Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25946 del 19/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 25946 Anno 2013
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 15398-2007 proposto da:
MORI AMILCARE MROMCR47M13E463S, RIBECA MORI MARIA
ENRICA RBCMRA46B67E463U, elettivamente domiciliati in
I.

ROMA, VIA BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato
MANFREDINI ORNELLA, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato DI SIBIO GIOVANNI;
– ricorrenti –

2013

contro

2073

RENZI GRAZIELLA;
– intimata –

sul ricorso 18335-2007 proposto da:

Data pubblicazione: 19/11/2013

RENZI

GRAZIELLA

RNZGZL26A44D542E,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA BENACO 5, presso lo studio
dell’avvocato MORABITO M CHIARA, rappresentata e
difesa dall’avvocato CUCCHIERI ALBERTO;
– controricorrente ricorrente incidentale –

MORI AMILCARE, RIBECA MARIA ENRICA, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA BELLI 36, presso lo studio
dell’avvocato MANFREDINI ORNELLA, che li rappresenta
e difende unitamente all’avvocato DI SIBIO GIOVANNI;
– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 588/2006 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 23/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/10/2013 dal Consigliere Dott. EMILIO
MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato BONSIGNORE Aloisia, con delega
depositata

in

udienza

dell’Avvocato

CUCCHIERI

Alberto, difensore della ricorrente al ricorso
incidentale che si riporta agli atti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
inammissibilità del I ° -III ° motivo in sub—ordine
rigetto – II ° assorbito – IV ° motivo inammissibile,
assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

contro

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.

Con sentenza del 5 giugno 2003 il Tribunale di Fermo rigettava la

domanda con la quale i coniugi Amilcare Mori e Maria Enrica Ribeca,
comproprietari per la quota di 44/120 di un fondo rustico con fabbricato

giudiziale nei confronti di Graziella Renzi, comproprietaria dei residui
76/120;
in accoglimento della riconvenzionale, dichiarava valida e efficace la
scrittura privata del 20 aprile 1990

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l’accordo per

diviiono

con la quale le parti
amichevole,

disponendo

avevano

eh l

scioglimento della comunione avvenisse in base a tale scrittura e alla
allegata planimetria, previa rettifica della stessa per quanto
concerneva il sedime della servitù di passaggio con essa costituita.
Con sentenza non definitiva dep. il 10 ottobre del 2005 la Corte di
appello di Ancona, premesso che correttamente la decisione di primo
grado venne emessa dal Tribunale in composizione collegiale, la
annullava per vizi processuali, ritenendo che non era stata assegnato

alle parti il termine per il deposito delle comparse conclusionali e
memorie di replica e che dal verbale di udienza collegiale non risultava
l’identità dei Giudici che avevano partecipato all’udienza di
discussione;
decideva la causa nel merito, rigettando la domanda riconvenzionale
per non essere la scrittura del 20 aprile 1990 suscettibile di rettifica,
alla quale la convenuta aveva subordinato l’esecuzione della scrittura de
qua ; quindi, disponeva la prosecuzione del giudizio per procedere alla
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rurale sito in Fogliano di Fermo, ne avevano chiesto la divisione

divisione giudiziale.
Con sentenza definitiva
appello di Ancona

dep. il 23 dicembre 2006 la Corte di

dichiarava lo scioglimento della comunione del

compendio immobiliare, assegnando le porzioni in proporzione delle

convenuta di una somma a titolo di conguaglio; compensava le spese del
l’intero giudizio.
I Giudici respingevano la domanda diretta al riconoscimento di una
indennità per occupazione abusiva, facendo salva la possibilità di
chiederla in separata sede a diverso titolo, sul rilievo che non era
provata la abusiva occupazione dell’intero immobile, dedotta dagli attori
i quali avevano avanzato una domanda di natura risarcitoria, dovendosi
presumere che il godimento da parte di un comproprietario avvenga con il
consenso o con la tolleranza da parte degli altri.
Era disattesa la deduzione degli appellanti secondo cui la porzione a
essi assegnattnon avrebbe potuto essere destinata a uso agricolo perchè
in essa non era compreso il fabbricato rurale, atteso che tale
circostanza non avrebbe impedito la suddetta destinazione.
Per quanto riguardava il valore dell’immobile e dei relativi conguagli,
la stima era stata compiuta dal consulente in tempi recenti e le
variazioni di mercato dei fondi non erano state tali da discostarsi in
modo significativo dalla stima dell’ausiliario; il valore dei conguagli
andava aggiornato in base alla rivalutazione monetaria.
Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Amilcare Mori e
Maria Enrica Ribeca sulla base di quattro motivi.
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rispettive quote e condannando gli attori al pagamento a favore della

Resiste con controricorso l’intimata proponendo ricorso incidentale
condizionato affidato a due motivi avverso la sentenza non definitiva.
Leparti hanno depositato memoria illustrativa.

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno
riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perché sono stati proposti avverso
la stessa sentenza.
RICORSO PRINCIPALE
Va innanzitutto disattesa l’eccezione, sollevata con la memoria
depositata ex art. 378 cod. proc. civ. dai ricorrenti i quali hanno
dedotto la nullità della sentenza impugnata – rilevabile di ufficio in
ogni stato e grado del giudizio – per avere proceduto allo scioglimento
della comunione senza che fosse stato allegato il certificato di
destinazione urbanistica prescritto dall’art. 18

legge n. 47 del 1985.

La verifica della esistenza o meno della denunciata nullità postula
l’effettuazione di accertamenti di fatto – in ordine alla allegazione
ovvero alla efficacia del certificato di destinazione urbanistica, ove
sia stato allegato – che non rientrano nel sindacato di legittimità della
Corte di Cassazione.
1.1.- Il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.1102
e 2697 cod. civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione su un fatto controverso) censura la decisione gravata
laddove aveva escluso il carattere abusivo della gestione del fondo
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MOTIVI DELLA DECISIONE

laddove non aveva considerato l’interesse delle parti allo scioglimento
della comunione, che era stato manifestato con l’atto di citazione
notificato nel 1985 e con la scrittura del 20 aprile 1990 con la quale
gli attori avevano espresso la volontà inequivoca di acquisire il

inattuata avendo la convenuta continuato a detenere l’intero immobile
agricolo: erroneamente la domanda era stata rigettata dalla Corte di
appello in violazione dell’onere della prova, essendo a carico della
Renzi provare il titolo che la legittimava alla detenzione.
1.2. – Il motivo va disatteso.
La sentenza ha tenuto conto della circostanza che le parti avevano
raggiunto l’accordo per la divisione amichevole ma la scrittura del 20
aprile 1990 è stata ritenuta inidonea a fondare la divisione e, dunque,
improduttivo di effetti doveva considerarsi l’accordo raggiunto dalle
parti, tant’è vero che la domanda riconvenzionale proposta dalla
convenuta era stata rigettata con statuizione passata in cosa giudicata
: pertanto, i ricorrenti non potrebbero fondare il carattere abusivo
della detenzione, sostanzialmente facendo valere l’inadempimento agli
obblighi derivanti da quella scrittura; né d’altra parte, la mera volontà
di procedere alla divisione da parte dei comproprietari comporta il venir
meno del consenso alla detenzione del fondo utilizzato da altri
comunisti, quando come nella specie non si sia tradotta in una
obbligazione a rilasciare il fondo oggetto della divisione.
Orbene, tenuto conto del principio secondo cui deve presumersi che il
comproprietario, che sia nel possesso esclusivo dei beni comuni, agisca
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possesso di una porzione del fondo, ma tale scrittura era rimasta

nell’interesse degli altri per conto dei quali li amministra, sarebbe
stato onere degli attori fornire la prova che la convenuta si fosse
immessa nel possesso del fondo contro la volontà degli attori ovvero
dimostrare la sussistenza di fatti comprovanti il venir meno del

2.1. –

Il secondo motivo (nullità della sentenza per violazione

dell’ art.112 cod.proc. civ.) deduce che la decisione impugnata aveva
omesso di pronunciarsi sulla domanda di rendiconto e di risarcimento dei
danni, non potendo la motivazione rinvenirsi nella decisione che aveva
respinto la domanda di pagamento dell’indennità: trattavasi di domande
diverse da quella relativa al pagamento dell’indennità per occupazione
abusiva.

In particolare,

la domanda di danni si fondava

sull’inadempimento della convenuta che senza giustificato motivo aveva
rifiutato di dare attuazione alla richiamata scrittura, così come
accertato dalla sentenza non definitiva.
2.2. -Il motivo va rigettato.
La sentenza ha ritenuto che la domanda di rendiconto e di danni era
sempre basata sulla illecita occupazione del fondo, precisando che
impregiudicata in altra sede sarebbe stata la richiesta di somme a
diverso titolo.
Orbene, sarebbe stato onere dei ricorrenti dimostrare – richiamando le
allegazioni poste a base della causa petendi azionata – che la domanda
di rendiconto prescindesse dalla occupazione abusiva, ma tale onere non è
stato minimamente osservato con il ricorso nel quale non sono precisati i
termini della domanda nel senso sopra indicato ; d’altra parte, il
5

consenso.

It

risarcimento dei danni è configurabile pur sempre in presenza di un
attività illecita lesiva di un diritto altrui : il che è stato escluso
nella specie in cui, per quel che si è detto, non è stato ritenuto alcun
inadempimento da parte della convenuta.

718,726,727 e 1114 cod. civ.nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione su un fatto controverso) deduce che, mentre
la sentenza non definitiva aveva disposto che si sarebbe dovuto procedere
alla divisione giudiziale prescindendo da quanto convenuto con la
scrittura del 20 aprile 1990 e aveva rimesso la causa sul ruolo per la
necessaria istruttoria, la sentenza definitiva aveva proceduto allo
scioglimento della comunione sostanzialmente in conformità a quanto
convenuto con il suddetto accordo senza disporre alcuna accertamento
istruttorio e la consulenza chiesta dagli attori ma sulla base del
progetto redatto a suo tempo dall’ausiliario nominato dal Tribunale,
progetto che recepiva l’accordo di cui alla scrittura summenzionata. La
Corte non aveva adottato una soluzione che prevedesse porzioni omogenee
ed equivalenti, posto che quella assegnata agli attori non conteneva
alcun fabbricato, era formata con terreni in forte pendenza e non
suscettibili di utilizzazione edificatoria anche diretta all’esercizio di
attività agricola.
In difformità dai principi elaborati dal S.C. sulla determinazione del
valore degli immobili oggetto di divisione, la sentenza aveva ritenuto
di poterlo stabilire in base alla consulenza tecnica che risaliva a sei
anni prima.
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3.1. – Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt.

3.2.- Il motivo è infondato.
a)

Deve escludersi la denunciata contraddittorietà della sentenza

impugnata con quella non definitiva la quale, avendo escluso la validità
dell’accordo intercorso fra le parti, aveva

con provvedimento meramente

ordinatorio e, dunque, privo di alcun valore vincolante aveva rimesso la
causa sul ruolo per la (eventuale) istruttoria che era evidentemente
rimessa alla discrezionalità del Giudice del definitivo, il quale
avrebbe dovuto valutare la necessità o meno anche di disporre una nuova
consulenza. Ed invero, la sentenza qui impugnata ha ritenuto che il
progetto redatto dal consulente nominato dal Tribunale consentiva di
procedere alla comoda divisione dell’immobile de quo con la formazione di
due porzioni omogenee in proporzione delle rispettive quote di
comproprietà dei condividenti : il che rendeva del tutto irrilevante la
circostanza che tale progetto fosse corrispondente a quello di cui
all’accordo raggiunto dalle parti, seppure con la correzione di quegli
errori- peraltro lamentati dalla parte convenuta-

per i quali non potè

essere attuata la divisione volontaria, posto che lo scioglimento della
comunione avveniva sulla base di un progetto che era ritenuto dai
Giudici idoneo a trasformare la quota ideale di comproprietà in beni
concreti.
b)

Per quel che concerne l’omogeneità ed equivalenza delle porzioni

assegnate, va innanzitutto considerato che, il criterio, dettato in
tema di divisione ereditaria dall’art. 727 cod. civ. per la formazione
delle porzioni

secondo il quale le porzioni di ciascuno dei
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procedersi alla divisione giudiziale

ritenuto che dovesse

condividenti devono essere formate in modo da avere beni mobili ed
immobili o crediti di uguale natura o qualità – postula che la comunione
abbia a oggetto una pluralità di beni ( ad es. immobili e/o mobili), di
diversa qualità ( fabbricati, terreni ovvero denaro e oggetti preziosi),

porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quella spettante
singolarmente sulla massa.
Se la norma è pacificamente applicabile ( ex art. 1116 cod. civ. ) alla
comunione ordinaria, quando questa abbia a oggetto una pluralità di beni
che – in quanto provenienti da un medesimo titolo di acquisto – danno
luogo a un’unica massa da dividere v la denuncia della violazione
dell”art. 727 citato appare del tutto fuori luogo posto che nella specie
la comunione (ordinaria) aveva oggetto un unico immobile (un fondo
rustico ) per cui – una volta verificata la sua comoda divisibilità – la
sentenza ha proceduto alla formazione di due porzioni, tenendo conto
delle rispettive quote in modo da consentire ai condividenti l’uso del
fondo secondo la sua destinazione. Ed invero, per quel che concerne la
pendenza ed inutilizzabilità del terreno assegnato ai ricorrenti, non
risultano formulate nel giudizio di merito specifiche doglianze, posto
che dalla sentenza impugnata risulta che gli attori avevano dedotto
soltanto la mancanza di un fabbricato rurale, laddove i Giudici hanno
correttamente ritenuto che tale circostanza ovvero la esclusione della
edificabilità non avrebbe impedito l’uso agricolo del fondo evidenziando
la possibilità comunque di allocare le attrezzature necessarie per l’uso
agricolo.
8

essendo diretto ad attuare il diritto dei condividenti a conseguire una

Il riferimento compiuto nel ricorso a quanto risultante dalla perizia di
parte e agli difensivi è assolutamente generico, posto che gli attori
avrebbero dovuto riportare il contenuto dei rilievi formulati alla
consulenza tecnica di ufficio, in modo da dimostrare l’errore compiuto

poiché la consulenza tecnica costituisce fonte oggettiva di prova quando
si risolve nell’accertamento di fatti rilevabili unicamente con l’ausilio
di specifiche cognizioni o strumentazioni tecniche, è necessario che i
contrari rilievi,

eventualmente contenuti in una

consulenza di parte,

perché possano determinare – se trascurati nelle valutazioni del giudice
di merito – il vizio di insufficiente motivazione su un punto decisivo
della controversia, siano precisi e circostanziati, e tali da portare a
conclusioni diverse da quelle contenute nella consulenza di ufficio.
D’altra parte, la divisione è stata effettuata in conformità a quella che
era stata la volontà delle parti consacrata con la scrittura del 20
aprile 1990 che, come si è detto, non aveva trovato esecuzione a causa
dei rilievi denunciati dalla convenuta
c) In relazione al valore dell’ immobile, i Giudici hanno ritenuto, con
accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità se, come nella
specie adeguatamente motivato, che la stima operata dal consulente non si
discostava dai prezzi di mercato attuali e dunque non era necessario
disporsi una nuova consulenza tecnica.
4.1.- Il quarto motivo (violazione e/o falsa applicazione dell’art.91
primo comma cod.proc. civ.) denuncia la erronea compensazione delle spese
processuali, deducendo che la convenuta era risultata soccombente ed
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dai Giudici nel recepire il progetto redatto dal consulente di ufficio :

erronea si era rivelata la motivazione laddove aveva fatto riferimento
all’interesse comune alla divisione quando la convenuta non aveva mai
mostrato siffatto interesse.
4.2.- Il motivo è infondato.

tematiche e il comune interesse alla divisione, dovendo qui osservarsi
che la convenuta, costituendosi in giudizio, aveva invocato l’accordo
stragiudiziale che non era stato possibile attuare per effetto di un
errore, risultato effettivamente esistente nella individuazione dei beni
assegnati alla medesima, la quale aveva denunciato che gli attori non
avevano inteso procedere alla relativa correzione; d’altra parte, la
domanda relativa alla illegittima occupazione, formulata dagli attori, è
stata rigettata.
Il ricorso

principale va rigettato; l’incidentale condizionato è

assorbito.
Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei
ricorrenti, risultati soccombenti
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale; assorbito l’incidentale condizionato.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del resistente
delle spese relative alla presente fase che liquida in euro 3.700,00 di
cui euro 200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per onorari di avvocato
oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 ottobre 2013
Il Cons. estensore

Il Predite

La sentenza ha correttamente posto in evidenza la peculiarità delle

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