Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25956 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. I, 05/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 05/12/2011), n.25956

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24634/2009 proposto da:

P.C. (c.f. (OMISSIS)) in proprio, F.

P.M. (c.f. (OMISSIS)), F.G. (c.f.

(OMISSIS)), F.M.G. (c.f.

(OMISSIS)), nella qualità di eredi di F.F.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA GENTILE DA FABRIANO 3,

presso l’avvocato CAVALIERE Raffaele, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CERRA GIUSEPPE FR., giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il

07/08/2009; n. 651/06 R.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. MAGDA CRISTIANO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DEL CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’Appello di Salerno, con decreto del 7.8.08, ha parzialmente accolto le domande proposte da P.C., in proprio e nella sua qualità di erede di F.F., e dagli altri eredi del F., F.P.M., G. e M.G., di riconoscimento di un equo indennizzo per l’eccessiva durata del giudizio promosso dal de cuius e dalla P. per ottenere la condanna dell’ANAS al risarcimento dei danni subiti per la costruzione di una strada sopraelevata nelle vicinanze di un immobile di loro proprietà, che era stato definito in primo grado dopo oltre 19 anni dalla data di notifica della citazione.

La Corte territoriale, ritenuto che il processo avrebbe dovuto concludersi in circa sei anni, e detratti ulteriori 21 mesi di ritardo imputabili a rinvii o richiesti dalle parti o disposti per “motivi elettorali”, ha determinato in 11 anni la sua durata irragionevole ed ha condannato il Ministero della Giustizia a pagare alla P., in proprio e nella qualità, la somma di Euro 8.800,00 ed agli altri tre eredi di F.F. la somma complessiva di Euro 11.000,00, oltre agli interessi legali ed alle spese del procedimento.

Gli eredi F. e la P. anche in proprio hanno proposto ricorso per la cassazione del provvedimento, affidato ad un unico motivo, cui il Ministero della Giustizia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con l’unico motivo di ricorso, i ricorrenti, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, parr. 1 e 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e L. n. 89 del 2001, art. 2, si dolgono dell’esiguità dell’indennizzo liquidato, che a loro dire sarebbe stato determinato in misura inferiore a quella dovuta in base ai criteri di liquidazione del quantum adottati dalla Corte EDU, che prevedono un risarcimento di Euro 1.000,00/1.500,00 per ciascun anno di durata del procedimento, e non per anno di ritardo, oltre ad un aumento globale di Euro 2.000,00 della somma così calcolata in caso di una posta in gioco di notevole portata, ovvero a un decremento in funzione di particolari circostanze afferenti alla peculiare fattispecie dedotta nel giudizio presupposto. Formulano quesito di diritto con il quale chiedono a questa Corte di accertare se, ed in quali limiti, il giudice del merito si sia attenuto alle predette regole direttive.

2) Il motivo non può trovare accoglimento.

2.1) Va preliminarmente rilevato che, attesa l’inammissibilità di un ricorso che, come il presente, sia proposto nella vigenza dell’art. 366 bis c.p.c., ma sia privo del quesito di diritto, non può tenersi conto delle ragioni di censura che, ancorchè illustrate nel motivo (erronea determinazione del periodo di durata del procedimento eccedente quella ragionevole, illegittima sottrazione dei ritardi imputabili a rinvii), non risultano sintetizzate nel quesito formulato.

2.3) In ordine al quantum liquidato, il decreto impugnato si sottrae, invece, alle dedotte censure.

2.4) Va escluso, in primo luogo, che l’indennità debba essere liquidata per ciascun anno di durata del processo, atteso il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), secondo il quale rileva solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole. Costituisce, infatti, principio ripetutamente affermato da questa Corte (da ultimo, Cass. nn. 8780/010, 7550/010), ed enunciato anche dalla Corte Costituzionale (sentenze nn. 348 e 349/07), che il giudice italiano, chiamato a dare applicazione della L. n. 89 del 2001, deve interpretarla in modo conforme alla Convenzione EDU per come essa vive nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo entro i limiti in cui detta interpretazione sia resa possibile dal testo della legge stessa.

Se ciò non è possibile (come è appunto nel caso dell’art. 2, comma 3 lett. a), il giudice, qualora dubiti della compatibilità della norma interna con la disposizione internazionale interposta, deve investire la Corte Costituzionale della relativa questione di legittimità rispetto al parametro di cui all’art. 117 Cost., comma 1, ma non può procedere alla diretta disapplicazione della norma interna.

Va peraltro qui ribadito il giudizio di manifesta infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale della norma in esame, già espresso in precedenti pronunce proprio in riferimento alla coerenza del rimedio stabilito dalla L. n. 89 del 2001, con il principio di effettività (avuto riguardo alle norme convenzionali invocate): la diversità del moltiplicatore del calcolo non tocca infatti la complessiva attitudine della legge nazionale ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo e, dunque, non autorizza dubbi sulla compatibilità di tale norma con gli impegni internazionali assunti dalla Repubblica italiana mediante la ratifica della Convenzione e con il pieno riconoscimento, anche a livello costituzionale, del canone di cui all’art. 6, par. 1 della Convenzione medesima (Cass. n. 980/08).

2.4) Va poi rilevato, in relazione all’ammontare dell’indennità, che la Corte di Strasburgo ha fissato un parametro tendenziale di liquidazione oscillante fra Euro 1.000,00 ed Euro 1.500,00 per ogni anno di ritardo. La stessa Corte (in una serie di sentenze rese dalla Grande Camera il 29.3.2006 sui ricorsi nn. 64699/01, 64705/01, 64886/01, 64890/01, 64897/01), ha però riconosciuto che gli importi concessi dal giudice nazionale possono essere inferiori a quelli da essa fissati, purchè non irragionevoli, a condizione che “le decisioni pertinenti” siano “coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato”).

Ciò consente di affermare che qualora, come nel caso di specie, non emergano particolari elementi in grado di far apprezzare la peculiare rilevanza del danno non patrimoniale (e non risultando, peraltro, che i ricorrenti abbiano dedotto nel corso del procedimento di merito di aver diritto ad un bonus per la considerevole importanza della posta in gioco), l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, alla luce delle quantificazioni operate dal giudice nazionale nel caso di lesione di diritti diversi da quello in esame, comporta, nell’osservanza della giurisprudenza della Corte EDU, il riconoscimento, di regola, di una somma non inferiore ad Euro 750,00 per ogni anno di ritardo in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore ad Euro 1.000,00 per gli anni successivi (Cass. n. 21840/09).

A tale criterio di liquidazione si è pienamente attenuta la Corte salernitana, che ha quantificato in Euro 800,00 per la P. ed in Euro 1.000,00 per gli altri eredi di F.F. l’indennizzo dovuto dall’amministrazione della giustizia per ciascun anno del processo presupposto eccedente la ragionevole durata.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare al Ministero della Giustizia le spese processuali, che liquida in Euro 1.000,00 per onorari, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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