Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25978 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 15/10/2019), n.25978

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15828 del ruolo generale dell’anno 2012

proposto da:

Agenzia delle entrate, persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

Eutrasur SL, con sede in (OMISSIS);

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, n. 223/10/2011,

depositata in data 17 maggio 2011;

udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 giugno 2019

dal Consigliere Giancarlo Triscari;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore

generale Dott. Ettore Pedicini, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso;

udito per l’Agenzia delle entrate l’Avv. dello Stato Alfonso Peluso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Dalla esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: Eutrasur SL, società di diritto spagnolo con sede in Spagna, aveva presentato in data 12 agosto 2008 un’istanza di rimborso dell’Iva, relativa all’anno di imposta 2006, che era stata rigettata dall’amministrazione finanziaria in quanto presentata oltre il termine di decadenza; avverso il provvedimento di diniego la società aveva proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pescara che lo aveva rigettato; avverso la pronuncia del giudice di primo grado la società aveva proposto appello.

La Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, ha accolto l’appello, in particolare ha ritenuto che il termine per la proposizione dell’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-ter, dei soggetti domiciliati o residenti in altro Stato membro dell’Unione Europea non è previsto a termine di decadenza, non avendo il legislatore espressamente attribuito al suddetto termine natura perentoria e non sussistendo nell’ordinamento principi generali che limitino il diritto a proporre istanza di rimborso, dovendosi quindi applicare il termine biennale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2.

Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a due motivi di censura.

Eutrasur SL è rimasta intimata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-ter, in combinato disposto con la Dir. Cee n. 1072 del 1979, art. 7, e con il D.M. n. 2672 del 1982, per avere ritenuto che il termine per la presentazione dell’istanza di rimborso, previsto dal citato Decreto ministeriale in attuazione della previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-ter, non ha natura perentoria.

Con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, per avere ritenuto applicabile il termine biennale per la presentazione dell’istanza di rimborso in esame.

I motivi, che possono essere esaminati unitamente, sono fondati.

La questione prospettata con i motivi di ricorso in esame attiene alla individuazione del termine entro il quale una società, residente o domiciliata in altro paese dell’Unione Europea, debba presentare istanza di rimborso.

Sul punto, questa Corte (Cass. civ., 26 aprile 2017, n. 10275; Cass. civ., 5 aprile 2013, n. 8366), ha precisato che “in tema di IVA e con riguardo al rimborso dell’imposta, il D.P.R. n. 26 ottobre 1972, n. 633, ex art. 38 – ter, a soggetto domiciliato o residente negli Stati membri dell’Unione e privo di stabile organizzazione in Italia, il termine semestrale (successivo allo scadere dell’anno di esigibilità dell’imposta) per la proposizione dell’istanza di rimborso, previsto dal D.M. 20 maggio 1982, art. 1, comma 2, (al quale rinvia al citato art. 38-ter, comma 6), è stabilito a pena di decadenza, conformemente all’indirizzo espresso dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, adita in via pregiudiziale sulla portata della Dir. del Consiglio CEE 6 dicembre 1979, n. 79/1072/CEE, art. 7, “ratione temporis” vigente, con sentenza del 21 giugno 2012, C-294/11;

ed invero, la Corte di giustizia, con la suddetta pronuncia, ha affermato il principio secondo cui “Il termine di sei mesi previsto dall’ottava Dir. 79/1072/CEE del Consiglio, del 6 dicembre 1979, art. 7, comma 1, paragrafo 1, ultima frase, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Modalità per il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all’interno del paese, per la presentazione di un’istanza di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto, è un termine di decadenza”, in tal senso deponendo il significato letterale della norma, che dispone che la domanda di rimborso “deve essere presentata al servizio competente di cui all’art. 9, comma 1, entro i sei mesi successivi allo scadere dell’anno civile nel corso del quale l’imposta è divenuta esigibile”.

Pertanto, non correttamente il giudice del gravame ha ritenuto che il termine semestrale in esame non sia previsto a pena di decadenza e che doveva invece applicarsi il termine di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, che trova applicazione solo in mancanza di specifica disposizione, presupposto non configurabile, nella fattispecie, stante quanto espressamente previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 38-ter, e dal successivo D.M. di attuazione n. 2672 del 1982.

Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnazione e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del ricorso originario.

Con riferimento alle spese, atteso che la pronuncia della Corte di giustizia, che ha dettato la linea interpretativa sulla natura perentoria del termine in esame, è successiva alla pronuncia del giudice del gravame, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite dei giudizi di merito e del presente giudizio.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dalla società contribuente.

Compensa interamente le spese di lite dei giudizi di meriti e del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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