Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25941 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. III, 15/10/2019, (ud. 20/06/2019, dep. 15/10/2019), n.25941

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5440-2018 proposto da:

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO

MALLADRA 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI IARIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO MINNICELLI;

– ricorrente –

contro

D.M.G., I.F., L.R.M.M.,

C.T., F.R.;

– intimati –

nonchè da:

D.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNO 6,

presso lo studio dell’avvocato ORESTE MORCAVALLO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

F.R., R.F., L.R.M.M.,

I.F., C.T.;

– intimati –

nonchè da:

D.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNO 6,

presso lo studio dell’avvocato ORESTE MORCAVALLO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

R.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALESSANDRO

MALLADRA 31, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI IARIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO MINNICELLI;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

F.R., L.R.M.M., I.F.,

C.T.;

– intimati –

nonchè da:

D.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARNO 6,

presso lo studio dell’avvocato ORESTE MORCAVALLO, che lo rappresenta

e difende;

– ricorrente incidentale –

contro

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M.

BRAGATIN, 95, presso lo studio dell’avvocato MATTEO CARLO PARROTTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO CORNICELLO;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

R.F., L.R.M.M., I.F.,

C.T.;

– intimati –

nonchè da:

F.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M.

BRAGATIN, 95, presso lo studio dell’avvocato MATTEO CARLO PARROTTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO CORNICELLO;

– ricorrente –

avverso la sentenza n. 1387/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 13/07/2017; udita la relazione della causa svolta

nella camera di consiglio del 20/06/2019 dal Consigliere Dott.

ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

Che:

1. R.F. e F.R. – affidandosi rispettivamente a due e quattro motivi – ricorrono separatamente per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che, pronunciandosi in sede civile a seguito di riassunzione del giudizio penale celebrato presso questa Corte e definito con sentenza che aveva annullato, per intervenuta prescrizione, la pronuncia d’appello assolutoria emessa nei loro confronti dal Tribunale, li aveva condannati al pagamento di un importo equitativamente determinato per il risarcimento dei danni subiti dall’imprenditore D.M.G. che era stato costantemente escluso da tutte le gare indette dal Comune di Campana per gli anni 2000-2003, con alterazione delle regole della concorrenza.

2. Ha resistito l’intimato proponendo, altresì, separati ricorsi incidentali affidati ad un unico motivo sia nei confronti dei ricorrenti R.F. e F.R., sia nei confronti degli assessori L.R.M.M. e C.T..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.La complessità della vicenda rende opportuna una breve sintesi “storica” dei passaggi processuali che l’hanno caratterizzata, al fine di inquadrare più agevolmente le questioni di diritto che devono essere affrontate.

1.1 Il Tribunale di Rossano affermò la penale responsabilità del sindaco di Campana, I.F., degli assessori L.M.M., R.F. e C.T. nonchè dell’imprenditore F.R., “vincitore” di numerose gare di appalto di opere pubbliche eseguite nel paese per la gestione di lavori in economia, svolte attraverso procedure irregolari che avevano reiteratamente escluso D.M.G., anch’egli imprenditore, dall’aggiudicazione; nella stessa sede, oltre ad essere dichiarata la prescrizione nei confronti del sindaco e del F. per due capi di imputazione, veniva riconosciuta la penale responsabilità degli imputati per gli altri fatti, con condanna al pagamento di una provvisionale di Euro 10.000,00 in favore del D.M., costituitosi parte civile.

1.2. La Corte d’Appello di Catanzaro riformò la pronuncia, assolvendo tutti gli imputati dai reati loro ascritti: il sindaco, tuttavia, dichiarava di rinunciare alla prescrizione.

La Corte di Cassazione, a seguito di ricorso del procuratore generale distrettuale, annullava la sentenza, rinviando ad altra sezione della Corte territoriale in relazione alla posizione del rinunciante I.: la prescrizione veniva, invece, dichiarata nei confronti degli altri imputati con conseguente estinzione dei reati loro ascritti.

1.3. La controversia venne riassunta dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro in sede civile per la decisione sulla domanda del D.M. avente per oggetto il risarcimento di tutti i danni subiti.

Per ciò che qui interessa, la Corte territoriale affermò la responsabilità dei convenuti in relazione a due fatti oggetto del giudizio penale; e li condannò a risarcire il D.M. per il danno patrimoniale subito, derivante dall’alterazione delle regole della concorrenza,quantificandolo in diversa misura fra le parti e specificando che per la determinazione era stato adottato come criterio equitativo il riferimento al 10% del valore delle delibere per le quali era stato ritenuto sussistente il reato di abuso di ufficio.

1.4. Per la cassazione di tale sentenza ricorrono R.F. e, successivamente, F.R..

1.5. Ha resistito nei confronti di entrambi D.M.G., proponendo separati ricorsi incidentali rispetto ai quali il F. si è difeso.

1.6. Risulta altresì depositato dal D.M. controricorso con ricorso incidentale nei confronti degli assessori D.R. e C. che, tuttavia, non risulta abbiano proposto impugnazione iscritta a ruolo nè presente in atti; nonchè memorie difensive oltre il termine consentito delle quali, pertanto, non può tenersi conto.

2. Sul ricorso di R.F..

Con il primo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 554 del 1999 nonchè dell’ordinanza n 3081 del 12.9.2000 della Presidenza del Consiglio dei Ministri: il ricorrente assume che la decisione della Corte territoriale sarebbe abnorme in quanto inosservante delle norme e dei principi in tema di affidamento dei lavori in economia.

2.1. Lamenta, al riguardo, che era stato apoditticamente accertata, in sede civile, la sussistenza dell’ipotesi delittuosa dell’abuso d’ufficio sulla scorta della mera affermazione che la Giunta aveva adottato due delibere nel 2001 (la n 65 e la n 80) non avendone il potere; aggiunge altresì che la Corte d’Appello non aveva indagato affatto sull’an debeatur della pretesa risarcitoria, visto che il suo coinvolgimento nei fatti riguardava soltanto un capo di imputazione (capo 14 della contestazione in sede penale), rispetto al quale, il sindaco di Campana coinvolto (che aveva rinunciato alla prescrizione)era stato assolto in sede di rinvio.

2.2. Ripercorre tutta la vicenda dell’asta pubblica relativa ai lavori della strada comunale (cfr. pagg. 10-13 del ricorso) ed assume che l’aggiudicazione della gara doveva ritenersi fondata sul maggiore ribasso proposto dal F. ed era pertanto priva di irregolarità.

2.3. Deduce, infine, che non era stato tenuto conto del fatto che l’esecuzione degli ulteriori lavori in deroga alle formalità di legge era stata imposta da un eccezionale episodio alluvionale che aveva reso necessaria la variante in corso d’opera e lamenta che non era stato considerato che il D.P.R. n. 554 del 1999, art. 88 prevede che i lavori eseguibili in economia al di sotto dei 50.000,00 potevano essere liberamente affidati.

2.4. Il motivo è inammissibile.

La censura, infatti,prospetta questioni di mero fatto, tutte analiticamente esaminate dalla Corte territoriale che, in ordine all’ultimo rilievo prospettato, ha correttamente affermato che la delibera era illegittima in quanto aveva affidato al F. lavori relativi alla variante di importo superiore al quinto del valore dell’opera aggiudicata, riferendosi all’art. 25 della c.d. L. Merloni, ratione temporis applicabile, che prevedeva che ove le varianti di cui al comma 1, lettera d), avessero superato il quinto dell’importo originario del contratto, il soggetto aggiudicatore doveva procedere alla risoluzione del contratto ed indire una nuova gara alla quale era invitato l’aggiudicatario iniziale.

2.5. La decisione della Corte esamina tutti gli aspetti delle delibere assunte, con motivazione articolata (cfr. a pag. 25,26 e 27 della sentenza) e con un percorso argomentativo congruo, logico ed al di sopra della sufficienza costituzionale: e, al riguardo, va pure precisato che la pronuncia di assoluzione del sindaco del paese che, oltretutto in termini di autosufficienza non è stata neanche riportata nel ricorso, non porta alcun vantaggio alla tesi del ricorrente, in quanto non risulta passata in giudicato.

2.6. L’esame complessivo della prospettazione del ricorrente maschera, dunque, una richiesta di rivisitazione di merito della controversia non consentita in questa sede (cfr. Cass. 8758/2017; Cass SU 7931/2013; Cass. 18721/2018).

3. Con il secondo motivo,il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2697 c.c. in ordine al quantum debeatur liquidato: lamenta che la Corte territoriale avrebbe determinato le somme dovute senza che la parte danneggiata avesse fornito alcuna prova del danno subito.

3.1. Il motivo è inammissibile.

La questione relativa alla quantificazione del danno è stata accuratamente esaminata e sono state rigorosamente respinte tutte le pretese del danneggiato ritenute prive di rigorosa dimostrazione.

3.2. La Corte, al riguardo, ha esaustivamente spiegato sia la ricaduta, sullo svolgimento dell’attività imprenditoriale del D.M., dell’accertata alterazione delle regole della concorrenza derivate dalla illegittima esclusione dalle gare bandite, sia i criteri adottati per giungere ad una plausibile liquidazione equitativa del danno a ciò conseguente, adottando un riferimento quantificato e rispettoso del principio generale di proporzionalità (cfr. in termini, ex multis Cass. 23304/2007; Cass. 13153/2017; Cass. SUU 16601/2017;Cass. 16592/2019).

3.3. Quindi,la censura postula una rivalutazione dei fatti: si richiama al riguardo quanto affermato al cpv 2.6.

4. Sul successivo ricorso di F.R..

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, deduce nullità della sentenza in relazione alla apodittica ed immotivata affermazione secondo cui egli sarebbe stato favorito nello svolgimento delle gare.

4.2. Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 323 e 116 c.p.c.: assume che la Corte territoriale, nell’effettuare l’accertamento incidentale sulla configurabilità e la sussistenza dei reati presupposti aveva operato una ricostruzione del tutto infondata, attribuendo alle prove utilizzate un significato opposto, tale da stravolgerne il significato.

4.3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2697,2729 e 1226 c.c. in materia di onere della prova e di quantificazione del danno.

4.4. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione fra le parti. Lamenta che non era stato tenuto conto delle risultanze delle indagini svolte dalla Procura presso la Corte dei Conti che aveva escluso la sussistenza di illeciti contabili e che aveva emesso un provvedimento di archiviazione.

5. Il terzo motivo si pone come antecedente logico degli altri.

Con esso il F. assume che:

a. erano stati violati i principi in materia di nesso causale nel risarcimento del danno ed era stato ritenuto responsabile, per la perdita di chance del D.M., anche lui che, in qualità di aggiudicatario, era soggetto estraneo alla pubblica amministrazione, rispetto ad un capo di imputazione che non lo riguardava, essendo stato invitato a partecipare alla gara insieme ad altre imprese e non essendo suo onere accertarsi che la procedura non presentasse irregolarità;

b. inoltre, non era stato dimostrato che il D.M., comunque, avrebbe ottenuto un risultato utile e che sarebbe stato vincitore delle gare.

5.1. La censura è infondata.

Questa Corte ha affermato il principio, condiviso dal Collegio secondo il quale “l’aggiudicazione in favore di chi abbia presentato un’offerta anomala per eccesso di ribasso, non è preclusa dalla L. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 21, comma 1 bis, (e neppure dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 82 che lo ha sostituito), ma deve essere congruamente motivata, nel rispetto della regola di buona amministrazione che impone alla P.A. di dare conto delle sue scelte tra diversi aspiranti a contrarre e di indicare le ragioni per cui l’offerta dell’aggiudicatario è la più conveniente. Quando ciò non accada, viene leso l’interesse legittimo (pretensivo) allo svolgimento di una corretta gara di cui sono titolari i partecipanti non vincitori, i quali possono agire per far valere la responsabilità aquiliana dell’amministrazione ed ottenere il risarcimento del danno ingiusto derivante dalla c.d. perdita di “chances”, cioè dal venir meno, per effetto della condotta “non jure” della stazione appaltante, dell’occasione di ottenere l’utilità patrimoniale conseguibile con la gara” (cfr. Cass. 22370/2007).

Ed è stato anche precisato, nella stessa occasione che “la liquidazione del danno da perdita di “chances” subito da un’impresa che abbia partecipato ad una gara per l’esecuzione di un’opera pubblica illegittimamente aggiudicata a terzi dalla stazione appaltante, non può limitarsi ai soli costi di partecipazione alla gara, in quanto anche l’opportunità di guadagno che sarebbe stato effetto di una gara svolta regolarmente costituisce una perdita attuale per il patrimonio, dimostrabile, per presunzioni e la cui valutazione compete al giudice del merito” (cfr. Cass. 22370/2007 in motivazione; ed, in termini, Cass. 6488/2017).

5.2. A ciò si aggiungono, in relazione al rilievo concernete l’incompatibilità fra la posizione del ricorrente, soggetto estraneo alla pubblica amministrazione, e la natura propria del delitto contestato, i principi affermati dalla giurisprudenza penale di questa Corte che ha avuto modo di chiarire che “è certamente configurabile la responsabilità dell’extraneus per concorso nel reato proprio (nel caso di specie, nel reato di abuso di ufficio), ove l’intraneus sia stata riconosciuto esecutore materiale e responsabile del reato proprio, indipendentemente dalla sua punibilità in concreto per la eventuale presenza di cause personali di esclusione della responsabilità ” (cfr. Cass. pen. 43287/2018; Cass. pen. 40303/2014).

5.3. La sentenza impugnata, pertanto, ha fatto corretta applicazione dei principi sopra riportati, rendendo una motivazione esaustiva e costituzionalmente sufficiente: al riguardo non deve essere sottovalutato il fondamentale principio che affida al giudice civile un potere di rivalutazione, potendo e dovendo essere riverificato se gli stessi fatti oggetto di rinvio possano essere forieri di pregiudizio, anche attraverso una diversa qualificazione e differente individuazione del nesso causale (cfr. al riguardo Cass. 9358/2017).

6. In ordine agli altri motivi si osserva quanto segue.

6.1. La prima censura che postula la dichiarazione di nullità della sentenza per difetto di motivazione è infondata.

Il percorso argomentativo della Corte territoriale è congruo e logico e si basa su indicatori che costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti (cfr. pag. 18,19,20,21,22 e 23 della sentenza impugnata) che tengono conto anche dei diversi parametri valutativi esistenti nel giudizio civile rispetto a quello penale.

7. Il secondo motivo è inammissibile.

7.1. La censura si risolve in una critica della motivazione che non può trovare ingresso in sede di legittimità, proprio alla luce del potere di rivalutazione assegnato al giudice civile in sede di rinvio, ove, come nel caso di specie, sia stato esercitato attraverso una compiuta argomentazione delle evidenze processuali.

7.2. Questa Corte, al riguardo, ha recentemente rivisitato i rapporti fra il processo penale ed quello civile in sede di rinvio ed ha affermato che in quest’ultimo “ex art. 622 c.p.p. si determina una piena “transiatio” del giudizio sulla domanda civile, sicchè la Corte di appello civile competente per valore, cui la Cassazione in sede penale abbia rimesso il procedimento ai soli effetti civili, applica le regole processuali e probatorie proprie del processo civile e, conseguentemente, adotta, in tema di nesso eziologico tra condotta ed evento di danno, il criterio causale del “più probabile che non” e non quello penalistico dell’alto grado di probabilità logica, anche a prescindere dalle contrarie indicazioni eventualmente contenute nella sentenza penale di rinvio.(cfr. Cass. 15859/2019).

8. Con il quarto motivo, infine, si lamenta che il giudice di rinvio non aveva tenuto conto delle risultanze delle indagini svolte dalla Procura presso la Corte dei Conti, con particolare riferimento al provvedimento di archiviazione ed alla comunicazione all’ente locale.

8.1. Il motivo è infondato.

8.2. Si osserva, infatti, che i documenti indicati non risultano decisivi rispetto alla posizione del F. e rispetto al rapporto di causalità, di cui è stato compartecipe, fra l’esito delle gare e la libera partecipazione del D.M.: infatti, l’alterazione delle regole della concorrenza è stata ritenuta dalla Corte territoriale comunque esistente, a prescindere dalla ricorrenza della fattispecie penale.

8.3. Il provvedimento di archiviazione, in buona sostanza, ha affermato che la procedura a trattativa privata con le ditte locali fosse prassi consolidata e non aveva determinato aggravi di spesa: ciò tuttavia risulta irrilevante rispetto alla causa del danno dedotto ed oggetto del presente giudizio e cioè l’aver concorso ad escludere il D.M., alterando i canali di partecipazione, dall’aggiudicazione delle gare, pregiudicando con ciò il libero svolgimento della sua attività imprenditoriale: la motivazione delle Corte, sul punto è sufficiente e logica e l’omessa considerazione della documentazione sopra richiamata non avrebbe consentito una diversa soluzione.

9. Sui ricorsi incidentali di D.M.G. nei confronti di R.F. e F.R..

I due ricorsi sono sovrapponibili, ragione per cui verranno esaminati congiuntamente.

9.1. Con unico motivo si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione, degli artt. 61,112,115 e 132 c.p.c. ed il difetto di motivazione in relazione alla ridotta liquidazione del danno patrimoniale ed al disconoscimento del danno biologico.

9.2. Il ricorrente incidentale assume che la Corte territoriale aveva fatto malgoverno delle prove da lui fornite circa il pregiudizio complessivamente subito, pregiudizio che era stato sottostimato in quanto non era stato considerato il danno emergente – consistente nella reiterata esclusione dalle gare, irregolarmente espletate, per le quali aveva anche dovuto sostenere anche l’onere di pagare le cauzioni provvisorie -, nè il danno curricolare ossia ” la perdita della opportunità di far valere in future contrattazioni il requisito economico degli appalti non conseguiti” (cfr. pag. 34 comparsa di risposta). Lamenta inoltre che non era stato riconosciuto il danno alla salute che aveva dimostrato attraverso la documentazione medica prodotta.

9.3. Il motivo è inammissibile ed è parzialmente assorbito dalle argomentazioni spese per il secondo motivo del ricorso principale (cfr. supra par. 3.2.).

La censura prospetta, infatti, questioni di fatto che la Corte territoriale ha già adeguatamente considerato, rendendo una motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale con la quale è stato precisamente indicato il parametro utilizzato per la quantificazione del danno patrimoniale: i giudici d’appello hanno, altresì, argomentato sia sulle ragioni del parametro utilizzato, riferite anche all’assenza di prova che il D.M., ove il comune di Campana avesse operato legittimamente, avrebbe vinto le gare, sia sull’esclusione del risarcimento concernente le cauzioni provvisorie, che sono state reputate non causalmente riconducibili alle gare cui erano riferiti i reati per i quali era stata riconosciuta la responsabilità penale (cfr. pag. 29 e 30 della sentenza impugnata).

Anche in relazione al danno biologico dedotto, la motivazione resa risulta esaustiva (cfr. pag. 31) ed, in quanto tale, incensurabile in questa sede (cfr. ex multis Cass. SUU 8053/2014).

10. Infine, deve essere dichiarata l’inefficacia del ricorso incidentale proposto dal D.M. nei confronti degli assessori L.M.M. e C.T.: la mancata iscrizione a ruolo del ricorso principale (e la conseguente inesistenza dell’atto) impone l’applicazione, in via analogica, dell’art. 334 c.p.c., u.c..

L’esito del giudizio di legittimità giustifica la compensazione delle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso principale di R.F..

Rigetta il ricorso di F.R..

Dichiara inammissibili i ricorsi incidentali proposti da D.M.G. nei confronti di R.F. e F.R. ed inefficacie quello proposto nei confronti di L.M.M. e C.T..

Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della terza sezione civile, il 20 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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