Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25933 del 24/09/2021

Cassazione civile sez. II, 24/09/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 24/09/2021), n.25933

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25780/2019 proposto da:

N.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Pietro

Borsieri, n. 12, presso lo studio dell’avvocato Angelo Averni,

rappresentato e difeso dall’avvocato Antoniovito Altamura;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2810 del Tribunale di Lecce, depositato il

19/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/02/2021 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– N.M., cittadino del Senegal impugna per cassazione il decreto del Tribunale di Lecce che ha respinto il ricorso proposto avverso il diniego dello status di rifugiato così come quello della protezione sussidiaria e di quella umanitaria;

– a sostegno delle domande ha allegato di avere lasciato il Senegal per sfuggire alle denunce conseguite al divieto impostogli dalla sua famiglia di sposare la ragazza che era incinta, come preteso anche dalla famiglia di quest’ultima;

– per non entrare in contrasto con la sua famiglia aveva deciso di partire;

– il Tribunale di Lecce ha ravvisato nella vicenda personale riferita dal richiedente asilo una questione privata, insuscettibile di rilevare ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato così come della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e lett. b);

– il Tribunale ha inoltre escluso, sulla scorta delle fonti informative acquisite, la ricorrenza in Senegal di una situazione di violenza indiscriminata generalizzata rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e ha affermato l’insussistenza di una condizione soggettiva ed oggettiva di vulnerabilità;

– la cassazione del decreto è chiesta con ricorso affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 35-bis, comma 9, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,5,7 e 14, per avere il tribunale negato il riconoscimento della protezione sussidiaria senza avere preventivamente accertato attraverso l’acquisizione delle informazioni sul paese di origine, se le autorità senegalesi erano in grado di assicurare effettività di tutela a fronte dei divieti di matrimonio fra le etnie;

– la censura è inammissibile perché le fonti sono state consultate e specificamente indicate (cfr. pag. 6 e 7 del decreto) né il ricorrente indica altre fonti informative dalle quali desumere, nel merito, una diversa conclusione (cfr. Cass. 22769/2020);

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 30 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per avere il tribunale negato la protezione umanitaria senza avere svolto adeguati accertamenti sulla condizione di vulnerabilità soggettiva ed oggettiva nonché per non avere valutato la documentazione allegata;

– la censura è inammissibile perché il ricorrente non attinge la specifica considerazione effettuata dal tribunale leccese in ordine all’insussistenza nella vicenda personale del ricorrente dei seri motivi di carattere umanitario, sia con riguardo ai fattori oggettivi che a quelli soggettivi (cfr. pag. 8 e 9 del decreto);

– inoltre il tribunale ha valutato nel dettaglio la documentazione riguardante il rapporto di lavoro allegata dal richiedente asilo e ha ritenuto che dal modello Unilav e dalla busta paga non fosse desumibile un effettivo radicamento in Italia rilevante ai sensi dell’art. 8 CEDU;

– l’esito sfavorevole di entrambi i motivi giustifica la declaratoria di inammissibilità del ricorso e, in applicazione del principio di soccombenza, la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 2100,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2021

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