Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25944 del 31/10/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 31/10/2017, (ud. 18/10/2017, dep.31/10/2017),  n. 25944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. NOCERA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15241/2011 R.G. proposto da:

MIGNINI & PETRINI s.p.a. in persona del legale rappresentante pro

tempore, difesa dagli avv.ti Stefano Grassi e Luigi V. Damone,

elettivamente domiciliata presso il loro studio, in Roma, Piazza

Barberini n. 12;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SANT’AGATA BOLOGNESE, in persona del sindaco pro tempore,

assistito dall’avv. Rita Colleuori, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato, in Roma, Via E. Gianturco n. 11;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 56/19/11 della Commissione Tributaria

Regionale dell’Emilia Romagna, depositata il 28/06/2011, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 18/10/2017

dal Dott. Andrea Nocera, Magistrato addetto al Massimario, applicato

alla Sezione Tributaria.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 56/19/2011, depositata il 28/06/2011, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna respingeva l’appello proposto dalla ricorrente, confermando la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Bologna n. 65/16/2009.

La società ricorrente aveva proposto ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi sulle richieste di rimborso della maggiore ICI versata in relazione alle annualità di imposta dal 1997 al 2006 per un fabbricato classificato in categoria D, per la differenza, ai fini della determinazione della base imponibile ICI, tra il criterio di liquidazione del valore contabile del fabbricato e quello attribuito dal comune di Sant’Agata Bolognese nel 2006 a seguito di una denuncia presentata dalla contribuente nel 1987.

La CTR riteneva infondato l’appello osservando che, per il periodo precedente l’attribuzione della rendita, “la base imponibile resta il costo contabilizzato, costo che riflette la specificità aziendale” e solo “una volta attribuita la rendita, in quanto nuova base imponibile, questa sostituisce quella precedente rappresentata dal costo contabilizzato”.

Avverso questa decisione, la società ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi di doglianza, illustrati da memoria.

Il comune di Sant’Agata Bolognese resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo di ricorso, la Mignini & Petrini deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3.

Evidenzia, in particolare, che per un fabbricato classificato in categoria D era stata presentata in data 1.12.1987 denuncia di variazione e, in seguito a tale istanza, l’Agenzia del territorio nel marzo del 2006 notificava l’atto attributivo della rendita catastale, risultato inferiore al valore contabile utilizzato dalla società come base imponibile ai fini ICI.

Denuncia che la CTR, in violazione di quanto disposto dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, non ha riconosciuto la possibilità di una applicazione retroattiva del criterio della rendita catastale, ritenendo applicabile quello del costo aziendale fino alla data della determinazione di tale rendita e non dal momento in cui il proprietario del fabbricato presenta denuncia di variazione.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 164. Osserva che, ove sia accertato il diritto al rimborso della maggiore ICI versata per il periodo 1997-2006, non possa incorrere nelle decadenze eccepite dal comune nei gradi di merito, in quanto il momento dell’accertamento del diritto alla restituzione, della L. n. 296 del 2006, ex art. 1, comma 164, coincide con la comunicazione dell’attribuzione della rendita catastale definitiva.

2. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente per la interconnessione delle questioni, sono fondati nei termini di cui in motivazione.

La controversia origina dalla silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso della maggiore ICI versata dal 1987 al 2006 formulata dalla società ricorrente in seguito alla comunicazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale del fabbricato di categoria D, per un valore inferiore quello del valore contabile del fabbricato.

La CTR ha ritenuto che corretta l’applicazione del criterio del costo contabilizzato ai fini della determinazione della base imponibile a fini ICI, trattandosi di fabbricato del gruppo D interamente posseduto da un’impresa, “in attesa della attribuzione della rendita”, verificandosi solo in tale momento la sostituzione del valore contabile.

Deve osservarsi che del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, “per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D…, interamente posseduti da imprese”, i “criteri” ivi previsti sono utilizzabili soltanto fino a quando quei “fabbricati” non siano “iscritti in catasto” e sempre che gli stessi siano “distintamente contabilizzati”, ovverosia “contabilizzati” separatamente (in modo, cioè, che il valore contabile di ognuno sia differenziato da quello di qualsiasi altro) per ciascuna unità dello stesso “gruppo catastale D” e/o di gruppi catastali diversi.

Nella logica e nella finalità della norma la mancata iscrizione “in catasto” dei “fabbricati classificabili nel gruppo catastale D…. interamente posseduti da imprese” costituisce evidente elemento indefettibile (condicio sine qua non) per il ricorso (da parte dí entrambe le parti del rapporto tributario concernente l’imposta comunale su siffatti “fabbricati”) al criterio di determinazione della base imponibile (ai fini ICI) definito “di libro” (o, pure, “metodo contabile”).

Quanto alla questione del termine di decorrenza per l’applicabilità del criterio della rendita attribuita, questa deve essere risolta alla luce del principio affermato da questa Corte, a partire dalla sentenza n. 3160/2011 delle Sezioni Unite, secondo cui “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, nel prevedere che, a decorrere dal 1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, ma non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso” (il principio risulta ribadito successivamente da Cass., nn. 14402/2017, 23600/2011, 14773/2011).

Secondo quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite nella medesima sentenza n. 3160/2011, “il metodo di determinazione della base imponibile collegato alle iscrizioni contabili, previsto dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 3, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, vale sino a che la richiesta di attribuzione della rendita non viene formulata, mentre, dal momento in cui fa la richiesta, il proprietario, pur applicando ormai in via precaria il metodo contabile, diventa titolare di una situazione giuridica nuova derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, sicchè può essere tenuto a pagare una somma maggiore (ove intervenga un accertamento in tali sensi), o avere diritto di pagare una somma minore, potendo, quindi, chiedere il relativo rimborso nei termini di legge”.

Risultano circostanze non contestate che la società ricorrente ha presentato denuncia di variazione nel 1987 e che l’attribuzione della rendita, per un valore inferiore a quello corrispondente al criterio del costo contabile, è avvenuta nel marzo del 2006.

La sentenza impugnata non ha, dunque, correttamente applicato il principio di diritto sopra richiamato perchè trascura la possibilità che il contribuente possa richiedere il rimborso dell’imposta, versata in eccesso sulla base del criterio provvisorio del valore contabile del bene immobile, una volta determinata la rendita catastale per le annualità successive alla presentazione della denuncia di variazione, trattandosi di annualità d’imposta “sospese”, ancora suscettibili di accertamento e/o di liquidazione, ma anche di rimborso.

Si è efficacemente osservato che, in continuità con il richiamato orientamento espresso da Sez. U n. 3160 del 2011, della L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74,comma 1, deve essere interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI; con la conseguenza che, dal momento in cui abbia fatto richiesta di attribuzione della rendita, il proprietario diventa titolare di una situazione giuridica nuova, derivante dall’adesione al sistema generale della rendita catastale, per cui egli potrà essere tenuto a pagare una somma maggiore in quanto intervenga un accertamento in proposito ovvero potrà aver diritto di pagare una somma minore se abbia fatto richiesta rimborso entro il termine triennale di cui del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13 (Cass. 12753/2014). Tale termine di decadenza decorre “dal giorno del pagamento o da quello in cui è stato definitivamente accertato il diritto alla restituzione”.

Nel caso in esame la ricorrente ha presentato istanza di rimborso solo in data 20 dicembre 2007. Si è, dunque, verificata la decadenza parziale del diritto al rimborso della maggiore imposta versata per le annualità che non ricadono nel triennio antecedente. La sentenza deve, dunque, essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, alla cassazione può far seguito la decisione di questa Corte nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e l’accoglimento del ricorso nei termini di cui in motivazione.

2. Nel recente svilupparsi dei richiamati orientamenti giurisprudenziali debbono essere fatte consistere le ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese dei giudizi di legittimità e di merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, dichiara il diritto al rimborso limitatamente al triennio antecedente la richiesta di rimborso. Compensa le spese dei giudizi di legittimità e di merito.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2017

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