Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25949 del 19/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25949 Anno 2013
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. r.g.1026/2008 proposto da:

Michele ARIGLIANI( cf: RGL MHL 23T16 F8390);
rappresentato e difeso dall’avv. Pierluigi Arigliani e con lo stesso elettivamente
domiciliato in Roma, presso l’avv. Ada De Marco , con studio in piazza della Libertà
n.20 , giusta procura a margine del ricorso introduttivo
– Ricorrente –

Contro
– ENEL Distribuzione s.p.a. ( c.f. e p. IVA: 05779711000)
– anche quale mandataria di ENEL s.p.a.
giusta procura per notar Silvestro di Roma del 23 dicembre 1999 n. 60237 rep.; in
persona dell’ing Elia Barbarulo, in forza di procura del 23 luglio 2007 per notar Atlante
di Roma; rappresentata e difesa dal prof avv. Giusppe Consolo e dagli avv.ti Emilio de
Santis e Carmine Perrotta; elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in
Roma, via Claudio Monteverdi n.16, giusta procura a margine del controricorso
Contro ricorrente —

A km.e4-tAr

Data pubblicazione: 19/11/2013

contro la sentenza n. 2824/2007 della Corte di Appello di Napoli; pubblicata il 7
settembre 2007 e notificata il 5 novembre 2007.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 30 ottobre 2013 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

parte controricorrente, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Lucio Capasso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — Michele Arigliani , con atto di citazione notificato il 22 novembre 1989, evocò
innanzi al Tribunale di Benevento l’ENEL esponendo: di esser proprietario di uno
stabile sito in Circello; che l’ENEL, sin dal 1971 , senza alcun preavviso, aveva installato
nella facciata esterna dei cavi-appoggi, dei conduttori di corrente anche ad alta tensione,
nonché dei fili che avrebbero deturpato l’intera facciata, impedendogli di effettuare i
lavori di ristrutturazione e sistemazione, necessari dopo il sisma del 1981; che
l’elettrodotto avrebbe costituito pericolo per il fabbricato; assunse altresì che gli sarebbe
stata negata l’indennità di cui all’art. 123 R.d. n. 1775/1933 e rifiutato il risarcimento dei
danni, per il cui pagamento chiese la condanna dell’ente convenuto.

2 — L’ENEL, costituendosi, si oppose alla domanda osservando che l’attore stesso il 5
luglio 1966 aveva sottoscritto una convenzione con la società SEDAC , successiva
dante causa di essa esponente, con cui, tra l’altro, ayeva autorizzato l’infissione ed il
,

passaggio dei cavi dell’elettrodotto; eccepì inoltre l’intervenuto acquisto per usucapione
del diritto di servitù di elettrodotto e, in via riconvenzionale, chiese che venisse
riconosciuto il proprio diritto all’imposizione della servitù coattiva, previo pagamento di
un’indennità.

3 — Pronunziando sentenza n. 317/2003, il Tribunale adito ritenne che non fosse stata
dimostrata con certezza l’epoca di installazione dell’impianto e, per altro verso, che le

Udito l’avv. Gianfranco Ruggieri, con delega dell’avv. Carmine Perrotta, per la

clausole contrattuali del contratto di somministrazione sottoscritto dell’attore non
potessero configurare un valido titolo per l’installazione della linea elettrica; dichiarò
però costituita la servitù coattiva di elettrodotto e liquidò la relativa indennità in euro
7.638,87 oltre interessi.

mandataria della spa ENEL, sia dall’ Arigliani il quale propose gravame incidentale; la
Corte di Appello di Napoli, con decisione n. 2824/2007, accolse l’impugnazione
principale e respinse quella incidentale, condannando l’Arigliani alla restituzione della
somma percepita in virtù dell’esecuzione provvisoria della precedente decisione.

5 — La Corte del merito ritenne innanzi tutto infondata l’eccezione di carenza di
legittimazione attiva della spa ENEL Distribuzione, sia per la qualità di successore a
titolo particolare che essa società rivestiva rispetto alla spa ENEL, in forza di specifica
disposizione di legge — art. 13 d. Lgs n. 79/1999- sia per la spendita della sua duplice
qualità nel giudizio di appello; ritenne provata, attraverso la lettura dell’art. 6 delle
condizioni generali del contratto di somministrazione di energia elettrica, la costituzione
convenzionale della servitù mediante la concessione gratuita del mantenimento in
perpetuo della rete elettrica e delle apparecchiature necessarie, con prescritta
inamovibilità delle linee , a fronte della utilizzabilità delle stesse e della conseguente
fruizione del servizio : ritenne che tale clausola non avesse dato vita ad una servitù quale
diritto reale in re aliena, determinando invece un’obbligazione di natura personale che
avrebbe vincolato il proprietario del fabbricato; ritenne che, “in ogni caso”, vi sarebbero
anche stati gli estremi per l’accertamento della costituzione di una vera e propria servitù
di elettrodotto per usucapione , giusta la proposta eccezione, non potendosi riconoscere
valore interruttivo alle diffide inviate dall’Arigliani all’ENEL affinché eliminasse
l’apposizione dei cavi. Fu respinto anche l’appello incidentale sia per le considerazioni
in precedenza espresse circa la legittima costituzione convenzionale del limite alla
proprietà sia perché si osservò che il decorso del termine per usucapione avrebbe

4 — Tale decisione fu impugnata sia dall’ENEL Distribuzione, spa, agente anche come

determinato l’estinzione anche dell’eventuale diritto all’indennizzo , facendo cessare sin
dall’inizio la lamentata illiceità della condotta dell’erogatore del servizio.

6 — Per la cassazione di tale decisione l’Arigliani ha proposto ricorso, sulla base di sei
motivi di annullamento, illustrati da successiva memoria; l’ENEL Distribuzione spa ha

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo viene riproposta la eccezione di carenza di legittimazione della
s.p.a. ENEL Distribuzione a proporre appello — e la conseguente nullità del giudizio di
secondo grado- a cagione della carenza in essa della qualità di parte nel giudizio di
primo grado e della inefficacia della procura conferita , in via generale, a resistere alle
pretese di terzi: il mezzo è inammissibile perché non prende in esame, per criticarlo,
l’argomento principale posto a base del precedente rigetto dell’analoga eccezione,
fondato sul fatto che, anche in grado di appello l’ENEL stava in giudizio nella sua
duplice qualità.

— Con il secondo motivo si denunzia la violazione dell’art. 782 cod. civ. e si afferma
la nullità della clausola — art. 6 – delle condizioni generali della convenzione,
assumendosi che la concessione senza corrispettivo del diritto di porre e mantenere cavi
avrebbe concretizzato una donazione, nulla per difetto di forma : la censura è
inammissibile perché posta per la prima volta in sede di legittimità , in disparte la sua
evidente infondatezza, stante l’evidente nesso di corrispettività tra la detta
“concessione” e l’utilizzo delle linee elettriche.

II.a — Prospettazione del tutto nuova — per quanto risulta dalla lettura del ricorso e della
sentenza impugnata- è quella con la quale si afferma che il contratto del 1966 avrebbe
avuto ad oggetto solo la volturazione della intestazione di un precedente contratto di
somministrazione esistente sin dal 1930 ( v. foll 1 e 3 della memoria ex art. 378 cpc)

III — Con il terzo motivo viene denunziata la violazione sia dell’art. 1559 sia dell’art.
1056 cod. civ. assumendo che con la convenzione del 1966 stipulata con la SEDAC

resistito con controricorso.

non si sarebbe costituita alcuna servitù, ma si sarebbe solo pattuito un contratto di
somministrazione ; si sostiene che per la costituzione del diritto reale summenzionato
sarebbe stata necessaria o una procedura ablativa o un atto pubblico, al fine della sua
trascrizione.

riportato l’intero testo del contratto del 1966 , in deroga del principio della c.d.
autosufficienza — scilicet : della necessaria specificità del motivo del ricorso- ; in secondo
luogo viene denunziata una non corretta interpretazione delle clausole di quella
convenzione ma non si denunzia la violazione delle regole di ermeneutica — artt. 1362 e
segg. — al fine di consentire alla Corte un novellato esame della congruenza della
valutazione circa il contenuto negoziale operata dal giudice dell’appello; in terzo luogo
non si critica la qualificazione di obbligazione ad un pati piuttosto che di servitù che la
Corte del merito aveva formulato in merito alla “concessione del consenso” per
l’apposizione dei cavi , contenuta nell’art. 6 più sopra citato ; in quarto luogo la
deduzione di fatti di cui implicitamente si assume la pretermissione da parte della Corte
distrettuale ( relative alla non conoscenza da parte del ricorrente dell’installazione degli
appoggi per i cavi e della clandestinità dell’attività dell’ENEL) non viene accompagnata
dalla indicazione del luogo processuale ove esse sarebbero state evidenziate.
IV — Con il quarto motivo si contesta la ricostruzione delle circostanze di fatto che
avrebbero consentito di ritenere acquisita per usucapione la servitù di elettrodotto, con
particolare riferimento all’esistenza di atti interruttivi ed alle modalità dell’agire
dell’ENEL — clandestino e violento sulle cose – : il motivo è inammissibile perché
l’acquisto per usucapione costituì , come visto ( v anche fol 7 , primo alinea, della
gravata decisione) una ratio decidendi aggiuntiva rispetto a quella che negava la natura
reale del diritto di apporre e mantenere cavi ; appare infine costituire circostanza nuova,
fatta valere solo in questa sede ( v. fol 14 del ricorso), quella che pone in rapporto le
modalità di acquisto della servitù di elettrodotto, da un lato, con le caratteristiche delle

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III.a — Il motivo presenta plurimi profili di inammissibilità: innanzi tutto non viene

linee elettriche – che si assumono essere anche ad alta tensione- dall’altro, con la
necessità dell’occupazione di urgenza e con il lamentato superamento del biennio per il
legittimo agire dell’occupante ( trasformando in usurpativa l’eventuale occupazione a
fini espropriativi: v. fol 4 della citata memoria ex art. 378 cpc).

ratifica ed esecuzione della Convenzione CEDU, per aver consentito, la Corte di
Appello, una non legittima compressione della proprietà privata senza indennizzo: il
mezzo è inammissibile perché nuovo e del tutto inconferente rispetto agli approdi
interpretativi — sopra esposti — ai quali era pervenuta la Corte del merito

VI — Con il sesto motivo viene denunziata la violazione dell’art. 2043 cod. civ. nonché
degli artt. 121 e 122 T.U. n. 1755 del 1933 perché, negando il diritto all’indennizzo, la
Corte territoriale avrebbe disapplicato il principio per cui il peso imposto con la servitù
deve essere esercitato con modalità tali da garantire il minor aggravio possibile per il
fondo servente , non considerando una serie di elementi di fatto che avrebbero
determinato dei profili certi di pregiudizio che la Corte del merito aveva ritenuto non
indennizzabili né risarcibili: il mezzo è infondato per le ragioni in precedenza addotte
per assumere la centralità, nel ragionamento della Corte del merito, della costituzione
convenzionale ( e della natura personale) del peso sull’edificio del ricorrente; del tutto
nuova infine — eppertanto introducente un argomento inammissibile- è la questione
della assenza di un provvedimento impositivo della servitù, illecito per l’assenza di un
procedimento ablativo.

VII — Il ricorso va dunque respinto, condannandosi parte ricorrente alla rifusione delle
spese nella misura indicata in dispositivo

P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in
/5„,,,,,,e_hjtAi*-9`euro 1.700,00 di cui 200,00 per esborsi.

_

6

_

V — Con il quinto motivo si denunzia la violazione della legge 848/1955, approvante la

Così deciso in Roma il 30 ottobre 2013 , nella camera di consiglio della 2^ Sezione

Civile della Corte di Cassazione.

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