Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25966 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2021, (ud. 05/03/2021, dep. 24/09/2021), n.25966

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34863-2019 proposto da:

M.G., MA.GI., in qualità di eredi di

M.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA STEFANO LONGANESI 9,

presso lo studio dell’avvocato CARMELO RUSSO, rappresentati e difesi

dall’avvocato NICOLA D’AGOSTINO;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cronol. 2547/2019 della CORTE D’APPELLO di

CATANZARO, depositato il 02/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte di appello di Catanzaro, con decreto n. 2547/2019, rigettando l’opposizione proposta da M.G. e Ma.Gi. ai sensi della L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, avverso il provvedimento di rigetto della domanda della Legge cit., ex art. 2 bis, condivideva le argomentazioni del Consigliere designato secondo cui non avendo il dante causa dei ricorrenti, M.S., proposto impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Crotone n. 60 del 23.01.2017 emessa a conclusione del giudizio presupposto di primo grado, gravata dalla sola B.M., nei loro confronti la decisione era passata in giudicato sin dal 26.02.2018, per cui la domanda indennitaria doveva ritenersi tardiva, non avendo peraltro la sentenza di questa Corte del 12.12.2017, relativa alla sola posizione della B..

Avverso il decreto della Corte di appello di Roma i M. propongono ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo.

Il Ministero della giustizia è rimasto intimato.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

– con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4, in relazione all’art. 327 c.p.c. ratione temporis applicabile per avere la Corte di merito erroneamente calcolato il termine per la proposizione della domanda della L. n. 89 del 2001, ex art. 2 bis.

La censura è destituita di fondamento e con essa il ricorso.

Per consolidato insegnamento di questa Corte, la notificazione dell’impugnazione a parti diverse da quelle dalle quali o contro le quali è stata proposta ai sensi dell’art. 332 c.p.c. non ha la stessa natura della notificazione prevista dal precedente art. 331 c.p.c., relativo all’integrazione del contraddittorio in cause inscindibili, in quanto, mentre in tale ultima norma si tratta di una vocatio in ius per integrare il contraddittorio, in ipotesi di cause scindibili detta notificazione integra soltanto una litis denuntiatio allo scopo di avvertire coloro che hanno partecipato al giudizio della necessità di proporre le impugnazioni, che non siano già precluse o escluse, nel processo instaurato con l’impugnazione principale (cfr. Cass. 6.6.1983 n. 3858). Cosicché, si produce l’effetto per cui il processo è da ritenere in situazione di stasi e di quiescenza (onde la sentenza non può essere utilmente emessa) fino alla decorrenza dei termini stabiliti dagli artt. 325 e 327 c.p.c., mentre laddove questi siano scaduti, l’inosservanza dell’art. 332 c.p.c. non produce alcun effetto (cfr. Cass. 15.4.2013 n. 9080).

Nel solco del riferito insegnamento si rimarca, nel caso di specie, che è incontestato che il dante causa dei ricorrenti, M.S., abbia ricevuto l’atto di appello nel giudizio presupposto (proposto dalla sola B.M. avverso la sentenza del Tribunale di Crotone n. 60 del 23.01.2017) ai soli fini e per gli effetti di cui all’art. 332 c.p.c., per cui trattandosi di giudizio con domande scindibili, doveva ritenersi intervenuto per i non aventi interesse al gravame (per non avere proposto autonoma impugnazione) il giudicato su detta pronunzia in epoca antecedente al deposito della sentenza di secondo grado, con la conseguenza che correttamente il Giudice distrettuale ha ritenuto ampiamente decorso il termine di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 4.

Siffatta impostazione del Consigliere – alla quale peraltro non sono state formulate critiche di sorta – è ampiamente condivisa dal Collegio.

In conclusione, il ricorso va respinto.

In assenza di difese svolte dalla parte erariale, nessuna pronuncia sulle spese. Non vi è l’obbligo di pagamento del doppio contributo unificato (v. D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10 e Cass., Sez. Un., 28 maggio 2014 n. 11915).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 5 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

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