Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25935 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. II, 24/09/2021, (ud. 16/02/2021, dep. 24/09/2021), n.25935

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25394/2019 proposto da:

A.L., rappresentato e difeso dall’avv. DOMENICO IANNONE;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), IN PERSONA DEL MINISTRO PRO

TEMPORE;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata il 24/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/02/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la vicenda qui al vaglio può sintetizzarsi nei termini seguenti:

– il Tribunale di Napoli confermò la decisione della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, che aveva disatteso la domanda di protezione avanzata da A.L.;

– il richiedente aveva narrato di essere fuggito dalla Nigeria (Delta State) a causa di una lite riguardante l’eredità del padre, che aveva visto morire due sorelle vittime d’incantesimi;

– il Tribunale, osservava che la narrazione era inattendibile, anche per l’insanabile contrasto evidenziato tra le due versioni offerte dal richiedente, il quale prima aveva dichiarato che trattavasi delle eredità del padre e poi che costui era ancora vivo, sebbene malato e sarebbe morto solo dopo; escludeva, poi, il ricorrere dei presupposti della protezione sussidiaria a cagione della condizione interna del Paese, stante che dalle COI aggiornate consultate non era dato concludere per una situazione di violenza diffusa e incontrollata nella zona di provenienza del richiedente; infine, non riscontrava le condizione di specifica vulnerabilità per il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria, che non poteva trovare fondamento neppure in una situazione d’integrazione, risultata mancante, alla luce dell’effettuata comparazione, avendo l’istante svolto solo dieci giorni di attività lavorativa in Italia;

ritenuto che il richiedente ricorre avverso il decreto sulla base d’un indistinto costrutto motivazionale avversativo e che il Ministero dell’Interno è rimasto intimato;

considerato che il ricorso, con il quale da pag. 3 a pag. 16 vengono mosse una congerie d’indistinte critiche, largamente dirette contro il provvedimento della Commissione, senza cura d’individuare con ordine e puntualità le norme asseritamente violate, senza specificamente aggredire la ratio decisoria del Tribunale, discostandosi del tutto dal modello legale che tipizza il ricorso per cassazione, risulta palesemente inammissibile:

a) questa Corte ha già avuto modo di precisare che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e circoscritto dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito; ne consegue che il motivo (o i motivi, il che è lo stesso) del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., (ex multis, Sez. 5, n. 19959, 22/9/2014); il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi; pertanto, pur non essendo decisivo il testuale e corretto riferimento a una delle cinque previsioni di legge, è tuttavia indispensabile che il motivo individui con chiarezza il vizio prospettato nel rispetto della tassativa griglia normativa (cfr., da ultimo Sez. 2, n. 17470/2018);

b) nel caso al vaglio il ricorso presenta una struttura atipica, promiscua e confusa, essendo diretto a censurare, piuttosto che gli specifici vizi di cui s’e’ detto, il risultato sfavorevole, aggredendo in larga parte, invece che il provvedimento impugnato, la decisione amministrativa;

e) infine, è appena il caso di evidenziare che il ricorrente non si perita d’indicare con ordine le norme asseritamente violate o malamente applicate, avuto riguardo a punti decisionali esattamente perimetrati, laddove, per contro, l’alluvionale richiamo a norme e principi si inserisce in una sommaria e generale contestazione dell’epilogo;

considerato non esservi luogo statuizione sulle spese poiché il Ministero non ha svolto difese in questa sede;

considerato che sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto;

che di recente questa Corte a sezioni unite, dopo avere affermato la natura tributaria del debito gravante sulla parte in ordine al pagamento del cd. doppio contributo, ha, altresì chiarito che la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio (come in questo caso) – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136, per la revoca dell’ammissione (S.U. n. 4315, 20/2/2020).

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

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