.032,90) con la decorrenza per ciascuno indicata, fino alla formale attribuzione del trattamento, oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione del diritto al saldo.

Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso l’INPS sulla base di due motivi. Gli intimati hanno resistito con tempestivo controricorso.

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione: a) degli artt. 1362 e ss. cod. civ. anche con riferimento agli artt. 17 e 18 del CCNL Enti Pubblici non Economici e all’allegato A-Declaratoria delle Aree del CCNL 1998-2001 cit. (Area C/C1-C3-C4), nonchè all’art. 13 CCIE INPDAP 1999-2001 e dell’allegato B1-Profili professionali nel sistema di organizzazione dell’INPDAP 1999-2001 del suindicato CCIE INPDAP (Area C/C1-C3-C4);in relazione alla violazione dei principi di cui all’art. 111 Cost. e, in particolare, del comma 7, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU.

Con il secondo motivi si denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti collettivi nazionali di lavoro e in particolare dell’art. 112 cod. proc. civ. e L. n. 724 del 1994, art. 22, comma 36 in relazione alla violazione dei principi di cui all’art. 111 Cost. ed in particolare del comma 7, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU.

Il primo motivo di ricorso è fondato alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il diritto all’indennità di posizione organizzativa (nella specie, per lo svolgimento di compiti di elevata responsabilità all’interno dell’area “C” dell’INPDAP) previsto dall’art. 17 del c.c.n.l. per gli enti pubblici non economici 1998-2001 non può operare anteriormente all’attuazione da parte dell’ente degli adempimenti organizzativi previsti dall’art. 18 del medesimo accordo collettivo, nonchè – ai sensi del successivo art. 19 – alla concertazione, in sede di contrattazione decentrata, dei criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi di posizione organizzativa, dovendosi riconoscere alle norme collettive in questione un contenuto meramente obbligatorio, inteso ad impegnare l’ente ad attivarsi, all’esito delle procedure di consultazione e concertazione sindacali, per creare le condizioni necessarie l’istituzione delle posizioni organizzative e poter, quindi, conferire i relativi incarichi, nella cui mancanza non sorge neppure il diritto all’indennità. (Cass. n. 23366 del 2013, n. 25550 del 2015, n. 24056 del 2015). In base a tali principi è stato in particolare affermato che il carattere “concertato” della indicata procedura porta ad escludere che al datore di lavoro sia imputabile alcuna violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, nè per l’attivazione delle concertazioni nè per il sollecito dell’avvio delle procedure interne. E’ stato, inoltre, precisato come nella suindicata situazione, sia del tutto irrilevante l’assunto dei lavoratori sull’avvenuto svolgimento, da parte loro, di mansioni assimilabili a quelle della posizione organizzativa, in quanto all’epoca cui si riferiscono le domande (periodo antecedente il giorno 1 dicembre 2006) tale posizione non era ancora stata istituita. (Cass. 2555 del 2015, in motivazione).

A tale giurisprudenza si ritiene di dare continuità conseguendone, in conformità della proposta formulata dal Consigliere relatore, l’accoglimento del primo motivo con effetto di assorbimento del secondo. La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa può essere decisa, in applicazione dei principi affermati da questa Corte, con rigetto delle domande dei dipendenti.

Considerato che la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata si è consolidata in epoca successiva all’instaurazione del giudizio di primo grado appare equo compensare le spese dei gradi di merito. Le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le originarie domande. Compensa le spese dei gradi di merito. Condanna parte controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2017

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