Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25944 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. III, 15/10/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 15/10/2019), n.25944

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6350-2018 proposto da:

LLOYD’S DI LONDRA in persona dell’avvocato S.L.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANDREA VESALIO 22, presso lo

studio dell’avvocato ALFREDO IRTI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

J.P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

SPLUGA 22, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE ROSSI, che lo

rappresenta e difende;

ECC GESTIONE CREDITI – SOCIETA’ PER LA GESTIONE CREDITI SPA, non in

proprio ma quale procuratrice speciale della BANCA PER LO SVILUPPO

DELLA COOPERAZIONE DI CREDITO SPA, in persona del Dott.

D.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI, 90,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PANNUNZIO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato PAOLO PANNUNZIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5290/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 03/08/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2019 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

Fatto

RILEVATO

che:

Federlus Factoring S.p.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Roma il notaio J.P.R. per ottenerne il risarcimento dei danni nella misura di Euro 166.266,96, oltre rivalutazione e interessi, danni che sarebbero derivati dalla sua responsabilità professionale avendo egli omesso le dovute visure immobiliari per determinare il grado di un’ipoteca convenzionale (che era poi risultato terzo laddove avrebbe dovuto essere secondo), così da far ottenere all’attrice in un correlato fallimento solo una parte del suo credito.

Il convenuto si costituiva, resistendo, e otteneva l’autorizzazione a chiamare in garanzia Lloyd’s of London; la compagnia chiamata si costituiva, eccepiva l’inoperatività della polizza e comunque resisteva.

Con sentenza n. 7989/2012 il Tribunale accoglieva la domanda risarcitoria nei confronti del convenuto e dichiarava inoperativa la polizza.

Il notaio proponeva appello, cui resistevano le altre parti. La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 3 agosto 2017, accoglieva la domanda di manleva, confermando nel resto.

Ha presentato ricorso Lloyd’s of London, articolandolo in tre motivi, illustrati poi anche con memoria.

Si è difesa con controricorso BBC Gestione Crediti S.p.A., procuratrice speciale di Banca per lo Sviluppo della Cooperazione di Credito S.p.A., nelle more divenuta cessionaria del credito.

Si è difeso con controricorso e successiva memoria J.P.R.. Considerato che:

1.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1367 c.c. e dei principi generali relativi alla interpretazione della volontà negoziale.

Viene esaminato l’art. 2 della polizza assicurativa, adducendo che il giudice d’appello avrebbe “ignorato il tenore letterale” della clausola e violato l’art. 1362 c.c. per mancato confronto dell’art. 2 c) con il criterio logico, per individuare il senso ragionevole della clausola. La corte territoriale avrebbe violato pure l’art. 1363 c.c.: se l’art. 2 c) avesse il significato attribuitogli dalla corte, la clausola rimarrebbe senza senso.

1.2 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1366, 1367, 1369 e 1370 c.p.c. nonchè i principi generali relativi all’interpretazione della volontà negoziale.

Viene esaminato un passo motivazionale (nel quale il giudice d’appello rileva che il contratto era stato “predisposto dalla stessa compagnia, con indicazione tassativa dei casi di esclusione della garanzia stessa, sicchè la clausola non può essere interpretata restrittivamente con la conseguenza che non può applicarsi al caso in esame, tenuto conto che l’oggetto del contratto rogato dal notaio non era un trasferimento immobiliare, ma una apertura di rapporto di conto corrente assistito da garanzia reale”) per criticarlo nell’interpretazione che esterna, adducendo ancora, come da rubrica, la violazione di norme ermeneutiche, che, se applicate correttamente, avrebbero invece condotto ad una differente interpretazione, considerato anche l’art. 8 del contratto di apertura di credito; si richiamano ancora gli artt. 2 e 1 del contratto assicurativo.

1.3 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, e 118 att. c.p.c.; denuncia altresì motivazione illogica e contraddittoria. Si critica in relazione all’art. 1176 c.c. un altro stralcio della motivazione della sentenza impugnata.

1.4 Come “quarto punto” del ricorso si “sottolinea” che l’accoglimento totale o parziale di esso imporrebbe a questa Suprema Corte, se non cassa con rinvio, di riformare la sentenza impugnata in ordine alle spese legali, condannando il notaio ha rifondere all’attuale ricorrente le spese di tutti i gradi.

2. E’ ben sufficiente la sintesi, sopra tracciata, del contenuto dei motivi per condurre ad agevolmente comprendere che, lungi dall’individuare effettive violazioni di legge, con particolare riguardo alle norme ermeneutiche, le argomentazioni si imperniano e si strutturano sulla prospettazione di una interpretazione alternativa delle clausole contrattuali coinvolte: alternativa, si intende, a quella optata dalla corte territoriale in quello che, pertanto, ictu oculi è un accertamento di merito. E proprio, appunto, come se il ricorso per cassazione aprisse la strada ad un terzo grado di merito affidato al giudice di legittimità le doglianze sopra sintetizzate sono predisposte, così da rendere il ricorso inequivocamente inammissibile.

Non si discosta da questa inammissibile impostazione neppure il terzo motivo, giacchè anch’esso, rimuovendo lo “schermo” dell’asserito vizio motivazionale – si nota peraltro che, pur non essendo particolarmente diffusa, la motivazione non appalesa alcun vizio -, emerge come sostanzialmente diretto a mettere in discussione e quindi per così dire in alternativa, ancora una volta, questioni riconducibili all’accertamento di merito.

Il cosiddetto “quarto punto” del ricorso, infine, presuppone che sia accolto totalmente o parzialmente il ricorso, ovvero le precedenti doglianze definite “motivi”, e dunque non deve essere vagliato, essendo conformato in modalità subordinata all’accoglimento delle doglianze stesse.

In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione alle controparti delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono D.P.R. n. 115 del 2012, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a J.P.R. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 7200, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge, e a BBC Gestione Crediti S.p.A. le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 6200, oltre a Euro 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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