Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25963 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. I, 05/12/2011, (ud. 14/11/2011, dep. 05/12/2011), n.25963

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3291/2010 proposto da:

PREFETTURA DI MILANO, in persona del Prefetto pro tempore,

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.E.M.E.;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di MILANO, depositata il

02/02/2009, n. 87837/08 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La Prefettura di Milano ha proposto ricorso per cassazione – affidato a un solo motivo – contro il decreto depositato il 2.2.2009 con il quale il Giudice di pace di Milano ha accolto l’opposizione proposta da C.E.M.E. nei confronti del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti. Secondo il giudice del merito, poichè il ricorrente conviveva con la nipotina (figlia minore della propria sorella, coniugata con un cittadino italiano) avente cittadinanza italiana (all’epoca di sette mesi), era applicabile il divieto di espulsione di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. c).

L’intimato non ha svolto difese.

Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c., parte ricorrente ha depositato memoria.

2.- L’Amministrazione ricorrente denuncia violazione di legge e formula il quesito: “se la convivenza dello straniero illegalmente presente sul territorio nazionale con un parente italiano entro il quarto grado minore di età, integri la condizione di inespellibilità di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 2, lett. b)”.

2.1.- Secondo la giurisprudenza della S.C. “la situazione di convivenza dello straniero con parente entro il quarto grado di cittadinanza italiana e minore di età non configura la condizione per il divieto di espulsione del primo prevista dal D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 2, lett. c), (nella formulazione vigente anteriormente alla modifica introdotta dalla L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 1, comma 22, lett. p), in quanto la predetta condizione non può che essere fondata su una scelta volontaria che deve escludersi possa essere espressa da un minore, salvo che non sia fornita la prova che la convivenza è avvenuta nell’interesse del minore ed è stata frutto di una scelta, strumentale a tale interesse, manifestata dagli esercenti la potestà genitoriale, ovvero la tutela, sul medesimo minore” (Sez. 1, Sentenza n. 56 7 del 15/01/2010). Principio applicato da Sez. 1, Sentenza n. 15246 del 04/07/2006 ad una fattispecie nella quale era invocata la convivenza dello straniero con parente entro il quarto grado di cittadinanza italiana di quattro anni. Pronuncia, quest’ultima, che, dopo avere ricordato che la Corte costituzionale, con ordinanza del 20 luglio 2000, n. 313, ha considerato che la previsione del divieto di espulsione per lo straniero coniugato con un cittadino italiano o convivente con cittadini che siano con lui in rapporto di parentela entro il quarto grado risponde all’esigenza di tutelare, da un lato, l’unità della famiglia e, dall’altro, il vincolo parentale, e riguarda persone che si trovano in una situazione di certezza di rapporti giuridici, ha evidenziato che la particolarità del caso in esame è rappresentata dalla circostanza che il parente italiano entro il quarto grado con cui il ricorrente convive è un minore. Ha, poi, puntualizzato che “la convivenza è frutto di una scelta libera e consapevole e soprattutto adeguata ai propri desideri e alle proprie esigenze; è l’attenzione a tali aspirazioni e bisogni che permette di scegliere ciò che più si adatta alla propria situazione, peraltro suscettibile di mutare nel tempo. Ciò considerato, una manifestazione di volontà nel senso indicato non può essere validamente espressa da chi, come il minore, non abbia capacità d’agire. Diversamente, oltre a contraddire un principio fondamentale dell’ordinamento, si offrirebbe all’extracomunitario un possibile espediente con cui legittimare situazioni di clandestinità”.

La più recente Cass. 567/2010, poi, ha fatto riferimento all’esigenza (esclusa in quel caso perchè non dedotta) di tutela dell'”interesse del minore, qualora la convivenza avvenga effettivamente con il medesimo, non in via meramente eventuale o incidentale, e sia davvero strumentale alla tutela di esigenze ed interessi del medesimo”.

Ancora più di recente questa Sezione (Cass., 23 settembre 2011 n. 19464, non ancora massimata), dopo avere dato atto che nella fattispecie decisa la volontà di mantenere il rapporto di convivenza era stata manifestata sia dal minore che dai genitori dello stesso, ha ritenuto operante il divieto di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 (T.U.I.).

2.2.- La dottrina ha evidenziato che la Convenzione di New York sui diritto del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con L. n. 176 del 1991, all’art. 12, introduce l’obbligo di tener conto delle opinioni del minore in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardi solo se si tratti di “fanciullo capace di discernimento” e “tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità” prevedendo, peraltro, che il minore possa essere ascoltato non solo direttamente, ma anche tramite di un rappresentante o di un organo appropriato, compatibilmente con le regole della legislazione nazionale”.

Nella concreta fattispecie il parente di nazionalità italiana dello straniero espulso aveva, all’epoca, sette mesi.

Dal provvedimento impugnato si evince che il ricorso dello straniero è stato accolto perchè in virtù della disposizione di cui all’art. 19 n. 2, lett. C) cit. T.U.I. – nel testo vigente ratione temporis – è vietata l’espulsione dello straniero convivente con parenti entro il quarto grado o con il coniuge di nazionalità italiana e il ricorrente ha fornito la prova di essere convivente con la figlia minore della propria sorella, coniugata con un cittadino italiano.

Inoltre, la volontà di mantenere la convivenza con il parente entro il quarto grado era stata “chiaramente espressa dai genitori del minore”. Ciò è quanto basta (rapporto di parentela entro il quarto grado e convivenza volontaria con il parente) per ritenere sussistente il divieto di cui all’art. 19 n. 2 lett. C) cit. T.U.I., nel testo applicabile ratione temporis. In tali sensi deve essere disatteso il precedente orientamento espresso da Cass. 567/2010, secondo il quale verrebbe in rilievo, nell’applicazione della norma in questione, l’esigenza di tutela dell'”interesse del minore, qualora la convivenza avvenga effettivamente con il medesimo, non in via meramente eventuale o incidentale, e sia davvero strumentale alla tutela di esigenze ed interessi del medesimo”.

Infatti, le norme che tutelano i minori, nell’ambito del D.Lgs. n. 286 del 1998, sono dettate dagli artt. 31, 32 e 33 e il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari è disciplinato dall’art. 30 del cit. D.Lgs..

Il ricorso, dunque, deve essere rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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