Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25941 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 24/09/2021, (ud. 29/04/2021, dep. 24/09/2021), n.25941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 860-2020 proposto da:

G.G., rappresentato e difeso dall’Avvocato DANIELA

LUCAIOLI per procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.F., rappresentato e difeso dall’Avvocato PIERLUIGI

MEDEI per procura speciale in calce al controricorso

– controricorrente –

avverso la SENTENZA n. 1140/2019 della CORTE D’APPELLO DI ANCONA,

depositata il 5/7/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 29/4/2021 dal Consigliere Dott. DONGIACOMO GIUSEPPE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, in accoglimento dell’appello proposto dall’ing. D.F., ha rigettato l’opposizione che G.G. aveva proposto avverso il decreto con il quale il tribunale gli aveva ingiunto il pagamento, in favore dell’appellante, della somma di Euro 11.647,81, oltre accessori, quale saldo del compenso per la prestazione d’opera professionale consistita nella redazione del progetto del Piano di lottizzazione del 1 sub comparto del 2 stralcio del PIP 2 Cesarina di Filottrano.

La corte, in particolare, per quanto ancora rileva, dopo aver premesso che l’incarico professionale può essere conferito in qualsiasi forma idonea a manifestare la volontà di avvalersi dell’attività del professionista e che lo scambio di consenso tra le parti in merito al conferimento dell’incarico e alla relativa accettazione può intervenire anche per facta concludentia, oltre che per testi e presunzioni, purché gravi, precise e concordanti, ha ritenuto che i documenti prodotti dal professionista (vale a dire la “richiesta di approvazione del 3 stralcio della Lottizzazione PIP Cesarina” e la “Convenzione Urbanistica n. 332 per l’attuazione del piano riguardante il progetto di realizzazione del 1 sub comparto del 2 stralcio”) dimostravano tanto il coinvolgimento professionale dell’ing. D. nella predisposizione dei progetti, quanto la conoscenza da parte di G.G. di tale coinvolgimento. D’altra parte, ha aggiunto la corte, l’appellante ha allegato le diverse tavole richieste per l’approvazione del Piano di lottizzazione, firmate da lui come progettista e controfirmate dai lottizzanti richiedenti, tra cui G.G.. Si tratta, ha osservato la corte, di elementi giuridici e di fatto che sono di per sé indicativi di un conferimento di mandato professionale per facta concludentia. Le richieste di pagamento che l’ing. D. ha proposto insieme al geom. C.M. nel novembre del 2006 e nel marzo del 2007, non risultano, peraltro, affatto contestate dal destinatario: “eppure nella seconda lettera si fa riferimento ad un preciso accordo di dilazione del pagamento della somma dovuta”. Ne’ rileva, ha aggiunto la corte, il fatto che il geom. C.M. avesse collaborato alla realizzazione del progetto di lottizzazione, contribuendovi per le proprie mansioni, e che per tali prestazioni aveva percepito il proprio compenso dal G., posto che lo stesso non avrebbe potuto chiedere al committente un compenso per un’opera professionale mai prestata a causa delle proprie specifiche mansioni: “le distinte funzioni qualificate e riservate alle competenze specifiche giustificavano parcelle distinte”. In definitiva, ha concluso la corte, valutate congiuntamente risultanze istruttorie, non vi è dubbio che tra le parti sia stato stipulato un contratto d’opera professionale, con il conferimento all’ing. D. dell’incarico di curare, “all’altezza delle sue competenze”, il progetto di lottizzazione nell’area di proprietà del G..

G.G., con ricorso notificato il 20/12/2019, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione della sentenza, dichiaratamente notificata il 24/10/2019.

D.F. ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2230 c.c. e s.s e dei principi di diritto previsti in materia di conferimento di incarico professionale, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che, attraverso i documenti prodotti in giudizio dallo stesso professionista e recanti in calce la sua firma come tecnico progettista, l’ing. D. avesse fornito la prova per facta concludentia del conferimento dell’incarico da parte dell’opponente senza, tuttavia, considerare le risultanze istruttorie emergenti dalle altre prove raccolte in giudizio, come le dichiarazioni testimoniali, le risposte del G. all’interrogatorio formale e la scrittura privata di conferimento dell’incarico al solo geom. C.. Un corretto esame di tali prove, infatti, ha osservato il ricorrente, avrebbe indotto la corte a conclusioni certamente diverse posto che le stesse chiaramente ed inequivocabilmente escludono l’esistenza di qualsiasi rapporto professionale tra l’ing. D. e l’opponente, i quali del resto non si conoscevano e non si sono mai incontrati né si sono mai scambiati alcuna corrispondenza.

2. Con il secondo motivo ed il terzo motivo, il ricorrente, lamentando, rispettivamente, l’errata ricostruzione e il travisamento del fatto nonché l’errata applicazione delle norme di legge in ordine alla corretta qualificazione giuridica del rapporto professionale intercorso tra il G. ed il geom. C., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, e l’omesso e/o errato esame delle dichiarazioni testimoniali rese e della scrittura privata sottoscritta soltanto dal geom. C. e dall’opponente, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che, alla luce dei documenti prodotti in giudizio dal professionista, l’ing. D. avesse fornito la prova del conferimento dell’incarico da parte del G. omettendo, tuttavia, di esaminare tutte le risultanze istruttorie, documentali e testimoniali, del giudizio di primo grado. L’esame completo delle stesse, infatti, ha osservato il ricorrente, avrebbe consentito alla corte di avere elementi sufficienti per affermare con certezza che l’opponente aveva, in realtà, conferito l’incarico professionale al solo geom. C., come emerge, del resto, dall’unica scrittura privata di conferimento di incarico professionale agli atti del giudizio e dalle fatture relative ai due acconti pagati alle scadenze per l’attività commissionata allo stesso. Gli atti di causa dimostrano, in modo chiaro ed inequivocabile, che il G. non ha conferito alcun incarico professionale all’ing. D. e che l’unico rapporto professionale è stato quello con il geom. C., incaricato dal committente per la predisposizione della pratica relativa al piano attuativo denominato primo sub comparto del secondo stralcio del PIP 2 Cesarina, come, del resto, confermato dal rapporto di collaborazione professionale che nel periodo 2006-2009 è esistito tra il geom. C. e l’ing. D., il quale ha sottoscritto il progetto ed ogni altra documentazione che richiedeva “firme qualificate” non perché il G. gli avesse conferito l’incarico ma solo perché il suo associato C. glielo aveva richiesto.

2.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili. Il ricorrente, invero, attraverso la deduzione del vizio dell’omesso esame di un fatto decisivo e della (conseguente) violazione delle norme di legge, ha finito, in sostanza, per sollecitare la Corte di cassazione ad una inammissibile riesame delle prove raccolte nel corso del giudizio in ordine alla ricezione del documento e alla sua sottoscrizione da parte dell’amministratore della committente. La valutazione delle risultanze istruttorie, però, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.). Nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 c.p.c., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), in effetti, il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti: il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati. (Cass. n. 11176 del 2017). La valutazione delle risultanze delle prove e il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (v. Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 20802 del 2011). Rimane, pertanto, estranea al vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, in esito all’esame del materiale probatorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova. La deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non consente, quindi, di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito. Com’e’ noto, il compito di questa Corte non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.): come, in effetti, è accaduto nel caso in esame.

2.2. La corte d’appello, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio, ha ritenuto, in fatto, che l’opponente avesse conferito all’ing. D. l’incarico professionale per il quale lo stesso, in relazione ai progetti da lui sottoscritti, aveva chiesto il pagamento del saldo del compenso dovuto, indicando, in modo logico e coerente, le ragioni per le quali è pervenuta a tale convincimento. Ed una volta ritenuto che il G. aveva effettivamente conferito l’incarico professionale in questione non si presta, evidentemente, a censure la decisione che la corte d’appello ne ha tratto, e cioè l’accoglimento della domanda proposta in quanto volta al conseguimento della residua somma dovuta dal committente.

3. Il ricorso, per l’inammissibilità di tutti i motivi articolati, e’, a sua volta, inammissibile.

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

5. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 3.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 2, il 29 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA