Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25970 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 31/10/2017, (ud. 21/06/2017, dep.31/10/2017),  n. 25970

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 607/2012 proposto da:

G.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO BOER,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA PATTERI,

LUIGI CALIULO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 686/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 28/09/2011 R.G.N. 206/2009.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato in fatto:

1. La Corte d’appello di Ancona, confermando la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, ha rigettato la domanda di G.A. di ricalcolo della pensione indiretta goduta,a seguito della morte del coniuge V.M. il (OMISSIS), escludendo la contribuzione c.d. deteriore versata dal coniuge dal 1 maggio 1995 al 30 giugno 1996 per lavoro domestico, il cui computo determinava la liquidazione della pensione indiretta in misura meno favorevole.

La Corte ha rilevato che il principio della c.d. neutralizzazione non poteva trovare applicazione allorquando la minore contribuzione ricadeva nel novero delle settimane utili ad integrare il requisito minimo contributivo e che nella fattispecie le prime 17 settimane necessarie a raggiungere tale requisito minimo contributivo erano necessariamente costituite dai contributi versati per lavoro domestico e che, pertanto, non potevano essere neutralizzate.

2. Avverso la sentenza ricorre la G. con un articolato motivo ulteriormente illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c.. Resiste l’Inps.

Ritenuto in diritto:

3. La ricorrente denuncia violazione del R.D.L. n. 636 del 1939, artt. 9 e 13 come modificati dalla L. n. 222 del 1984, art. 4 che fissano i nuovi requisiti contributivi per la pensione ai superstiti (5 anni di cui almeno 3 nel quinquennio precedente il decesso, ovvero 15 anni prescindendo dalla collocazione temporale della contribuzione rispetto all’evento) e della L. n. 297 del 1982, art. 3, comma 8, quale risulta dagli interventi della Corte cost.

La ricorrente deduce che la pensione ai superstiti rappresenta una categoria autonoma, non riconducibile nè alla pensione di vecchia nè di anzianità, e che è subordinata alla sussistenza dei requisiti richiesti dal R.D.L. n. 636 del 1939, artt. 9 e 13 come modificati dalla L. n. 218 del 1952, art. 2 (5 anni di cui almeno 3 nel quinquennio precedente il decesso, ovvero 15 anni prescindendo dalla collocazione temporale della contribuzione rispetto all’evento) e tra i requisiti richiesti non vi era quello contributivo previsto per la pensione di anzianità. Ne consegue, secondo la ricorrente, la palese violazione delle norme da parte della Corte d’appello che aveva negato il diritto alla neutralizzazione sul presupposto che i contributi da espungere fossero essenziali ai fini del perfezionamento del requisito previsto per la pensione di anzianità (35 anni), senza tenere conto che non si trattava di detta prestazione, ma di pensione indiretta e che, pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte, le settimane di minor contribuzione non erano necessarie per raggiungere il requisito contributivo minimo poichè la contribuzione presente superava di gran lunga i 15 anni di contribuzione necessari per il diritto a pensione.

Lamenta, inoltre, il rigetto dell’eccezione di incostituzionalità rilevando che dalle varie pronunce della Corte emergeva un principio generale di irriducibilità della prestazione applicabile anche per la pensione indiretta.

4. Il ricorso è infondato. La pensione indiretta è una prestazione simile ma non identica alla pensione di reversibilità, dalla quale si distingue per il solo fatto che il soggetto deceduto non era ancora titolare di pensione, ma risultava un semplice lavoratore.

I familiari superstiti hanno diritto alla prestazione previdenziale alla morte del lavoratore sempre che quest’ultimo abbia maturato al momento del decesso almeno: a) 15 di assicurazione e di contribuzione (oppure 780 contributi settimanali); oppure b) 5 anni di assicurazione e di contribuzione (oppure 260 contributi settimanali) di cui almeno 3 anni (oppure 156 contributi settimanali)versati nei 5 anni precedenti il decesso.

Secondo la ricorrente essa aveva diritto alla neutralizzazione del periodo 1/5/1995-30/6/1996 che pregiudicava il “quantum” della pensione indiretta e che non era necessario per raggiungere il requisito contributivo minimo in quanto la contribuzione del coniuge defunto superava di gran lunga i 780 contributi settimanali (pari a 15 anni di contribuzione) richiesti per la pensione indiretta.

Le argomentazioni della ricorrente si basano sulla confusione tra il requisito minimo contributivo che deve aver maturato il de cuius perchè i superstiti possano ricevere la prestazione indiretta, con il requisito per godere della prestazione di anzianità. Nella specie, infatti, il defunto aveva ben di più di 15 anni di contributi raggiungendo i 35 anni (sebbene tenendo conto della retribuzione percepita negli ultimi 5 anni di cui 17 settimane con contributi di minor rilievo) e pertanto la prestazione indiretta a questa va commisurata.

In sostanza la misura della pensione indiretta va determinata rapportandola alla posizione del de cuius al momento del decesso e la pretesa della ricorrente di tenere conto di solo 15 anni contributivi senza neppure specificare quali, appare priva di fondamento.

E’ opportuno ricordare, con riferimento alla pensione di anzianità che secondo la giurisprudenza di questa Corte “In tema di pensioni di anzianità, la contribuzione acquisita nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo non può tradursi nel detrimento della misura della prestazione pensionistica già virtualmente maturata, ma tale meccanismo di “neutralizzazione” è inapplicabile ai periodi contributivi che concorrano ad integrare il requisito necessario per l’accesso al trattamento pensionistico” (Cass. n 10323/2017, Cass. 28/2/2014, n. 4868; v. pure Cass. 25/3/2014, n. 6966). Si è infatti chiarito che la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo la L. 29 maggio 1982, n. 297, art. 3, comma 8, nella parte in cui non prevede che, nel caso di esercizio durante l’ultimo quinquennio di contribuzione di attività lavorativa meno retribuita da parte del lavoratore che abbia già conseguito la prescritta anzianità contributiva, la pensione liquidata non possa essere comunque inferiore a quella che sarebbe spettata, al raggiungimento dell’età pensionabile, escludendo dal computo, ad ogni effetto, i periodi di minore retribuzione, in quanto non necessari ai fini del requisito dell’anzianità contributiva minima.

Con la successiva sentenza n. 388 del 1995, il Giudice delle leggi, sempre con riguardo alle modalità di liquidazione delle pensioni previdenziali, ha rimarcato che la discrezionalità del legislatore nella scelta, ad esso riservata, del criterio di individuazione del periodo di riferimento della retribuzione pensionabile, incontra un limite intrinseco nella esigenza – fondata sui valori di giustizia e di equità connaturati a principi sanciti dagli artt. 3 e 38 Cost. – che, nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, l’ulteriore contribuzione (qualunque ne sia la natura: obbligatoria, volontaria o figurativa) sia destinata unicamente ad incrementare il livello di pensione già consolidatosi, senza mai poter produrre l’effetto opposto di compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata in itinere. Da tanto consegue la regula iuris che la contribuzione acquisita nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo non può tradursi nel detrimento della misura della prestazione pensionistica già virtualmente maturata (cfr., ex plurimis, Cass. n. 29903 del 2011). Dalla portata del suddetto principio è però agevole desumere, a contrariis, l’inapplicabilità della neutralizzazione dei periodi contributivi che concorrano ad integrare il requisito necessario per l’accesso al trattamento pensionistico (cfr. sia pure con riferimento a fattispecie diversa da quella in esame, Cass. n. 27879 del 2008).

Il che è quanto si è verificato nel caso in esame, ove il de cuius ha maturato la contribuzione necessaria per percepire la pensione di anzianità con il computo dei periodi di lavoro, ancorché di minore retribuzione, indispensabili per raggiungere i trentacinque anni necessari per conseguire la pensione di anzianità. Questo ulteriore periodo, quantunque abbia comportato una minore retribuzione, non può pertanto essere neutralizzato ai fini del calcolo della pensione. La pensione indiretta di cui gode la ricorrente deve essere rapportata a quella che avrebbe goduto il coniuge defunto con la conseguenza che essa non può vantare alcun diritto alla richiesta neutralizzazione non essendo oggetto di censura che i contributi di minor misura erano essenziali per il perfezionamento del requisito minimo per la pensione di anzianità.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato non trovando il diritto vantato dalla ricorrente fondamento neppure nelle pronunce di incostituzionalità citate; nè si ravvisano profili di costituzionalità (Ndr: testo originale non comprensibile) considerato che la liquidazione della i pensione indiretta e della sua quantificazione deve fare riferimento alla posizione assicurativa del congiunto deceduto.

Le spese processuali sono poste a carico della ricorrente soccombente.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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