Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25969 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 31/10/2017, (ud. 21/06/2017, dep.31/10/2017),  n. 25969

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19159/2012 proposto da:

D.L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

GRAMSCI, 7, presso lo studio Legale CATTEL, RUBINO e CONCETTI,

rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO D’ERRICO, SAVERIA

ROSARIA FERRARO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5161/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/07/2011 R.G.N. 2085/08.

Fatto

RILEVATO

che, con la sentenza n. 5161/2011, la Corte di Appello di Napoli ha confermato la pronuncia del 5.12.2007, emessa dal Tribunale della stessa città, con cui era stata respinta la domanda, proposta da D.L.G., volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso con Poste Italiane spa, dal 17.6.2003 al 15.9.2003, ai sensi del D.Lgs. n. 368 del 2001, per “ragioni di carattere sostitutivo correlate alla specifica esigenza di provvedere alla sostituzione del personale inquadrato nell’Area Operativa ed addetto al servizio di recapito presso la filiale di (OMISSIS) assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro”;

che avverso tale sentenza D.L.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo articolato motivo;

che Poste Italiane spa ha resistito con controricorso;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, si censura la violazione e falsa applicazione delle norme sull’onere di produzione delle prove ed in particolare delle disposizioni di cui all’art. 2967 c.c. e artt. 416,421 e 437 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la Corte distrettuale – pur affermando correttamente che l’onere probatorio sulla sussistenza delle condizioni legittimanti l’apposizione del termine al contratto di lavoro incombesse sul datore di lavoro – poi consentito l’acquisizione di un documento, da parte della società, oltre il termine perentorio fissato dalla legge ed avvalendosi del potere officioso di cui all’art. 421 c.p.c., al di fuori dei limiti e dei presupposti di legge;

che il motivo è infondato: invero, la Corte di merito ha ritenuto corretto l’uso dei poteri officiosi da parte del giudice di primo grado, circa l’acquisizione del documento riguardante il prospetto numerico e nominativo del personale assente assunto a tempo indeterminato e di quello assunto a tempo determinato, nel periodo di durata del contratto impugnato, valutandolo idoneo ai fini della prova sulla sussistenza delle ragioni sostitutive sottese al rapporto di lavoro a termine, nel rispetto dell’onere probatorio incombente su parte datoriale;

che l’acquisizione di un documento da parte dei giudici di merito attiene, ai sensi degli artt. 421 e 437 c.p.c., ai loro poteri discrezionali, onde ritenerne la indispensabilità e la necessità ai fini del decidere; che, pertanto, l’esercizio di quei poteri si sottrae, per la natura discrezionale dei medesimi, al sindacato di legittimità, anche quando manchi un’espressa motivazione al riguardo, dovendo ritenersi implicita nell’ammissione della produzione del documento la valutazione della sua opportunità ai fini del processo (cfr. Cass. 9.9.2003 n. 13186);

che, nel caso in esame, la Corte di merito, peraltro, ha anche motivato sulla necessità dell’acquisizione del documento evidenziandone, come sopra detto, la efficacia probatoria ai fini del decidere nonchè la coincidenza degli elementi di fatto in esso riportati con quelli di cui ai capitoli di prova sui quali doveva deporre il teste, già ammesso e che non si era presentato a rendere la testimonianza, il tutto in un’ottica di contenimento dei tempi di durata del processo;

che, pertanto, il motivo deve essere rigettato in relazione a tutti i profili di doglianza in esso formulati (violazione di legge e vizi di motivazione);

che, al rigetto del ricorso, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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