Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25971 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2021, (ud. 21/04/2021, dep. 24/09/2021), n.25971

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13122-2020 proposto da:

C.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MEDAGLIE

D’ORO 151/A, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO SCIFO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.A., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’avvocato TIZIANA FRONGIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 891/2019 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 06/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 21/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.

GIANNACCARI ROSSANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il giudizio trae origine dalla domanda, proposta innanzi al Tribunale di Oristano, da C.O. nei confronti di P.A., con la quale chiese il pagamento del saldo, pari ad Euro 27.628,00, deducendo di aver eseguito per suo conto lavori edili per la costruzione di un capannone e di aver ricevuto un acconto di Euro 10.000,00.

Il P. si costituì per resistere alla domanda ed eccepì che i lavori avevano interessato il solo seminterrato e che erano stati interamente pagati, considerando l’acconto di Euro 10.000,00 e le ulteriori somme versate in contanti, pari ad Euro 13.903,00, in relazione alle quali il C. aveva rilasciato quietanza.

Il Tribunale accolse parzialmente la domanda del C. e ritenne che agli acconti ricevuti dal Corridori sul corrispettivo non potesse aggiungersi la somma di Euro 10.000,00, non avendo valore confessorio le affermazioni contenute nell’atto di citazione.

La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 6.11.2019, accolse parzialmente l’appello del P. e condannò il C. alla restituzione della somma di Euro 2741,00.

La Corte distrettuale ritenne che la somma di Euro 10.000,00 corrisposta dal P. andasse computata nel calcolo finale, come sostenuto dallo stesso attore nell’atto di citazione e come poteva evincersi dalla circostanza che il predetto aveva disconosciuto gli ulteriori pagamenti, implicitamente tenendoli distinti da quello di Euro 10.000,00. Conseguentemente, poiché i lavori erano stati quantificati dal CTU in Euro 19.239,00 – ed avendo il C. ricevuto la somma di Euro 23903,01 – lo stesso era tenuto alla restituzione della somma corrisposta in eccesso. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso C.O. sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso P.A..

Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di inammissibilità del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., dell’art. 112c.p.c., dell’art. 113c.c., dell’art. 115 c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., per avere la corte di merito violato il principio dispositivo della prova e della disponibilità della prova del pagamento, che avrebbe riguardato unicamente le somme in relazione alle quali era stata rilasciata quietanza e non anche l’acconto di Euro 10.000,00. In tal modo, la corte di merito avrebbe invertito l’onere probatorio incombente sul debitore, non essendo sufficiente, ai fini della prova del pagamento, la dichiarazione del ricorrente di aver ricevuto l’acconto di Euro 10.000,00, il quale non sarebbe distinto dagli altri pagamenti documentalmente provati.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poiché solo le quietanze sarebbero idonee a provare il pagamento sicché sarebbe illogico il percorso argomentativo secondo cui il disconoscimento degli ulteriori pagamenti implicitamente avrebbe provato che il debitore li aveva tenuti distinti da quello di Euro 10.000,00.

I motivi, che per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili.

Va in primo luogo evidenziato che le censure hanno ad oggetto accertamenti fattuali compiuti dalla Corte di merito, che, come tali, sono insindacabili in sede di legittimità.

Il pagamento della somma di Euro 10.000,00 da parte del committente è stata ricavata dall’affermazione del medesimo, contenuta nell’atto di citazione e nell’atto di disconoscimento delle sottoscrizioni delle quietanze, da cui emergeva che detto pagamento era distinto dalle ulteriori somme versate successivamente.

Non vi è stata una violazione del principio dispositivo delle prove in quanto la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che le ammissioni presenti negli atti difensivi, sottoscritti unicamente dal procuratore “ad litem”, pur non avendo natura confessoria, hanno valore di indizi liberamente valutabili dal giudice per la formazione del suo convincimento (Cass.Civ.Sez.2, Ordinanza n. 7702 del 19.3.201 9; Sez. 2 Sentenza n. 32236 del 10/12/2019).

Rileva in tutta la sua evidenza inammissibilità del ricorso volto alla contestazione della valutazione delle risultanze istruttorie così come operata dal giudice di appello;

A tal riguardo occorre ricordare che per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115, è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (Cass. n. 11892/2016; Cass. S.U. n. 16598/2016).

Ne’ sussiste il vizio motivazionale, avendo la corte di merito esaminato il fatto decisivo per il giudizio costituito dal pagamento dell’acconto di Euro 10.000,00, oltre a quelli successivi, di cui il ricorrente aveva rilasciato regolare quietanza.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 2000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge, iva e cap come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, -2 della Corte di Cassazione, il 21 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA