Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25960 del 16/11/2020

Cassazione civile sez. II, 16/11/2020, (ud. 11/09/2020, dep. 16/11/2020), n.25960

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23005-2019 proposto da:

R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo rappresenta e

difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 275/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 20/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/09/2020 dal Consigliere GIANNACCARI ROSSANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.A. propose, innanzi alla Commissione Territoriale di Bari, domanda di protezione internazionale nella forma del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e del diritto di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

1.1. La domanda venne rigettata in sede amministrativa; l’opposizione fu respinta dal Tribunale ed il provvedimento di diniego venne confermato dalla Corte d’Appello di Lecce con sentenza del 20.3.2019.

1.3. La Corte di merito condivise e recepì le valutazioni della Commissione Territoriale, che aveva osservato come nessuna tutela poteva essere invocata in quanto il terrorista che aveva ucciso il padre era stato condannato a morte e la famiglia non aveva più subito minacce. L’unico problema, per il ricorrente, era rappresentato dal debito contratto dal padre e dalle possibili ritorsioni in caso di mancata estinzione. Il ricorrente non aveva, inoltre, dimostrato di trovarsi in situazione di particolare vulnerabilità, con particolare riferimento alla privazione dei diritti fondamentali. Escluse che in Punjab vi fosse una situazione di conflitto generalizzato tale da mettere il ricorrente in pericolo di vita.

2. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso R.A. sulla base di cinque motivi.

2.11. Ha resistito con controricorso il Ministero dell’interno.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per omessa indicazione del giudice che l’ha pronunciata in quanto mancherebbe nell’intestazione il riferimento alla Corte d’appello di Lecce.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. Pur non essendo riportata nell’intestazione “Corte d’appello di Lecce”, si evince dall’esame complessivo del provvedimento che la sentenza è stata pronunciata dalla Corte d’appello di Lecce perchè dal dispositivo si evince testualmente che la causa è stata decisa a Lecce.

2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulla domanda di protezione umanitaria, in ordine alla quale era stato proposto specifico motivo di impugnazione.

2.1. Il motivo non è fondato.

2.2. La Corte d’appello si è pronunciata sulla richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari ed ha fatto specifico riferimento all’assenza di condizione di vulnerabilità, con privazione dei diritti fondamentali nel paese di provenienza, che è il presupposto per riconoscere la protezione umanitaria (Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per apparente motivazione poichè avrebbe recepito acriticamente le motivazione della Commissione Territoriale.

3.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, è ammissibile la motivazione della sentenza “per relationem”” dovendosi giudicare la sua completezza e logicità sulla base degli elementi contenuti nell’atto al quale si opera il rinvio e che, proprio in ragione del rinvio, diviene parte integrante dell’atto rinviante. E’ necessario che il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (Cassazione civile sez. I, 05/08/2019, n. 20883Cassazione civile sez. III, 16/01/2009, n. 979).

3.2. Nel caso di specie, la corte di merito, dopo aver richiamato e recepito le motivazioni della Commissione Territoriale, spiega le ragioni per le quali non possa essere concessa la protezione internazionale, facendo autonomo riferimento alla vicenda del ricorrente ed ai motivi dell’espatrio. La corte distrettuale ha osservato che il terrorista che avrebbe ucciso il padre era stato condannato a morte e la famiglia non aveva più subito minacce. L’unico problema, per il ricorrente, era, pertanto rappresentato dal debito contratto dal padre e dalle possibili ritorsioni in caso di mancata estinzione ovvero in fatti di natura privata che non legittimano la protezione internazionale.

4. Con il quarto motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3,4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, poichè la corte distrettuale non avrebbe valutato le condizioni personali del ricorrente e la sua integrazione ai fini del rilascio del permesso ai fini umanitari.

5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 6, comma 6, in quanto la corte di merito avrebbe rigettato la richiesta di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari senza tenere conto della situazione del paese d’origine e delle sue condizioni personali e, per aver omesso, quindi, il giudizio comparativo.

6. I motivi, che per la loro connessione, vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili.

6.1. La protezione umanitaria rappresenta una misura atipica e residuale, volta a tutelare situazioni che, seppur non integranti i presupposti per il riconoscimento delle forme tipiche di tutela, si caratterizzino ugualmente per la condizione di vulnerabilità in cui versa il richiedente la protezione internazionale.

6.2. L’accertamento della summenzionata condizione di vulnerabilità avviene, in ossequio al consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. civ., sez. I, 15/05/2019 n. 13088; Cass. civ., sez. I, n. 4455 23/02/2018, Rv. 647298 01), alla stregua di una duplice valutazione, che tenga conto, da un lato, degli standards di tutela e rispetto dei diritti umani fondamentali nel Paese d’origine del richiedente e, dall’altro, del percorso di integrazione sociale da quest’ultimo intrapreso nel Paese di destinazione.

6.3. Le Sezioni Unite hanno consolidato l’indirizzo espresso dalle Sezioni Semplici, secondo cui occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, in raffronto alla situazione d’integrazione raggiunta nel paese di accoglienza, senza che abbia rilievo l’esame del livello di integrazione raggiunto nel nostro Paese, isolatamente ed astrattamente considerato (Cassazione civile sez. un., 13/11/2019, n. 29459).

6.4 La corte distrettuale, nel rigettare la domanda volta al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha escluso entrambe le condizioni menzionate, nè il ricorrente allega quale siano le ragioni di vulnerabilità ed il percorso di integrazione compiuto nel paese di destinazione, che, in comparazione con la situazione del paese di provenienza potrebbe essere rilevante ai finì del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.

7. Il ricorso va pertanto rigettato.

7.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

7.3. La condanna al pagamento delle spese del giudizio in favore di un’amministrazione dello Stato deve essere limitata, riguardo alle spese vive, al rimborso delle somme prenotate a debito (Cassazione civile sez. II, 11/09/2018, n. 22014; Cass. Civ., n. 5859 del 2002).

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, il 11 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2020

 

 

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