Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25974 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 15/10/2019, (ud. 28/05/2019, dep. 15/10/2019), n.25974

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. CORRADINI Grazia – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21526-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

FINTEL ENERGIA GROUP SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE G. MAZZINI 134,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1995/2015 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 12/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/05/2019 dal Consigliere Dott.ssa CORRADINI GRAZIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO FEDERICO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato SUBRANI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito per il controricorrente l’Avvocato CIPOLLA che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Fintel Energia Group Spa (già Ress Srl), esercente la attività di vendita di gas naturale ed energia elettrica, aveva presentato alla Commissione Tributaria Provinciale di Pavia ricorso contro il provvedimento di irrogazione delle sanzioni prot. N. 13849/RU per omesso versamento della differenza di accisa, emesso dall’Ufficio delle Dogane di Pavia, a seguito di processo verbale di constatazione dei funzionari dell’Ufficio, con cui era stata esclusa la spettanza della agevolazione dell’aliquota di accisa ridotta per usi industriali, richiesta ai sensi del (TUA) D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, comma 3, ai consumi di gas naturale destinato, negli anni fra il 2007 ed il 2008, alla combustione nel settore della distribuzione commerciale in favore del cliente Gallerie Commerciali Bennet Spa nel Centro Commerciale Bennet gestito da tale società in San Martino Siccomario, ritenendo, che l’attività consistesse, non già nella distribuzione commerciale, bensì nella gestione delle parti comuni e dei servizi del centro commerciale al cui interno operavano il supermercato Bennet ed altre attività commerciali.

La Commissione Tributaria Provinciale di Pavia, con la sentenza n. 370/1/2013, accoglieva il ricorso ritenendo fondata la tesi della ricorrente per cui la attività svolta da Gallerie Commerciali Bennet Spa rientrava in quella della distribuzione commerciale, alla quale era funzionale.

La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, investita dall’appello della Agenzia delle Dogane, con sentenza n. 1995 del 2015 in data 14.4.2015, confermava la sentenza di primo grado e condannava la Agenzia delle Dogane alle spese, rilevando, a sua volta, che, alla luce della disposizione di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, art. 1 lett. d) attuativo della Direttiva n. 96/CE del 27.10.2003, il settore della distribuzione commerciale doveva essere ricompreso negli “usi industriali” con conseguente applicazione della tariffa agevolata della accisa relativa agli usi industriali, anche perchè la agevolazione invocata spettava a tutti gli usi attinenti all’impiego del gas naturale utilizzato nel settore della distribuzione commerciale nel cui ambito rientravano Le Gallerie Commerciali Bennet che gestivano attività commerciali nei locali del Centro Commerciale in San Martino Siccomario quali gestori degli spazi e dei servizi dell’intero centro commerciale. Non risultando dovuta la differenza di imposta non era in conseguenza dovuta neppure la sanzione irrogata.

Contro la sentenza d’appello, depositata in data 12 maggio 2015, notificata il 5.6.2015, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, la Agenzia delle Dogane con atto consegnato per la notifica in data 1 settembre 2015 e notifica completata il 2 settembre successivo.

Resiste l’intimata con controricorso con cui deduce la inammissibilità e comunque la infondatezza del ricorso. Presenta successiva memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la Agenzia delle Dogane deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 1 e 39, dell’art. 295 c.p.c. e del loro combinato disposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di sospendere il giudizio in attesa della definizione, con sentenza passata in giudicato, del separato giudizio relativo all’avviso di pagamento collegato al provvedimento sanzionatorio per cui è causa.

2. Con il secondo motivo si duole di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e conseguente nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 4, poichè risultavano omesse la concisa esposizione del processo e le richieste delle parti, non indicate neppure in forma sintetica e mancava o era estremamente insufficiente la motivazione della sentenza che si limitava a richiamare quella di primo grado senza dare contezza dei fatti prospettati e delle ragioni giuridiche adottate. Inoltre la sentenza impugnata faceva riferimento alla “impugnazione dell’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Dogane”, invece che al provvedimento sanzionatorio, errore che denotava anche confusione concettuale.

3. Con il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, comma 3 e art. 14 preleggi c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la sentenza impugnata riconosciuto erroneamente la spettanza della agevolazione di cui all’art. 26 TUA, comma 3, nel testo in vigore per effetto del D.Lgs. n. 26 del 2007, che aveva ricompreso fra gli usi industriali anche “gli impieghi nel settore della distribuzione commerciale”. Ad avviso della ricorrente, infatti, la disposizione citata, che, come tutte le disposizioni agevolative doveva essere interpretata restrittivamente, prevedeva fra le attività agevolate solo quelle di gestione diretta della distribuzione commerciale e non anche quelle di diversi soggetti, che, come Gallerie Commerciali Bennet, erano in qualche modo inseriti nell’esercizio di tale attività ma si occupavano soltanto della gestione e assegnazione dei locali da adibire a punti vendita al dettaglio nonchè della gestione degli spazi comuni.

4. Con il controricorso la Fintel Energia Group oppone, in primo luogo, la inammissibilità del primo motivo di ricorso poichè, lamentando un vizio procedurale, avrebbe dovuto essere posto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e comunque la sua infondatezza in considerazione della mancanza di qualsiasi pregiudizialità della causa relativa all’avviso di pagamento rispetto a quella di applicazione del trattamento sanzionatorio. Sostiene inoltre che la sentenza impugnata conteneva una motivazione autonoma e completa, oltre che confermativa di quella, richiamata, di primo grado, tanto è vero che la Agenzia delle Dogane aveva potuto presentare uno specifico motivo di ricorso su tale contenuto e che, quanto alla pretesa violazione dell’art. 26 TUA, la sentenza impugnata aveva reso una interpretazione della legge conforme alla lettera ed alla ratio legis, che era quella di favorire gli utilizzatori industriali o commerciali, poichè Gallerie Commerciali Bennet operava nel settore della distribuzione commerciale, con ulteriori attività funzionali allo svolgimento della attività complessiva che caratterizzava il centro commerciale, e cioè la distribuzione al dettaglio dei beni e dei servizi, anche secondo la interpretazione che ne aveva dato la Avvocatura Generale dello Stato nel parere prot. N. 29067/07 citato nelle note del 27.12.2006 e 12.3.2008 della stessa Agenzia delle Dogane ed era altresì innegabile che tutti i soggetti inseriti nel Centro Commerciale svolgevano attività di distribuzione commerciale all’interno dei punti vendita insediati nel centro commerciale.

5. Il primo motivo di ricorso è infondato.

5.1. E’ principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, cui si intende dare continuità in questa sede, quello per cui, in materia di violazioni di norme tributarie, l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni è autonomo rispetto al procedimento di accertamento del tributo cui le sanzioni ineriscono, il che comporta che l’eventuale giudizio di impugnazione dell’atto di accertamento del tributo non è pregiudiziale rispetto al secondo, sicchè, qualora, ad esempio, il contribuente abbia optato per la definizione agevolata delle sanzioni, va esclusa la ripetizione delle somme pagate bonariamente a prescindere dall’esito del processo avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo alle imposte (nella specie, favorevole al contribuente), dovendosi ritenere definitivamente chiuso, a quel momento, il rapporto tra contribuente e fisco in ordine alle altre conseguenze sanzionatorie delle violazioni già rilevate (v., per tutte, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 18740 del 22/09/2015 Rv. 636518 – 01: Sez. 5, Sentenza n. 26740 del 29/11/2013 Rv. 629042 01). Il giudice di appello non era perciò tenuto a sospendere il giudizio relativo alle sanzioni in attesa della definitività del giudizio relativo alla impugnazione dell’avviso di pagamento del tributo.

6. Il secondo motivo di ricorso presenta in primo luogo profili di inammissibilità laddove deduce nullità della sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione, ovvero motivazione insufficiente. Infatti, in tema di ricorso per cassazione, la sentenza di appello è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, invocato dalla ricorrente, quando la motivazione è solo apparente, non costituisce cioè espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame; il che non si può sostenere nel caso in esame alla luce della motivazione della sentenza di appello riportata nella parte espositiva della presente sentenza. Invece, la incompletezza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione, può essere dedotta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella riformulazione disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, che deve essere interpretato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (v. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 Rv. 629830 – 01); circostanza questa ugualmente insussistente nel caso in esame e comunque neppure dedotta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

6.1. La doglianza è comunque anche priva di pertinenza poichè non è vero che la motivazione della sentenza di appello sia mancante o insufficiente in quanto sviluppa una precisa e completa argomentazione, in fatto ed in diritto, a sostegno della spettanza della agevolazione invocata, con riguardo alla inclusione del settore della distribuzione commerciale – al quale apparteneva Gallerie Commerciali Bennet poichè gestiva attività commerciali nei locali del Centro Commerciale di San Martino Siccomario – a quelli cui spettava la tariffa agevolata relativa agli “usi industriali”, ai sensi del D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 1, lett. d), emanato per attuare la Direttiva Comunitaria 96/CE del 27.10.2003 ed alla conseguente esclusione delle sanzioni irrogate che erano collegate al mancato riconoscimento, da parte di Agenzia delle Dogane, della tariffa agevolata. Nè è vero che la motivazione della sentenza di appello si sia tradotta in un mero richiamo per relationem a quella di primo grado poichè la sentenza di primo grado risulta richiamata solo ai fini della conferma mentre poi la sentenza di appello sviluppa l'”iter” logico – giuridico autonomo seguito per pervenire alla decisione. E non è vero neppure che manchino la concisa esposizione dello svolgimento del processo e le richieste delle parti poichè l’iter processuale è esposto nei due capitoli dell'”oggetto della domanda” e dello “svolgimento del processo”, nei quali sono contenuti gli estremi del ricorso iniziale, dell’oggetto della causa, della materia del contendere, della sentenza di primo grado ed anche le controdeduzioni in appello della società appellata, mentre, se è vero che i motivi di appello non risultano specificamente indicati in via autonoma, essi peraltro si ricavano dalle risposte rese agli stessi nel capitolo relativo ai “motivi della decisione “; il che, al contrario di quanto sostenuto dalla Agenzie delle Dogane ricorrente, è sufficiente a riassumere il contenuto sostanziale della controversia e ad integrare gli elementi idonei a comprendere la natura della pretesa azionata ed i relativi termini. Il riferimento, nella prima parte della sentenza, alla impugnazione “dell’avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle Dogane…”, dal suo canto, è frutto di un evidente e riconoscibile errore materiale, inidoneo ad inficiare non solo la validità ma anche la correttezza della motivazione, poichè, nella intestazione della sentenza, è correttamente riportato, come atto impugnato, il “provvedimento di irrogazione sanzioni n. prot. 13849/RU accise- prod. ENE” e nella parte motivazionale della sentenza è scritto “Non risultando dovuto il tributo in misura diversa da quella assolta da FINTEL Energia Group Spa non sono certamente dovute le sanzioni irrogate”.

7. Il terzo motivo di ricorso è, infine, infondato.

7.1. Secondo l’impianto iniziale del TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 26, comma 1) era previsto che “E’ sottoposto ad accisa il gas metano (codice NC 2711 29 00) destinato all’autotrazione ed alla combustione per usi civili e per usi industriali secondo le aliquote di cui all’Allegato 1”. La disposizione ha poi subito nel tempo numerose modifiche per effetto, per quanto qui interessa, in particolare del D.L. n. 262 del 2006, art. 7, comma 27 convertito con modificazioni dalla L. n. 286 del 2006, fino al testo in vigore nel periodo in considerazione per effetto del D.Lgs. n. 26 del 2007 che costituisce attuazione della Direttiva n. 2003/96/CE, il quale prevede “1. Il gas naturale (codici NC 2711 11 00 e NC 2711 21 00), destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonchè all’autotrazione, è sottoposto ad accisa, con l’applicazione delle aliquote di cui all’allegato 1, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio. 2. Sono considerati compresi negli usi civili anche gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, nei locali delle imprese industriali, artigiane e agricole, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l’attività produttiva, nonchè alla produzione di acqua calda, di altri vettori termici o di calore, non utilizzati in impieghi produttivi dell’impresa, ma ceduti a terzi per usi civili. 3. Sono considerati compresi negli usi industriali gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, in tutte le attività industriali produttive di beni e servizi e nelle attività artigianali ed agricole, nonchè gli impieghi nel settore alberghiero, nel settore della distribuzione commerciale, negli esercizi di ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro….”

7.2. La Agenzia ricorrente sostiene che la disposizione citata, che, come tutte le disposizioni agevolative doveva essere interpretata restrittivamente, prevedeva fra le attività agevolate solo quelle di gestione diretta della distribuzione commerciale e non anche quelle di soggetti, come Gallerie Commerciali Bennet, che, in qualche modo, erano inserite nell’esercizio di tale attività, però si occupavano soltanto della gestione e assegnazione dei locali da adibire a punti vendita al dettaglio nonchè della gestione degli spazi comuni e non direttamente della vendita. Tuttavia, pur dovendosi interpretare restrittivamente le norme agevolative, neppure una interpretazione restrittiva può condurre a limitare il settore della distribuzione commerciale ai soli esercizi di vendita diretta al pubblico all’ingrosso o al dettaglio escludendo da tale nozione la realtà economica delle Gallerie Commerciali le quali sono indubbiamente inserite nel settore della distribuzione commerciale mediante esercizio diretto di grandi supermercati ovvero di cessione in parte degli spazi ad altre attività commerciali collegate, alle quali vengono garantiti i locali e tutti i servizi.

7.3. L’art. 26, comma 3, contrappone, ai fini della spettanza o meno della agevolazione, agli usi industriali, cui sono assimilati quelli del settore alberghiero, del settore della grande distribuzione (che qui interessa), della ristorazione ecc., gli usi civili destinati alla combustione, nei locali delle imprese industriali, artigiane e agricole, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l’attività produttiva, nonchè alla produzione di acqua calda, di altri vettori termici o di calore, non utilizzati in impieghi produttivi dell’impresa, ma ceduti a terzi per usi civili.

7.4. Con il D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 7, comma 27, il legislatore ha esteso l’aliquota ridotta dell’accisa, prevista per il gas metano destinato ad usi industriali, alle forniture di gas metano utilizzato nell’attività di distribuzione commerciale, così ammettendo al beneficio erariale, già esistente per le imprese alberghiere e della ristorazione, anche le imprese della distribuzione commerciale.

7.5. Come rilevato dalla controricorrente, l’Agenzia delle Dogane, subito dopo la entrata in vigore della detta modifica legislativa, con la nota del 12 marzo 2008 aveva reso pubblico il parere dell’Avvocatura di Stato del 14 novembre 2007, prot. n. 29067/07, avente ad oggetto l’individuazione delle imprese che debbono considerarsi parte del “settore della distribuzione commerciale”, ai fini dell’applicazione della disposizione agevolativa sul gas metano. Secondo l’Avvocatura, la genericità del dato normativo e la sua atecnicità (intesa come non coincidenza con le categorie del commercio definite in altri testi di legge, quali il D.Lgs. n. 114 del 1998, art. 4, par.1) deponeva per un’individuazione dell’ambito di applicazione dell’agevolazione senza limitazioni all’interno di quella categoria generale contemplata. L’interpretazione del dato letterale trovava conferma nell’elaborazione della nozione di “distribuzione commerciale” maturata dalla dottrina economica come lo strumento attraverso il quale vengono immesse merci e servizi sul mercato, con le diverse forme di organizzazione della: ò distribuzione diretta, ove la vendita si attua direttamente nella sede dell’impresa e ove è l’impresa stessa che assume su di sè tutte le funzioni attinenti alla messa in commercio del prodotto, ivi comprese le cd. “forme speciali di vendita al dettaglio” (vendita per corrispondenza, mediante distributori automatici, tramite televisione o altro mezzo di comunicazione, vendita per catalogo) e di commercio elettronico; ò distribuzione indiretta, nella quale operatori commerciali autonomi operano a diversi livelli, quali dettaglianti o grossisti, ponendosi come intermediari tra produttore e consumatore finale, ivi comprese le attività di intermediazione commerciale o comunque non direttamente connesse alla vendita.

7.6. La interpretazione della norma offerta dalla Agenzia ricorrente si scontra quindi con il parere della Avvocatura dello Stato, ma soprattutto con il testo letterale della norma la quale, facendo riferimento al settore della distribuzione, non consente una distinzione fra distribuzione come vendita o intermediazione nella vendita ed intermediazione nella gestione della vendita che non trova alcun sostegno neppure logico, alla luce della espressione “settore” che richiama tutte le diverse tipologie di organizzazione che può avere la distribuzione commerciale, oltre che con la ratio della disposizione che è quella di abbattere il livello di imposizione al fine di favorire gli utilizzatori industriali o commerciali rispetto a quello previsto per il mero godimento del gas naturale impiegato per gli usi civili o domestici, fra cui non possono sicuramente rientrate le Gallerie Commerciali Bennet ed i supermercati Bennet.

7.7. La corretta interpretazione della norma – che è stata fatta propria dalla sentenza impugnata – si impone anche alla luce del rilievo che la estensione della agevolazione al settore della distribuzione commerciale è avvenuta in occasione del recepimento da parte del giudice nazionale della Direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, avendo il legislatore comunitario stabilito che gli stati membri, al fine di favorire gli utilizzatori industriali e commerciali mediante abbattimento del livello di imposizione per tali soggetti (per i quali l’impiego del gas costituisce un costo strumentale alla attività), possono applicare delle aliquote agevolate differenziate sui prodotti energetici, fra cui il gas naturale, distinguendo fra “uso commerciale” e “non commerciale” (art. 5 e art. 7 della Direttiva), intendendosi per “uso commerciale” l’utilizzazione da parte di un’entità commerciale, identificata conformemente al paragrafo 2, che eserciti in modo indipendente e in qualsiasi luogo la fornitura di beni e servizi, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tali attività economiche e precisando che “le attività economiche comprendono tutte le attività di produttore, di commerciante e di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive e agricole…..” (art. 11); il che rende evidente che l’utilizzo della formula “usi commerciali” nella normativa comunitaria, corrisponde a quella di impiego del gas nel “settore della distribuzione commerciale”, utilizzata nel diritto interno dal D.Lgs. n. 26 del 2007, con riferimento ad una nozione intesa in senso economico, piuttosto che tecnico – giuridico ed in contrapposizione ai cd. usi civili, per cui non si può in tale ambito distinguere arbitrariamente, come pretende la Agenzia delle Dogane, fra intermediazione nella vendita ed intermediazione nella gestione commerciale, al fine di scindere in due parti il “comparto” o “settore” della distribuzione industriale in contrasto oltretutto con la lettera e con la ratio della norma.

8. II ricorso deve essere pertanto rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente, mentre non sussistono i presupposti per l’applicazione della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1.17, con il quale è stato modificato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, mediante l’inserimento del comma 1-quater, poichè tale disposizione non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo (v., per tutte, Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016 (Rv. 638714 – 01).

P.Q.M.

LA CORTE, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.785,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 28 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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