Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25954 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2021, (ud. 03/02/2021, dep. 24/09/2021), n.25954

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 37212-2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI BOCCEA

227, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA OLIOSI, rappresentato

e difeso dall’avvocato DARIO BINI;

– ricorrente –

contro

A.V.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1321/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 23/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 03/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

S.M., con atto di citazione notificato in data (OMISSIS), evocava dinanzi al Tribunale di L’Aquila A.V. per sentirlo condannare a restituirgli la somma di Euro 20.711,98 quale parte del prezzo ricevuto per la compravendita di un immobile di cui non era stato stipulato il contratto definitivo per avere il promittente venditore ceduto il bene a terzi, nella resistenza del convenuto che eccepiva la prescrizione del diritto azionato dal promissario acquirente per non avere dato luogo alla stipulazione del definitivo, nonché – in via subordinata – l’inadempimento del promissario, il giudice adito, con sentenza n. 923/2014, dichiarava risolto il contratto preliminare per non avere l’attore/promissario acquirente, detentore dell’immobile a titolo di comodato precario, richiesto di stipulare il contratto definitivo nei termini pattuiti, senza riconoscergli alcun danno, e con condanna del convenuto alla restituzione della parte del prezzo versato per essere venuta meno la causa della dazione.

In virtù di appello interposto dall’ A., la Corte di appello di L’Aquila, nella resistenza dell’appellato, accoglieva il gravame e in parziale riforma della decisione di prime cure, dichiarava estinto il diritto del S. ad ottenere le restituzioni per intervenuta prescrizione, fissata pacificamente al dicembre 1994 la data per il pagamento dell’ultima rata del prezzo e la stipula del contratto definitivo.

Avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila il S. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo.

A.V. è rimasto intimato.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore del ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Atteso che:

– il Collegio non condivide la proposta di definizione della controversia notificata alle parti e ritiene che il ricorso debba essere accolto per le ragioni di seguito esposte;

– con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1351,2934,2935,2946 e 2033 c.c., nonché dell’art. 113 c.p.c., per avere la Corte di merito considerato quale dies a quo per la stipula del definitivo la data del (OMISSIS) (pacificamente data di scadenza dell’ultima cambiale quale saldo del prezzo concordato) e non già il (OMISSIS) per avere – secondo le difese del S. – la prima data solo privato di causa i contratti accessori di mutuo e di comodato, per cui dalla stessa sarebbe iniziato a decorrere il termine per lo spirare del diritto del solvens di ripetere quanto versato nelle mani dell’accipiens secondo lo schema dell’indebito soggettivo di cui all’art. 2033 c.c., quest’ultimo soggetto alla prescrizione quinquennale decorrente dal (OMISSIS), con la conseguenza che doveva ritenersi tempestivamente azionato dal ricorrente con l’atto di citazione de quo in data 03.12.2008.

La censura è fondata e con essa il ricorso.

Il S. ha agito in giudizio per esercitare un’azione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., e non già per far valere l’adempimento di un obbligo contrattuale ovvero la risoluzione del contratto preliminare, il cui venir meno era già definitivo, prima dell’introduzione del presente giudizio, in forza del principio secondo cui essendo il preliminare fonte di obbligazione al pari di ogni altro contratto ed il suo particolare oggetto, cioè l’obbligo di concludere il contratto definitivo, determina che ove l’inattività delle parti si protragga per oltre dieci anni da quando il diritto alla stipulazione del contratto definitivo poteva essere fatto valere, vale a dire dalla scadenza del termine, sia pur non essenziale, ivi fissato, determina, a norma degli art. 2934,2935 e 2946 c.c., l’estinzione del diritto medesimo (cfr. Cass. n. 9086 del 1992; Cass. n. 14463 del 2011), al pari di quello, conseguente al relativo inadempimento, al risarcimento dei danni, fatti salvi, naturalmente, gli effetti di eventuali atti interruttivi.

Ne consegue che il S. doveva ritenersi attivamente legittimato alla ripetizione, posto che la somma in questione era stata pacificamente da lui corrisposta solo al maturare di siffatta prescrizione.

Infatti secondo il prevalente orientamento di questa Corte, in tema di termine di prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito occorre distinguere i casi di nullità del contratto e, dunque, di mancanza originaria della causa solvendi, in cui il dies a quo comincia a decorrere dal giorno dell’intervenuta esecuzione della prestazione, dai casi in cui il difetto della causa solvendi sopravvenga al pagamento, in cui il suddetto termine decorre dal giorno in cui l’accertamento dell’indebito è divenuto definitivo (poiché solo da questo momento diviene attuale l’interesse del soggetto alla restituzione della somma indebitamente percepita, e certo il suo diritto).

La fattispecie in esame ricade nella seconda delle menzionate ipotesi, tenuto conto che il pagamento non era ab initio privo di causa, dato che il corrispettivo era stato pagato in conformità del previsto accordo preliminare, in epoca antecedente alla data fissata per la stipulazione del definitivo in coincidenza con il versamento dell’ultimo rateo di prezzo, ossia il (OMISSIS). La prestazione è divenuta priva di causa a seguito dell’inattività delle parti al fine dell’adempimento dell’obbligazione di concludere il contratto definitivo. In altri termini, nel caso in esame la ripetizione dell’indebito trova fondamento non già in un difetto originario ed invalidante di causa negoziale (c.d. condictio sine causa), bensì nella mancata esecuzione di un contratto valido e, per ciò stesso, nel successivo venir meno della ragione giustificativa del pagamento (condictio ob causam finitam).

Nel caso di specie, la corte d’appello, ritenendo che la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito conseguente alla mancata esecuzione dell’obbligazione di stipula del contratto definitivo per inattività di entrambe le parti decorra dalla scadenza del termine contrattualmente stabilito per la stipulazione del definitivo non ha fatto buon uso del predetto principio.

Infatti la fattispecie – tutta incentrata sulla oggettività dell’indebito, e non sull’attuazione degli obblighi scaturenti dal contratto preliminare, ormai definitivamente caducato – non avrebbe alcun senso se la prescrizione dell’azione di ripetizione dell’indebito si facesse decorrere, in ipotesi di contratto preliminare valido ed efficacia, se non dopo accertato il definitivo venir meno degli effetti contrattuali, con conseguente venir meno della causa della dazione.

In conclusione il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla Corte di appello di L’Aquila, in diversa composizione, che provvederà al riesame della controversia alla luce dei principi sopra affermati. Il giudice del rinvio è rimessa anche a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

Stante l’accoglimento del ricorso, va dato atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 3 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

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