Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25947 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/10/2017, (ud. 19/10/2017, dep.31/10/2017),  n. 25947

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. DI GEROMINO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10995-2012 proposto da:

BANCA ITALIA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NAZIONALE 91,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZA PROFETA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE AGRESTI;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BIELLA;

– intimato –

Nonchè da:

COMUNE DI BIELLA, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FLAMINIA 213,

presso lo studio dell’avvocato SIMONE TRIVELLI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente incidentale –

contro

BANCA ITALIA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA NAZIONALE 91,

presso lo studio dell’avvocato VINCENZA PROFETA, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE AGRESTI;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 52/2011 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 10/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/10/2017 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1. La Banca d’Italia, proprietaria di un immobile sito in Biella, via XX Settembre numero 7, in data 3 dicembre 2004 presentava istanza al Comune di Biella per il rimborso della somma versata in eccesso a titolo di ICI per gli anni 2001, 2002 e 2003 sul presupposto che il fabbricato era stato dichiarato, con nota del 9 dicembre 2003 della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Piemonte, immobile che poteva considerarsi inserito negli elenchi di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 5. L’istante sosteneva che per il fabbricato di che trattasi spettava l’agevolazione Ici prevista dal D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, dato che con sentenza della Corte Costituzionalen. 345 del 2003, era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, convertito con modificazioni dalla L. n. 75 del 1993, nella parte in cui l’agevolazione stessa non si applicava agli immobili di interesse storico o artistico di cui alla L. n. 1089 del 1939, art. 4 (Tutela delle cose d’interesse artistico e storico), sostituito dal D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 5 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma della L. n. 352 del 1997, art. 1). Il Comune di Biella riconosceva il diritto al rimborso limitatamente all’imposta versata in eccesso per il mese di dicembre 2003 nella considerazione che l’agevolazione fiscale Ici invocata dalla Banca d’Italia non poteva trovare applicazione per il periodo anteriore al provvedimento della Soprintendenza per i beni culturali che aveva riconosciuto al cespite la qualità di immobile di interesse storico artistico. La Banca d’Italia proponeva ricorso avverso il provvedimento di diniego e la commissione provinciale di Biella lo accoglieva parzialmente riconoscendo la spettanza dei soli interessi sul rimborso effettuato. Proponeva appello la Banca d’Italia e la commissione tributaria regionale del Piemonte lo rigettava sul rilievo che, in rispetto dell’esigenza di certezza dei rapporti tributari, solo l’inclusione del bene negli elenchi del Ministero dei beni culturali costituiva titolo per richiedere l’agevolazione di cui si tratta.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la Banca d’Italia affidato ad un motivo illustrato con memoria. Resiste con controricorso il Comune di Biella, il quale ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.

3. Con l’unico motivo la ricorrente principale deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.L. n. 16 del 1993, art. 2, comma 5, convertito con modificazioni dalla L. n. 75 del 1993, ed al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 5 ora D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 10, comma 1, e art. 12, comma 1, (codice dei beni culturali e del paesaggio). Sostiene che l’inclusione dei beni pubblici negli elenchi disposti dal Ministero ha natura meramente ricognitiva dell’interesse storico o artistico del bene e ciò in quanto il regime di riconoscimento della culturalità dei beni immobili varia a seconda che gli stessi siano di proprietà privata ovvero di proprietà di enti pubblici o di persone giuridiche private senza scopo di lucro; nel primo caso è richiesto un provvedimento amministrativo di riconoscimento con valore costitutivo mentre nel secondo caso il provvedimento di riconoscimento ha natura ricognitiva poichè il bene avente valore culturale che appartiene al patrimonio pubblico non necessita, per essere tale, di espresso riconoscimento da parte dell’autorità amministrativa competente. Ne deriva che i beni culturali che appartengano ad un ente pubblico sono sottoposti al regime giuridico delle cose aventi interesse storico, architettonico, archeologico ed etnografico indipendentemente dalla circostanza che siano stati inseriti in elenchi o vi sia stata una formale notificazione del loro valore storico od artistico.

4. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Comune di Biella deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 2, lett. e. Sostiene che la CTR ha errato nel non accogliere il motivo di appello incidentale con cui si sosteneva l’illegittimità della sentenza di primo grado per non aver la CTP ritenuto l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Banca d’Italia in quanto aveva omesso di indicare gli elementi di fatto che giustificavano l’accoglimento della domanda. In particolare la ricorrente avrebbe dovuto indicare la zona censuaria nella quale era ubicato l’immobile, la tariffa d’estimo di minore ammontare tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria, l’identificativo catastale dell’immobile e la sua rendita catastale.

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non aver la CTR chiarito sulla base di quali elementi si doveva ritenere che la ricorrente avesse individuato in modo inequivocabile il bene oggetto della richiesta e per aver apoditticamente affermato che i dati relativi all’immobile necessari per il calcolo dell’imposta agevolata erano nella piena conoscenza del comune in cui l’immobile era situato.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va rilevata l’inammissibilità della memoria della ricorrente in quanto depositata oltre il termine di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

2. Il ricorso principale è fondato. La Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare il principio secondo cui il riconoscimento delle cose di interesse artistico, storico, archeologico o etnografico, che si estrinseca a mezzo del provvedimemto di notifica, è previsto per le sole cose di proprietà privata, al fine di assoggettarle alle limitazioni e agli obblighi della legislazione di tutela (L. n. 1089 del 1939, art. 3), laddove per i beni che appartengono agli enti pubblici è sufficiente la mera appartenenza alle categorie storica, artistica, archeologica, essendo solo previsto l’obbligo dei legali rappresentanti degli enti della compilazione degli speciali elenchi (L. n. 1089 del 1939, art. 4) con effetti meramente ricognitivi e non già costitutivi (Cass. n. 2995 del 10/02/2006). Il D.Lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) ha, poi, disciplinato la materia introducendo un sistema di tutela misto a seconda che si tratti di beni di rilievo culturale di proprietà privata oppure di proprietà pubblica, nel senso che la proprietà pubblica gode sempre delle disposizioni di tutela previste dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, mentre la proprietà privata ne gode solo allorquando sia intervenuta una dichiarazione di interesse storico, artistico, archeologico o etnoantropologico da parte della Soprintendenza. L’art. 10, invero, qualifica quali “beni culturali” le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato (e ad altri enti territoriali, persone giuridiche pubbliche e private) che “presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”; per i beni di proprietà privata vige, per contro, un sistema di tutela del solo patrimonio culturale dichiarato, nel senso che essi godono di tutela solo in presenza della “dichiarazione di interesse culturale” prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 13 rilasciata dalle competenti autorità, che ne attesti il valore storico e archeologico. Per il patrimonio culturale di proprietà pubblica, dunque, è prevista la presunzione di interesse storico ed artistico, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 12, comma 1, fino alla verifica da compiersi da parte dei competenti organi del Ministero (cfr. Cass. n. 12307 del 27 aprile 2017; Cass. n. 11664 del 10 marzo 2017; Cass. n. 19878 del 05/10/2016). Mette conto, poi, considerare che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.345 del 2003, con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 2, comma 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui la norma non si applica agli immobili di interesse storico o artistico appartenenti agli enti pubblici, ha affermato la natura meramente ricognitiva dell’inclusione dei beni stessi negli elenchi ministeriali, avendo osservato come l’esigenza di certezza nei rapporti tributari cui assolve il provvedimento formale previsto dalla L. n. 1089 del 1939, art. 3 (che, secondo un diffuso orientamento interpretativo, potrebbe mancare per i beni di cui all’art. 4) ben può essere soddisfatta, per i beni appartenenti agli enti pubblici (o alle persone giuridiche private senza fini di lucro), dalla loro inclusione negli elenchi di cui allo stesso art. 4 della legge ovvero da un atto dell’amministrazione dei beni culturali ricognitivo dell’interesse storico o artistico del bene. Ne deriva che l’agevolazione Ici spettava alla Banca d’Italia in relazione all’immobile di cui si tratta anche per il periodo antecedente il provvedimento del 9 dicembre 2003 della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio del Piemonte, con cui era stato dichiarato che l’immobile poteva considerarsi inserito negli elenchi di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 5 nella considerazione che anche antecedentemente alla emanazione di tale provvedimento ricognitivo il bene era di interesse storico.

3. Entrambi i motivi di ricorso incidentale, che debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione, sono infondati.

Invero la ricorrente con il ricorso introduttivo non aveva l’onere di indicare la zona censuaria nella quale era ubicato l’immobile, la tariffa d’estimo di minore ammontare tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria, l’identificativo catastale dell’immobile e la sua rendita catastale poichè tali elementi non erano oggetto di contestazione, tenuto conto che l’istanza di rimborso era già stata accolta dal Comune di Biella, ancorchè limitatamente al mese di dicembre 2003. Ne deriva che l’oggetto del ricorso era limitato alla spettanza dell’agevolazione Ici per il periodo antecedente l’inserimento del fabbricato negli elenchi ministeriali sicchè l’indicazione di ulteriori elementi era ultronea.

4. Il ricorso principale va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, ed il ricorso originario della contribuente va accolto. Le spese processuali dell’intero giudizio si compensano in considerazione dell’affermarsi del principio giurisprudenziale sul punto controverso in epoca successiva alla proposizione del ricorso.

PQM

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese processuali dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 19 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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