Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25961 del 15/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 15/12/2016, (ud. 10/10/2016, dep.15/12/2016),  n. 25961

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21172-2015 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TIBULLO 10,

presso lo studio dell’avvocato MARCO SAPONARA, rappresentata e

difesa dall’avvocato MARCO ANTONIO SAPONARA giusto mandato a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 237/02/2015 della COMMISSIONI;, TRIBUTARIA

REGIONALE di POTENZA, emessa il 16/02/2015 e depositata il

09/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLA VELLA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.

1. In fattispecie relativa ad avviso di accertamento Irpef 2006, con unico motivo di ricorso la contribuente censura la sentenza impugnata “in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le partio, poichè la C.T.R. avrebbe “sostanzialmente omesso di esaminare la documentazione prodotta dalla contribuente” a superamento della presunzione di capacità contributiva.

2. La censura è inammissibile, in quanto vertente non già su un fatto decisivo, bensì sulla valutazione del materiale probatorio da parte del giudice d’appello, il quale ha puntualmente affermato: “la sig.ra S. in realtà non ha dimostrato che le somme in questione rappresentavano disponibilità patrimoniale appartenente all’originario nucleo familiare, sostenendo che le erano state elargite in contanti dall’ex coniuge, imprenditore, in sede di separazione giudiziale… detta ricostruzione non risulta supportata da alcuna documentazione agli atti; tale non può ritenersi il solo ricorso proposto dall’ex coniuge”.

3. In effetti, dallo stesso atto introduttivo si evince – sia pure fumosamente – che ad essere stato prodotto era non già il decreto di omologa della separazione consensuale tra i coniugi, bensì solo il ricorso del coniuge che ad esso faceva rinvio, con ciò avvalorandosi la ritenuta insufficienza della prova fornita, in quanto rappresentata da un semplice atto di parte; nè d’altro canto risulta fornita una giustificazione circa la mancata allegazione del provvedimento del tribunale, munito di ben altra efficacia probatoria.

4. Il ricorso va quindi respinto, con condanna alle spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.400,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2016

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