Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25977 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/12/2011, (ud. 10/11/2011, dep. 05/12/2011), n.25977

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FILABOZZI Antonio – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M. (vedova C.), C.P.,

C.I.D., C.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA BERGAMO 3, presso lo studio dell’avvocato

ANDREONI AMOS, che li rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA,

che lo rappresentano e difendono giusta procura notarile in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 177/2006 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 01/09/2006 r.g.n. 184/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito l’Avvocato CARLO DE ANGELIS per delega ANDREONI AMOS;

udito l’Avvocato FAVATA EMILIA per delega LA PECCERELLA LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato con invio a mezzo del servizio postale in data 27 dicembre 2006, B.M. ved. C., C. P., C.R. e C.I.D. hanno chiesto la cassazione della sentenza depositata il 1 settembre 2006 e notificata il successivo 30 ottobre, con la quale è stato respinto l’appello avverso la decisione di primo grado di rigetto delle loro domande nei confronti dell’INAIL per l’accertamento dell’origine professionale di un tumore al polmone del proprio congiunto C.V., insorto nel 1995 a causa dell’esposizione a vapori di acidi inorganici solforosi forti nel lavoro presso la Montedison negli anni dal 1951 al 1961, che aveva provocato a quest’ultimo, in vita, un danno del 30% e per la dichiarazione che tale malattia era stata causa o concausa del decesso del loro congiunto, deceduto il 16 ottobre 2001.

In proposito, la Corte territoriale ha rilevato che il C. aveva svolto presso la Montedison, negli anni indicati, compiti di falegname manutentore, con esposizione giornaliera marginale al rischio indicato e che esisteva a suo carico una causa tipica del cancro al polmone, il fumo di sigaretta, concludendo pertanto per l’origine extraprofessionale della neoplasia polmonare ed escludendo comunque che questa potesse essere ritenuta causa o concausa del decesso, avvenuto a seguito di un carcinoma gastrico e di altro carcinoma peritoneale.

Il ricorso fonda su di un unico articolato motivo, relativo alla violazione del D.M. 7 aprile 2004, n. 14563, art. 1 in combinato disposto con il D.P.R. 13 aprile 1994, n. 336 e alla omessa o insufficiente motivazione.

I giudici avrebbero infatti omesso di considerare che il carcinoma polmonare è inserito tra le malattie la cui origine lavorativa per “esposizione a nebbie di acidi inorganici forti, contenenti acido solforico” è di elevata probabilità dal D.M. n. 14563 del 2004, per cui tale malattia avrebbe dovuto essere ritenuta tabellata e come tale sarebbe stato onere dell’INAIL dimostrare sia la concreta irrilevanza della esposizione lavorativa alla noxa sia il rilievo preponderante del tabagismo nella causazione della malattia.

Sul primo piano, invece la Corte non avrebbe tenuto conto che in appello i ricorrenti avevano evidenziato come fosse pacifico che il C. aveva svolto negli anni in questione compiti di operaio addetto al forno che produceva acido solforico, all’impianto per la produzione di concimi fosfatici e alla manutenzione degli impianti e che l’Istituto di medicina del lavoro di Bergamo il 18 maggio 1999 aveva valutato il tumore al polmone come di origine professionale.

Inoltre non avrebbe dovuto trascurare il fatto che per i cancerogeni genotossici, tra i quali le miscele cui era stato esposto il C., non esiste una dose soglia.

L’INAIL resiste alle domande con rituale controricorso, depositando altresì una memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

La sentenza impugnata ha escluso la causa lavorativa del tumore al polmone insorto nel 1995, valutando sia la modesta esposizione del congiunto degli appellanti a gas fosforosi nei lontani anni 50 in ragione delle sue mansioni di falegname manutentore, sia il fatto che questi fosse fumatore e quindi esposto nella vita civile a quel tipo di tumore.

I ricorrenti affermano viceversa che le mansioni del loro congiunto presso la Montedison erano quelle di operaio addetto al forno e all’impianto di produzione di concimi fosfatici, ma non producono o indicano in quale atto del processo di cassazione siano prodotti gli elementi probatori di sostegno (limitandosi a riprodurre passi dell’atto di appello in cui citavano al riguardo dichiarazioni rese all’INAIL in sede amministrativa), come sarebbe stato necessario ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4) (cfr. Cass. S.U. n. 7161/10 e 20075/10).

Quanto poi all’inserimento nel D.M. 7 aprile 2004, n. 14563 della “esposizione a nebbie di acidi inorganici forti, contenenti acido solforico” nell’elenco delle situazioni con elevata probabilità di causazione di tumori del polmone, non si tratta dell’inserimento di tale voce nella tabella delle malattie professionali nell’industria di cui all’allegato n. 4 al D.P.R. n. 1124 del 1965 (in particolare come specificazione del n. 13 e oggi al n. 25 del D.M. 9 aprile 2008), ma di una lista di malattie di probabile o possibile origine lavorativa da tenere sotto osservazione ai fini della futura revisione di tali tabelle e che, ai sensi dell’art. 139 del citato D.P.R., sono oggetto di denuncia obbligatoria da parte del medico (cfr. al riguardo il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 10, comma 4).

Un tale inserimento costituisce sicuramente un significativo indizio a sostegno dell’origine professionale della malattia, del quale peraltro i giudici di merito non hanno rinvenuto ulteriori riscontri, in ragione evidentemente della notevolissima distanza temporale tra gli anni di esposizione e il manifestarsi della malattia (si consideri, ad es., che l’ultimo decreto di revisione della tabella – D.M. 9 aprile 2008 – stabilisce per le malattie da esposizione ad acidi solforosi inorganici un periodo massimo di indennizzo, dalla cessazione della lavorazione morbigena, oscillante dai due ai sei anni) ed anzi hanno individuato nel tabagismo del C. la causa esclusiva della malattia.

Infine, i ricorrenti affermano che le miscele cui era stato esposto il loro congiunto sono classificabili tra i cancerogeni genotossici, per i quali non esiste una dose soglia.

La deduzione è del tutto generica e apodittica, perchè non sostenuta dalla illustrazione della letteratura scientifica al riguardo esistente. In ogni caso, trattasi di deduzione non decisiva, dato il diverso accertamento della reale causa della malattia e tenuto conto della possibile incidenza del tempo di esposizione agli agenti morbigeni sulla causazione dell’evento morboso.

Concludendo, sulla base delle considerazioni svolte, il ricorso va respinto.

Restano irripetibili le spese di difesa dell’INAIL, ai sensi dell’art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente all’epoca della proposizione del ricorso introduttivo del giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, nulla per le spese dell’INAIL. Così deciso in Roma, il 10 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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