Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25956 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2021, (ud. 05/03/2021, dep. 24/09/2021), n.25956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36230-2018 proposto da:

P.R., M.R., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA MAGLIANO SABINA 24, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

PETTINARI, rappresentati e difesi dagli avvocati ALESSANDRO

LUCCHETTI, ALBERTO LUCCHETTI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. cronol. 1952/2018 della CORTE D’APPELLO di

ANCONA, depositato il 12/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/03/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 22 maggio 2017 dinanzi alla Corte di appello di Ancona P.R. e M.R., chiedevano, ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo per la irragionevole durata di un giudizio civile definito – a seguito di accordo transattivo – con ordinanza di cancellazione della causa dal ruolo in data (OMISSIS) della Corte dorica.

Con Decreto 28 settembre 2017, n. 2896, il consigliere designato rigettava la domanda per inammissibilità per essere stato proposto prima della definitività del provvedimento di estinzione del giudizio presupposto.

In virtù di opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5-ter, degli originari ricorrenti, che sostenevano la incostituzionalità della citata L., art. 4, che veniva respinta con Decreto 12 giugno 2018, n. 1952, la Corte di merito riteneva essere stata fatta dal giudice a quo corretta applicazione del disposto di cui all’art. 307 c.p.c., ratione temporis applicabile.

Avverso quest’ultimo decreto i P. – M. a propongono ricorso per cassazione, fondato su due motivi, cui resiste il Ministero della giustizia con controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere accolto per essere fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

In prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha curato anche il deposito di memoria illustrativa.

Atteso che:

– con i due motivi si deduce la violazione e la falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 (come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. d), conv., con modif. nella L. n. 134 del 2012, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per essere l’interpretazione della norma invocata dalla corte territoriale dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte delle leggi con la sentenza n. 88 del 2018.

I motivi sono fondati e con essi il ricorso.

Nella specie la domanda di equa riparazione è stata proposta durante la pendenza del processo presupposto in data 22 maggio 2017 (come risulta dal testo dello stesso decreto impugnato). Non può esserci dubbio, infatti, che, agli effetti della L. n. 89 del 2001, art. 4, la domanda di equa riparazione dei P. e M. era perciò soggetta ratione temporis all’applicabilità della L. n. 89 del 2001, art. 4, come sostituito dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. d). Tale norma è stata tuttavia dichiarata incostituzionale da Corte Cost. 26 aprile 2018, n. 88, proprio nella parte in cui non prevede che la domanda di equa riparazione potesse essere proposta in pendenza del procedimento presupposto.

La sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità della norma che subordinava la proponibilità della domanda di equo indennizzo alla definitività del provvedimento decisorio del giudizio presupposto impone quindi l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, la cui ratio decidendi risiede proprio nell’applicazione di tale norma, rimettendosi al giudice di rinvio i necessari accertamenti di fatto ai fini della valutazione della ragionevolezza della durata del processo presupposto.

Al giudice del rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 5 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

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