Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 25932 del 15/10/2019

Cassazione civile sez. III, 15/10/2019, (ud. 17/06/2019, dep. 15/10/2019), n.25932

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21911-2017 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, (OMISSIS) in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

DOLOMITI SPA, in persona del Consigliere Delegato e legale

rappresentante p.t. Dott. P.L., elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA, 24, presso lo studio dell’avvocato

DANIELA TIZIANA TROVATO, che la rappresenta e difende;

(OMISSIS), in persona del Commissario Straordinario Dott.

PO.JO., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 33,

presso lo studio dell’avvocato ROSA IERARDI, che la rappresenta e

difende;

T.M., D.G.S., D.G.L.,

DI.GI.ST., in proprio e nella qualità di eredi di

D.G.E., elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE DEI PARIOLI, 63,

presso lo studio dell’avvocato FABIO GIUSEPPE LUCCHESI, che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

e contro

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 5193/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 28/7/2017, la Corte d’appello di Roma, per quel che ancora rileva in questa sede, ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha condannato il Ministero della Salute al risarcimento, in favore di T.M., D.G.L., Di.Gi.St. e D.G.S., dei danni subiti da questi ultimi in conseguenza del decesso del proprio congiunto, D.G.E., verificatosi a seguito del contagio, da parte di quest’ultimo, del virus dell’epatite HBV contratto in occasione di emotrasfusioni infette eseguite, tra il (OMISSIS), in ambito ospedaliero;

che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha confermato, tanto la responsabilità del Ministero per l’omissione dei controlli e della vigilanza dovuti in relazione alle attività emotrasfusionali dedotte in giudizio, quanto la sussistenza del nesso di causalità tra dette omissioni e il contagio contratto dal D.G.;

che, avverso la sentenza d’appello, il Ministero della Salute propone ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;

che T.M., D.G.L., Di.Gi.St. e D.G.S., l'(OMISSIS) e la Dolomiti s.r.l. (tutte chiamate a contraddire nel corso del giudizio) resistono con controricorso;

che nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede;

che l'(OMISSIS) ha depositato comparsa di costituzione di nuovo difensore e contestuale memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con l’unico motivo d’impugnazione proposto, il Ministero della Salute censura la sentenza d’appello per violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2043 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente affermato la sussistenza della responsabilità del Ministero ricorrente in relazione ai danni ex adverso rivendicati, malgrado, all’epoca della trasfusione infetta in esame (tra il (OMISSIS)), il Ministero avesse già provveduto a fornire, con la L. n. 107 del 1990 e il successivo D.M. 21 luglio 1990, alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, le necessarie direttive circa il corretto uso del sangue da destinare alle emotrasfusioni;

che il ricorso è infondato;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, contrariamente a quanto asserito dal Ministero ricorrente, nessuno specifico spartiacque temporale possa ritenersi identificabile, nell’entrata in vigore della L. n. 107 del 1990 (e del successivo D.M. 21 luglio 1990), in relazione alla configurazione della responsabilità dell’amministrazione centrale con riguardo al risarcimento dei danni dedotti in giudizio;

che, al riguardo, varrà considerare come, nel 1990 la legge richiamata abbia provveduto a tipizzare la responsabilità del Ministero, senza con ciò esimerlo dall’esercitare tutti i controlli prescritti, oltre che dalla L. del 1990, anche da tutti quelli previsti da leggi o altri atti normativi, antecedenti e successivi alla L. del 1990;

che, sul punto, è appena il caso di rilevare come – in conformità al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Cass., 3, n. 13586/2019; Cass., 3, n. 11360 del 2018) – il Ministero della Salute sia tenuto a esercitare un’attività di controllo e di vigilanza in ordine (anche) alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati, e risponda ex art. 2043 c.c., per omessa vigilanza, dei danni conseguenti a epatite e a infezione da HIV contratte da soggetti emotrasfusi (v. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576; Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 584. V. altresì, conformemente, Cass., 27/4/2011, n. 9404; Cass., 29/8/2011, n. 17685; Cass., 2371/2014, n. 1355);

che, al riguardo, le Sezioni Unite di questa Corte hanno posto in evidenza come gli obblighi del Ministero in ordine alla prevenzione, programmazione, vigilanza e controllo, derivino da una pluralità di fonti normative, che vanno dalla L. n. 296 del 1958, art. 1 fino a fonti ben posteriori alla L. del 1990;

che, sul punto, varrà considerare, a titolo meramente esemplificativo, la L. n. 107 del 1990, che attribuisce all’Istituto superiore di sanità il compito di provvedere alla prevenzione delle malattie trasmissibili, di ispezionare e controllare le aziende di produzione di emoderivati e le specialità farmaceutiche emoderivate, nonchè di vigilare sulla qualità dei plasma derivati prodotti in centri individuati ed autorizzati dal Ministero (art. 10); e attribuisce al Ministero della Sanità il potere di autorizzare l’importazione di emoderivati pronti per l’impiego; la L. n. 178 del 1991, disciplinante (anche) le modalità di rilascio e revoca dell’autorizzazione ministeriale alla produzione, importazione e immissione in commercio delle specialità medicinali, con incisivi poteri ispettivi e di vigilanza del Ministero; il D.M. Sanità 12 giugno 1991, disciplinante l’autorizzazione ministeriale all’importazione di sangue e plasma derivati; il D.Lgs. n. 502 del 1992, che ha riordinato la normativa in materia sanitaria, ampliando le competenze delle Regioni e conservato al Ministero della Sanità poteri di ingerenza e sostitutivi; il D.Lgs. n. 266 del 1993, che ha conservato al Ministero compiti e poteri di vigilanza in materia di sanità pubblica; il D.Lgs. n. 267 del 1993, che ha attribuito poteri di controllo e di vigilanza all’Istituto superiore di sanità a tutela della salute pubblica; il D.Lgs. n. 44 del 1997, che ha attribuito al Ministero della sanità poteri in tema di farmacosorveglianza; il D.Lgs. n. 49 del 1997, art. 32, comma 11, attribuente al Ministero la vigilanza sull’attuazione dei Piano sanitario nazionale; il D.Lgs. n. 112 del 1998, che nel conferire alle Regioni la generalità delle attribuzioni in materia di salute umana, ha lasciato invariato il riparto di competenza in materia di sangue umano e suoi componenti;

che, pertanto, già sulla base delle fonti sopra richiamate emerge un quadro alla stregua del quale risultano attribuiti al Ministero attivi poteri di vigilanza nella preparazione e utilizzazione di emoderivati e di controllo in ordine alla relativa sicurezza;

che, dopo l’entrata in vigore della L. 4 maggio 1990, n. 107, detti poteri si sono addirittura incrementati, con la conseguenza che l’omissione delle attività funzionali alla realizzazione degli scopi per i quali l’ordinamento attribuisce al Ministero i corrispondenti poteri (nel caso concernente la tutela della salute pubblica) espone il Ministero a responsabilità extracontrattuale, segnatamente allorquando, come nella specie, dalla violazione del vincolo interno, costituito dal dovere di vigilanza nell’interesse pubblico (il quale è strumentale ed accessorio a quel potere), derivi la violazione di interessi giuridicamente rilevanti dei cittadini-utenti (cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 576);

che il dovere del Ministero della Salute di vigilare attentamente sulla preparazione e utilizzazione del sangue e degli emoderivati postula l’osservanza di un comportamento informato a diligenza particolarmente qualificata, specificamente in relazione all’impiego delle misure necessarie per verificarne la sicurezza, essendo tenuto a evitare o ridurre i rischi a tali attività connessi (cfr. Cass., Sez. Un., 11/1/2008, n. 581);

che la responsabilità colposa della P.A. rimane dunque integrata dalla violazione dei dovuti comportamenti di vigilanza e controllo imposti dalle fonti normative più sopra richiamate, costituenti limiti esterni alla sua attività discrezionale e integranti la violazione della norma primaria del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c. (cfr. Cass., 27/4/2011, n. 9404), in base alle quali essa è tenuta a un comportamento attivo di vigilanza, sicurezza e attivo controllo in ordine all’effettiva attuazione da parte delle strutture sanitarie addette al servizio di emotrasfusione di quanto ad esse prescritto al fine di prevenire ed impedire la trasmissione di malattie mediante il sangue infetto (cfr. Cass., 28/9/2009, n. 20765; Cass., 23/5/2011, n. 11301), non potendo invero considerarsi esaustiva delle incombenze alla medesima in materia attribuite l’assoluzione di una mera attività di normazione (emanazione di decreti, circolari, ecc.);

che dei suindicati principi la Corte di merito ha, nell’impugnata sentenza, fatto invero piena e corretta applicazione;

che, sulla base di tali considerazioni, rilevata l’infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna del Ministero ricorrente al rimborso, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al rimborso, in favore di ciascun controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate per ciascuna parte in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 15 ottobre 2019

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