Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25952 del 05/12/2011

Cassazione civile sez. I, 05/12/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 05/12/2011), n.25952

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20040/2007 proposto da:

KALEIDOS S.A.S. DI PAVIA CARMELO & C. (C.F. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO 9, presso l’avvocato MOLLE ANNA,

che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SHOPVILLE LE GRU S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), già S.P.A., in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso l’avvocato MANZI ANDREA, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati PALA LUIGI, ZORZOLI

MASSIMO, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 719/2007 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato ALBINI CARLO, con delega,

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 19 febbraio 2004 la SHOPVILLE LE GRU s.p.a.

promoveva giudizio arbitrale nei confronti della GIOIELLO s.n.c. di Pavia & c. – più tardi KALEIDOS s.a.s. di Pavia & c. – per l’accertamento della risoluzione di diritto, per morosità, del contratto di locazione di un’unità immobiliare ad uso non abitativo sito in (OMISSIS), che all’art. 17 conteneva una clausola compromissoria per arbitrato rituale.

Resisteva alla domanda la conduttrice.

Con lodo 19 ottobre 2004 il collegio arbitrale accoglieva le domande di risoluzione, di rilascio dell’immobile e di condanna al pagamento dei canoni insoluti.

Il lodo era impugnato per nullità dinanzi la Corte d’appello di Milano dalla KALEIDOS s.a.s. per omissione di motivazione relativamente alla pronunzia di accertamento della risoluzione di diritto, in violazione della L. 27 luglio 1978, n.3 92 (equo canone), e nonostante la tolleranza pregressa per il ritardo nel pagamento di canoni.

La Shopville, costituitasi ritualmente, chiedeva il rigetto del gravame.

Con successiva comparsa la KALEIDOS s.a.s. deduceva altresì la nullità della clausola compromissoria, pattuita da uno solo dei soci amministratori, in violazione dello statuto, che richiedeva invece la firma congiunta di entrambi gli amministratori negli atti di straordinaria amministrazione.

Con sentenza 12 marzo 2007 la Corte d’appello di Milano rigettava l’impugnazione e condannava la KALEIDOS s.a.s. alla rifusione delle spese di giudizio.

Motivava:

– che era tardiva e quindi inammissibile l’eccezione di nullità della clausola compromissoria, sollevata con memoria, in corso di giudizio, ed estranea ai motivi enunciati nell’atto introduttivo;

– che l’allegata carenza di poteri dell’amministratrice avrebbe comportato l’inefficacia, e non la nullità, della clausola: non rilevabile d’ufficio e dunque soggetta all’ordinario regime di preclusione delle eccezioni;

– che in ogni caso si doveva ravvisare una ratifica tacita del contratto di locazione, e in particolare della clausola arbitrale, stante l’esecuzione prolungata del contratto per numerosi anni e la mancanza di eccezioni al giudizio arbitrale ex adverso promosso;

– che nel merito la dedotta carenza di motivazione era infondata, e comunque irrilevante, dato che la clausola compromissoria prevedeva l’inimpugnabilità del lodo (art. 829 c.c., comma 2).

Avverso la sentenza notificata l’8 maggio 2007 la KALEIDOS s.a.s.

proponeva ricorso per cassazione, notificato il 5 luglio 2007, deducendo la violazione di legge nella mancata rilevazione della carenza di potestas judicandi del collegio arbitrale, in conseguenza della nullità della clausola compromissoria, sottoscritta da soggetto sprovvisto del potere di rappresentanza della società.

Resisteva con controricorso la SHOPVILLE LE GRU s.p.a., che a sua volta eccepiva, in via pregiudiziale, l’inammissibilità, sotto vari profili, del ricorso.

All’udienza del 27 Ottobre 2011, il Procuratore generale ed il difensore della Shopville Le Gru s.p.a. precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

E’ infondata l’eccezione pregiudiziale di inammissibilità del ricorso perchè proposto da soggetto non più esistente.

La trasformazione di una società di persone in società di capitali non da luogo una vicenda estintiva, con costituzione ex novo di altro soggetto; bensì ad una modifica dell’atto costitutivo, che determina la prosecuzione, senza soluzione di continuità, dei rapporti giuridici sostanziali e processuali, (art. 2497 c.c.: Cass., sez. 3, 20 giugno 2011 n. 13467; Cass., sez. unite, 31 ottobre 2007 n. 23.019; Cass., sez. lav., 12 novembre 2003, n.17066; Cass., sez. 3, 10 maggio 1995, n. 5106).

Anche la circostanza che nell’atto introduttivo dell’impugnazione sia stata indicata come parte istante la società con la denominazione anteriore alla trasformazione è ininfluente ove, come nella specie, non ne risulti una situazione di incertezza sulla identificazione soggettiva (Cass., sez. 1^, 14 dicembre 2006 26.826; Cass., sez. 1^, 13 settembre 2002 n. 13.434).

Pure infondate si palesano le ulteriori eccezioni di inammissibilità, per inosservanza dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, – dal momento che dal ricorso si desumono agevolmente le norme di legge che sì assumono violate dalla decisione della Corte d’appello – ed ex art. 366 bis c.p.c., perchè il quesito di diritto a corredo della censura mossa appare adeguato.

Nel merito, il ricorso è peraltro infondato.

In tema di attività di impresa il criterio per distinguere gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione non può essere quello del carattere conservativo, o no, dell’atto posto in essere – criterio valido, invece, per l’amministrazione del patrimonio degli incapaci – in quanto l’attività imprenditoriale presuppone necessariamente il compimento di atti di disposizione di beni: con la conseguenza che la distinzione va fondata, per contro, sulla relazione in cui l’atto si pone con la gestione normale del tipo di impresa di cui si tratta e con le dimensioni dell’impresa stessa. Ne deriva che solo gli atti che modifichino la struttura economico – organizzativa sono da considerarsi di straordinaria amministrazione (Cass., sez. 1^, 18 ottobre 1997 n. 10229; Cass., sez.1, 4 maggio 1995, n. 4856); e tra questi non rientra, automaticamente, una clausola compromissoria, dovendosi accertare se il potere di stipulare il contratto che la contiene rientri, o no, nel potere di rappresentanza dell’amministratore, sulla base del suo contenuto specifico (art. 808 c.c., comma 2). Proprio la necessità di indagini di merito in tal senso porta ad escludere che l’eventuale difetto di potere potesse essere rilevato d’ufficio dalla corte territoriale, o eccepito senza termine preclusivo.

Il ricorso è dunque infondato e deve essere respinto, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2011

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