Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25958 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 15/10/2019, (ud. 29/05/2019, dep. 15/10/2019), n.25958

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17194-2018 proposto da:

G.E., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocato

CARLO DI NANNI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 10096/23/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 01/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott.ssa

ANTONELLA DELL’ORFANO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

G.E. propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, indicata in epigrafe, che aveva respinto l’appello contro la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Napoli n. 6363/2014, con cui era stato respinto il ricorso proposto avverso avviso di liquidazione in materia di accertamento imposta di registro e bollo relativamente alla registrazione di sentenza del Tribunale Civile di Napoli che aveva provveduto a scioglimento di divisione ereditaria;

l’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, denunciando “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, nonchè dell’art. 112 c.p.c.”, lamentando che la CTR avesse omesso di pronunciarsi sull’eccezione, sollevata dall’appellante, circa “l’inammissibilità della costituzione dell’Agenzia delle Entrate per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, comma 2, che prevede che l’Agente della Riscossione stia in giudizio direttamente o per il tramite della struttura sovraordinata e non per il tramite di un procuratore speciale o del direttore provinciale”;

1.2. il motivo va disatteso poichè il vizio di omessa pronunzia è configurabile solo nel caso di mancato esame di questioni di merito, e non anche di eccezioni pregiudiziali di rito, come nel caso in esame (cfr. Cass. nn. 25154/2018, 1876/2018, 22083/2013, 1701/2009);

2.1. con il secondo motivo di ricorso la ricorrente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, denunciando, in rubrica, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, art. 8, parte prima allegata, art. 37 e art. 41, comma 2” perchè, secondo la ricorrente, trattandosi di divisione di beni immobili senza operare “alcun conguaglio e/o aumento di valore patrimoniale in favore dei coeredi” doveva trovare applicazione il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, lett. d), con imposta da versare in misura fissa;

2.2. la censura è fondata;

2.3. in tema di imposta di registro, la divisione è un atto avente natura dichiarativa, sottoposto all’aliquota dell’1% (art. 3 della Tariffa, parte Prima, allegata al TUR);

2.4. è stata, infatti, pacificamente accolta la nozione di divisione come atto avente natura dichiarativa, purchè le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondano alle quote di diritto, cioè a quelle quote che spettano ai partecipanti, sui beni della massa, in ragione dei diritti che essi vantano;

2.5. pertanto, assume importanza essenziale, per l’individuazione dell’imposta da applicare, il rapporto tra quota di diritto e quota di fatto; nel caso in cui quest’ultima superi la pars iuris, la divisione, per l’eccedenza, perderà la sua natura dichiarativa, per divenire un negozio parzialmente traslativo, assoggettato alla relativa imposta di trasferimento;

2.6. il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, comma 1, secondo periodo, stabilisce i criteri per determinare la massa comune, distinguendo tra comunione derivante da successione mortis causa e comunione derivante da titolo diverso dalla successione per causa di morte;

2.7. il citato D.P.R., art. 34, comma 1, stabilisce che “la divisione, con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente”;

2.8. questa Corte ha chiarito che “in tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria (nella specie, per divisione giudiziale), mediante assegnazione dei beni in natura e versamento di conguagli in denaro, ove i coeredi abbiano ricevuto il valore delle rispettive quote, si applica l’aliquota degli atti di divisione e non l’aliquota degli atti traslativi, atteso che quest’ultima è applicabile, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 34, soltanto nel caso in cui ad un condividente siano stati attribuiti beni per un valore eccedente quello a lui spettante e limitatamente alla parte in eccedenza, mentre non rileva che la somma corrisposta a titolo di conguaglio provveda o meno dalla massa ereditaria, in quanto la norma citata non si riferisce alla provenienza dei beni, ma unicamente al loro valore” (cfr. Cass. nn. 20119/2012; conf. Cass. nn. 17866/2010, 17512/2017) e che “le assegnazioni che hanno luogo nella divisione di beni mobili o immobili non sono considerate traslative di proprietà dei beni assegnati se il condividente riceve una quota corrispondente ai suoi diritti; se, invece, vi è conguaglio, o la quota assegnata è superiore a quella spettante, la divisione, in relazione al conguaglio o al maggiore assegno, è considerata a carattere traslativo e come tale soggetta al tributo proporzionale. Ne deriva che l’Ufficio del Registro, al fine di procedere all’accertamento del tributo, debba sottoporre a giudizio di valore l’intero compendio oggetto della divisione per effettuare il raffronto proporzionale della quota assegnata rispetto al tutto, in relazione alla quota di comproprietà spettante” (cfr. Cass. n. 17866/2010, conf. Cass. n. 7606/2018);

2.9. nella specie, la sentenza del Tribunale di Napoli, provvedendo in ordine allo scioglimento della comunione, ha attribuito aì coeredi il valore delle rispettive quote di diritto, senza effettuare conguagli, nè determinare attribuzioni di beni in eccedenza la quota di diritto a ciascuno di essi spettante, limitandosi, come riportato nella sentenza impugnata, a sciogliere la comunione, individuando e stabilendo le quote di eredità ed assegnando a ciascun coerede una quota;

2.10. la CTR, pertanto, non ha fatto buon governo dei principi espressi, avendo ritenuto nella specie la sussistenza di una sentenza di accertamento della quota di diritto di ciascun comunista sulla massa comune ed un contestuale atto traslativo del diritto di proprietà;

3.1. è assorbito il terzo motivo di ricorso con cui la ricorrente censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 denunciando, in rubrica, “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 27 e 37 ” avendo la CTR affermato la debenza dell’imposta di registro in misura proporzionale anche se al momento della registrazione la sentenza era stata “sospesa con ordinanza del Giudice Posteraro nel mese di maggio 2010”;

3.2. secondo quanto già illustrato con riguardo al secondo motivo di ricorso, importanza essenziale, per l’individuazione dell’imposta da applicare ad una divisione, è il rapporto tra quota di diritto e quota di fatto e solo nel caso in cui quest’ultima superi la pars iuris, la divisione, per l’eccedenza, perderà la sua natura dichiarativa, per divenire un negozio parzialmente traslativo, assoggettato alla relativa imposta di trasferimento in misura proporzionale, ipotesi che non ricorre, dunque, nel presente caso;

4. è inammissibile il quarto motivo di ricorso, con cui si lamenta “violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 comma 1” per difetto di motivazione dell’atto impugnato, in quanto, in difetto dell’autosufficienza e della specificità del motivo, non risulta riportato in ricorso, nelle parti rilevanti, l’atto impugnato con conseguente impedimento a questo Collegio di verificare l’esatta portata delle doglianze mosse in sede di gravame;

5. il ricorso va dunque accolto limitatamente al secondo motivo, assorbito il terzo e respinti i rimanenti, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Commissione Tributaria Regionale della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, respinti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sesta Sezione, il 29 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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